Il potere della mente è davvero immenso. Perché può convincere ognuno di noi che il corpo, in realtà, è soltanto un fastidioso fardello da portarsi appresso. Che da lì, da quell’appendice di carne e sangue, ossa e fluidi, derivano tutte le nostre magagne. E che se fossimo davvero liberi di volare con il pensiero, accantonando finalmente desideri, passioni, futili necessità, potremmo essere macchine perfette. Automi in grado di guardare vivere gli altri, analizzando i loro errori con stupore e bonaria condiscendenza.
Come capita al protagonista del romanzo d’esordio di Sakumoto Yōsuke. Il trentaquattrenne scrittore giapponese che con “Il giovane robot”, pubblicato in patria con l’editore Discover 21, ha conquistato subito il premio Crunch Novels riservato agli autori emergenti. In Italia il libro è uscito per le edizioni e/o (pagg. 221, euro 16) nella traduzione di Costantino Pes.
Tezaki Rei, in apparenza, è un adolescente come tanti altri. Un quindicenne che, ogni giorno, deve tenere a bada le grandi ansie legate all’attività scolastica. Che è costretto a destreggiarsi nella selva oscura delle amicizie e degli odi feroci che mutano in continuazione nella sua classe, nella scuola. E che, come ogni ragazzo a quell’età, comincia a innamorarsi di qualche compagna, magari senza accorgersi che già altri le avevano messo gli occhi addosso. Soltanto un aspetto, non di poco conto, lo differenzia dalla massa: lui è un robot. Una creatura sintetica ideata da un misterioso Professore per portare felicità agli esseri umani. E per studiarli da vicino, cercando di catalogare e comprendere le loro reazioni davanti ai più diversi avvenimenti. Confrontandole, poi, con le proprie.
C’è un divieto, però, che il giovane robot non deve mai infrangere: non deve ascoltare il proprio corpo. Non deve sintonizzarsi sulle frequenze della passione. Perché se finisse per innamorarsi, annullerebbe la distanza di sicurezza tra sé e gli altri. Svelando la sua origine non-umana. I circuiti che gli attraversano il torace, le bocche di aerazione che permettono al sistema di raffreddamento di impedire un eccessivo surriscaldarsi delle parti meccaniche.
Ma come si fa a non lasciarsi rapire il cuore da un ragazzino tranquillo, educato, gentilissimo e sempre pronto a consolare chi si trova in difficoltà? Infatti Kazue, la bellissima compagna che tutti pensano innamorata di Takada, brucia in fretta le tappe per trasformare una timida amicizia in una vera tempesta sentimentale. Ma quando decide di trascinare il riluttante Tezaki in un Love Hotel per coppiette in cerca di intimità, non può non scoprire con orrore la vera natura di Rei. Fuggendo sconvolta dal disgusto che si prova per un mostro.
Potrebbe finire bruscamente la serie di “Start system” e di “Exit” che apre e chiude le giornate del giovane robot. Se non fosse che, a riscrivere il copione della sua vita, cominciano ad affiorare ricordi disturbanti. Storie che lo riportano indietro nel tempo, che lo costringono a ricordare la propria storia. E qui si ferma questo breve racconto del libro, per non rovinare il finale ai lettori.
È necessario, però, aggiungere un consiglio. Importantissimo. Non leggete la stringata biografia di Sakumoto Yōsuke che le edizioni e/o pubblicano sul risvolto di copertina del libro. Non prima di aver finito la storia. Perché, altrimenti, vi troverete a capire troppo presto che “Il giovane robot” non ha niente a che vedere con certe storie di automi e di vite sintetiche tanto care allo scrittore americano Isaac Asimov. No, perché tra le pagine, mascherata con grande abilità narrativa, si riflette la dolorosa vicenda dell’autore stesso. Un viaggio nei corridoi più inaccessibili della mente, dove prendono forma pensieri storti, falsificazioni della realtà. E la convinzione che il corpo sia soltanto una gigantesca gabbia messa lì a impedire il volo libero della mente.
<Alessandro Mezzena Lona