• 13/02/2021

Matsumoto Seichō, le ossessioni di un uomo banale (e di Simenon)

Matsumoto Seichō, le ossessioni di un uomo banale (e di Simenon)

Matsumoto Seichō, le ossessioni di un uomo banale (e di Simenon) 1024 576 alemezlo
Sarà per gli oltre trecento romanzi che ha scritto. Senza contare i numerosi racconti. Oppure, per quella sua caparbia volontà di differenziarsi dagli altri giallisti di scuola giapponese, molto inclini a mescolare il thriller con tematiche care alla letteratura fantastica. Vero è che Matsumoto Seichō viene spesso definito il Simenon del Sol Levante. Anche se, a ben guardare, tra i due scrittori ci sono più differenze che somiglianze.

Morto nel 1992, a 83 anni, Matsumoto Seichō è arrivato alla letteratura dopo un percorso abbastanza accidentato. Lasciati gli studi quand’era ancora giovanissimo, ha iniziato a guadagnarsi da vivere lavorando in una tipografia. Soltanto nel 1942 è riuscito a iniziare una collaborazione con la rivista “Journal Asahi”, pubblicando alcuni suoi racconti storici. Percorso che lo porterà a vincere il Premio Akutagawa, nel ’53, per una cronaca storica.

Proprio quel riconoscimento permetterà a Matsumoto Seichō di dedicarsi a tempo pieno all’attività di scrittore. È dal 1955, infatti, che inizierà a pubblicare veri e propri romanzi polizieschi, assicurandosi soltanto due anni più tardi il Premio del Club degli scrittori polizieschi. Autentica consacrazione da parte della critica, seguita poi da un grande successo di vendite.

Matsumoto Seichō è, senza dubbio, uno scrittore per palati fini. Forse anche per questo i suoi primi romanzi tradotti in italiano tra gli anni ’80 e i ’90 (“La morte è in orario”, “Il palazzo dei matrimoni”, “Come sabbia tra le dita”) non hanno incontrato il successo sperato nella collana del Giallo Mondadori. Adesso, i libri dell’autore giapponese nato a Kitakyūshū e morto a Tokyo, rivivono nella prestigiosa collana “Fabula” di Adelphi. Dove, dopo “La ragazza del Kyūshū” e “Tokyo Express”, è comparso “Un posto tranquillo”, tradotto da Gala Maria Follaco (pagg. 195, euro 18).

È un uomo banale, riservato, che si trova catapultato al centro di una storia apparentemente simile a lui: del tutto normale. Ma dove, come capita spesso nei romanzi di Matsumoto Seichō, c’è un dettaglio che mette in movimento la macchina del dubbio. Mentre si trova a Kōbe impegnato in una cena tra imprenditori e funzionari ministeriali, Tsuneo Asai viene informato da una cameriera che lo cercano al telefono. E quando lui, facendo leva su tutta l’educazione e la discrezione di cui è dotato, si assenta per rispondere alla chiamata, si sente dire che sua moglie Eiko è morta all’improvviso. Uccisa da da un infarto.

A tormentare l’uomo non è tanto il fatto che Eiko avesse soltanto trent’anni. Purtroppo la donna soffriva da tempo di gravi scompensi cardiaci. I medici l’avevano avvisata che uno sforzo troppo intenso, o delle emozioni improvvise, avrebbero potuto compromettere la sua salute. Ma allora, che cosa era andata a fare in un quartiere un po’ fuori mano di Tokyo? Un posto dove, accanto a molte splendide case di persone benestanti, spuntano una serie di alberghi equivoci. Quelli dove, di solito, si danno appuntamento uomini e donne che non vogliono far sapere agli altri della loro relazione. E poi, come mai sua moglie si era sentita male proprio alla base di una via molto ripida, tutta in salita? Lei che evitava sempre camminate troppo faticose.

Per un po’, Tsuneo Asai cerca di esorcizzare quei dubbi. Dicendosi che, in fondo, un colpo al cuore era del tutto prevedibile, viste le condizioni di salute della moglie. Poi, però, quando i suoi sospetti si fanno sempre più pressanti, decide di improvvisarsi investigatore. Comincia a perlustrare il quartiere dov’è morta Eiko. Attira la compassione delle cameriere degli alberghi a ore, fingendo di essere un marito abbandonato dalla sua consorte così, senza una spiegazione. Senza un addio. E quando si sente pronto ad archiviare la faccenda, perché nulla di strano sembra venire a galla, un’intuizione lo porta a scoperchiare la storia che non avrebbe mai immaginato, nemmeno se fosse stato l’uomo più geloso del mondo.

L’inseguimento della verità, tentando di evitare uno scandalo che finirebbe per travolgere lui stesso, porterà Tsuneo Asai ad allontanarsi dalla sua vita scandita da ritmi sempre uguali. Per spingerlo verso un finale di partita del tutto inaspettato. Perché, si sa, chi cerca le stigmate del Male sulle mani degli altri, finisce poi per ritrovarle sulle proprie.

Costruito seguendo un andamento lento, ma inesorabile e progressivamente sempre più incalzante, “Un posto tranquillo” è uno dei più lucidi e inquieti ritratti di quella piccola borghesia soprattutto giapponese, ma non solo, che si lascia dominare dal perbenismo, dal rispetto di regole che infrangerebbe volentieri, dal terrore di diventare lo zimbello degli altri. Matsumoto Seichō costruisce la sua storia con grande senso della misura e maniacale attenzione per i dettagli. Seminando, qua e là, piccoli indizi che anticipano, senza mai svelarlo, il colpo di scena finale.

Per chi volesse fare un raffronto immediato tra lo scrittore giapponese e l’immenso Georges Simenon, potrà far seguire alla lettura di “Un posto tranquillo” quella de “La fattoria del Coup de Vague”, appena tradotto da Simona Mambrini per Adelphi  (pagg.142, euro 18), che sta pubblicando le opere dello scrittore di Liegi dal 1985. Racconta una storia ambientata a due passi dall’oceano, sulla spiaggia del Colpo d’Onda. Dove Jean, un giovane fannullone che pensa pià alla moto e alle ragazze che a spaccarsi la schiena raccogliendo ostriche e cozze, vive tranquillo all’ombra delle zie Hortense e Émilie, che fanno di tutto per viziarlo. Fino a quando quella dorata calma viene bruscamente turbata dall’annuncio di una giovane, che gli confessa di essere rimasta incinta.

Tutto si potrebbe risolvere, pagando il medico giusto. La serenità tornerebbe subito. Ma Georges Simenon sa che la vita non concede sconti. Anche Jean dovrà attraversare il purgatorio per pagare il proprio debito. In questo piccolo capolavoro scritto in Dordogna nel 1938. Pubblicato dapprima a puntate sul settimanale “Marianne”, e l’anno successivo in volume.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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