• 31/01/2018

Kirlian Camera, i tanti volti (oscuri) della Luna

Kirlian Camera, i tanti volti (oscuri) della Luna

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La musica, per i Kirlian Camera, è un universo che si espande. Un viaggio interstellare tra i suoni, sempre nuovo, sempre diverso. Da quasi quarant’anni, la band creata da Angelo Bergamini non si stanca si cercare, sperimentare, provare vie sempre nuove. Come un esploratore galattico a cui non basta scrutare da vicino la faccia luminosa della Luna. Ma vuole cercare, osservare, esplorare anche il suo lato oscuro. Senza mai perdersi d’animo. E se quando si chiamavano ancora Suicide Commando, negli anni Ottanta, potevano attraversare i territori del post punk e dell’industrial con grande libertà, piano piano, seguendo anche i numerosi cambi di formazione, hanno mutato pelle. Spingendosi sempre più verso un synthpop in cui la luminosa bellezza della voce di Elena Alice Fossi illumina a giorno la pastosa, inquieta, esoterica via elettronica che Angelo Bergamini non ha mai smesso di seguire.

Ogni disco dei Kirlian Camera assomiglia a un totem dai mille volti. A un’entità sonora che non finisce di sorprendere, brano dopo brano. E “Hologram moon”, inciso dalla band per l’etichetta Dependent, messo in vendita da pochi giorni, non finisce dio sorprendere anche dopo svariati ascolti. Perché i dodici brani della band propongono 54 minuti di musica tutti da scoprire.

Sarebbe facile partire direttamente da “Sky collapse”, secondo brano dell’album. Perché ha fatto da apripista a “Hologram moon” in un bellissimo ep, ma soprattutto perché a duettare con Elena Alice Fossi c’è una delle voci più apprezzate del panorama dark wave: quella di Eskil Simonsson, il cantante dei Covenant. E poi, perché Angelo Bergamini costruisce attorno ai suoi due compagni di viaggio un muro di suoni sintetici capace di creare magiche rifrazioni di luce e ombra.

Meglio, però, soffermarsi un attimo sul brano d’apertura. “Holograms”, infatti, parte da un piccolo omaggio che gli iniziati della musica oscura riconosceranno senza dubbio: la voce sintetica che risuona nel vuoto ricorda la robotica presenza che scandiva il tempo dei “20hz” nei concerti del tour “In transit” che proprio i Covenant portarono a spasso per un bel po’ di date nel 2007. Solo che qui, dopo il cavernoso countdown, è la voce cristallina di Elena Alice Fossi che porta a livelli siderali le melodia di un brano pieno di malinconiche emozioni.

L’energia dei vecchi Kirlian Camera, che hanno preso il loro nome da quella strana creatura con cui l’ingegnere elettronico russo Semyon Kirlian pretendeva di fotografare l’aura emessa dal corpo umano, ritorna tutta in “Lost islands”, che precede il secondo brano in cui compare Eskil Simonsson: uno strepitoso “Polar-ihs”, dove a rischiarare le tenebre di un percussivo, ossessivo incalzare di marziali costruzioni sonore, sono ancora una volta le voci accompagnate dalla limpida intromissione di un pianoforte sintetizzato.

Ma il meglio deve ancora arrivare. Perché se “Helium 3” si concede un’incursione nella sperimentazione di vie musicali molto vicine all’industrial, “Kryostar” inocula dentro un tappeto sonoro da hit capace di scatenare danze sfrenate sul dancefloor la bellezza di una melodia che Elena Alice Fossi canta con emozionale trasporto. Il resto è una marcia trionfale: dalla sognante “I don’t sing”, all’inquietante “Equation echo 01”, fino alla spaziale “Traveler’s testament,  ballata perfetta per un malinconico addio pronunciato ai confini dell’universo.

C’è tutto il mondo dei Kirlian Camera chiuso in questo atteso “Hologram moon”l’anima crepuscolare, lo spleen elettronico, la voglia di cantare il dolore e la gioia, la sfida a esplorare le zone oscure dell’essere. Un disco maturo, convincente, bello da ascoltare e da cantare. L’opera di una band che sta vivendo i suoi anni musicali migliori. Anche se molti, in Italia, non sembrano accorgersene. Forse intossicati dalla monotona frequentazione dei soliti quattro mercanti di canzonette.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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