“Mi porge un disegno ed esce di corsa. È lo stesso bosco del disegno precedente, buio e fitto, solo che stavolta l’uomo sta buttando della terra con una pala dentro a una grossa buca, e il corpo di Anya giace scomposto sul fondo. […] ‘Teddy-Bear, ascoltami, che altro ti ha detto Anya? Del disegno?’. Ha la bocca piena di anguria e un po’ di succo rosso gli cola sul mento. ‘L’uomo ha scavato una buca perché così nessuno l’avrebbe trovata’ risponde, con un’alzata di spalle. ‘Ma credo che sia riuscita a uscire”.
Mallory Quinn ha ventun anni, è una ex tossicodipendente ed è pulita da diciotto mesi. Prima di cadere nella trappola dell’eroina era la sesta ragazza più veloce della Pennsylvania, con una borsa di studio alla Penn State. Ora abita in una casa-famiglia per donne nelle ultime fasi della riabilitazione, e quando le viene proposto di trasferirsi in un quartiere benestante per fare la baby-sitter ad un bambino di cinque anni, non ci pensa due volte.
Incoronato dal re dell’horror Stephen King come “il thriller più originale e inquietante dell’anno”, “Teddy” (Giunti, pagg.414, euro 16,90) è il secondo romanzo di Jason Rekulak, ed è già pronto a diventare una serie per Netflix. I motivi per cui il colosso americano abbia deciso di accaparrarsi la storia sono evidenti: non si tratta del solito racconto di paura. E non parliamo neanche del solito libro di paura, perché la storia di Rekulak dialoga con le illustrazioni di Will Staehle e Doogie Horner, aiutato dal figlio di cinque anni. Tradotto da Roberto Serrai, il punto forte del libro è proprio la fusione tra testo e disegni, che trascinano il lettore in una realtà parallela, in cui è più semplice credere all’impossibile, piuttosto che accettare la realtà.
I Maxwell vivono in una lussuosa casa vittoriana a tre piani a Spring Brook, New Jersey. Mentre attraversa il quartiere immacolato, Mallory pensa di non aver mai visto niente di più bello. La macchina del suo sponsor si ferma di fronte a quella che le sembra una casetta di pan di zenzero, adagiata in maniera ordinata al limitare del bosco. Non potrebbe sentirsi più inadeguata, ma ormai è decisa: questo lavoro sarà la svolta che le serve.
Ted e Caroline sono i genitori perfetti: giovani e belli, gentili, lavoratori instancabili, pensano al benessere del loro bimbo prima di ogni altra cosa. Ma soprattutto decidono di affidare il loro prezioso figlio ad una ex-tossicodipendente, perché credono nelle persone.
Teddy è un bambino solare, ama giocare all’aria aperta e immaginare mondi fantastici, e da quando si è trasferito a Spring Brooks, fa anche degli splendidi disegni. Come molti bimbi, Teddy ha un’amica immaginaria, con cui gioca spesso quando è da solo. Anche la sorella di Mallory ne aveva una quando era piccola, ma di certo non era come quella che vede rappresentata nei disegni del bimbo di cui si occupa. Orbite vuote e bocca contratta in una smorfia che sembra un urlo di certo stonano nei colorati disegni di una creatura di cinque anni, ma Caroline non è preoccupata. Teddy sa che Anya non è reale, sa che non è “per davvero”.
Inizia così la nuova vita di Mallory, ospite nel piccolo cottage nel giardino dei Maxwell. Tra mattinate in piscina e lunghe passeggiate nel bosco, la ragazza sente di rinascere, illuminata dalle risate di quel bambino di cinque anni con un’immaginazione tanto fervida da farle dimenticare il resto del mondo. L’estate scorre serena, se non fosse per i disegni del piccolo Teddy, che si fanno sempre più cupi, e su cui Mallory decide di dover fare chiarezza.
Scrive Jason Rekulak: “Teddy? Questo cos’è?”. Alza le spalle. “Un gioco”. Morde una striscia di peperone e risponde mentre mastica. “Anya mima una scena e io la disegno”.
Se non fosse che le scene rappresentate non dovrebbero esserci nell’immaginario di un bambino. Perché nessun ragazzino dovrebbe sapere come si seppellisce un cadavere.
<Caterina Mezzena Lona