Il grande Leonardo era convinto che tra parole e immagini il legame fosse inscindibile. Tanto da spingersi ad affermare che “la pittura è una poesia muta e la poesia una pittura cieca”. Del resto, le arti visive, siano esse pittura o scultura, fotografia o cinema, non hanno mai smesso di dialogare con la letteratura. Di farsi suggestionare dalle storie tracciate da segni sulla carta. Senza raggiungere, però, risultati sempre eccellenti. Anzi, scatenando feroci polemiche quando il linguaggio di un’opera nata dalla creatività di un autore viene traghettata verso un altro linguaggio espressivo. Richiedendo, spesso, modifiche, aggiustamenti, manipolazioni, tradimenti vistosi, che non rendono onore all’originale.
Ancor più complicato, allora, appare il desiderio di fare di un romanzo un’opera grafica. Perché, in questo caso, a lavorare sulla stessa storia sono due forme di creatività nate gemelle: la letteratura e la graphic novel. Separate, poi, nel lavoro di realizzazione da un elemento niente affatto secondario. Dal momento che una può contare soltanto sulla potenza delle parole, l’altra inietta dentro il testo la straordinaria visionarietà dei disegni. Che, in certi casi, possono permettersi di silenziare i dialoghi, le descrizioni, sostituendoli con efficacissime immagini.
Che Omar Di Monopoli sia uno degli scrittori più sorprendenti, originali e apprezzati nel panorama della letteratura italiana contemporanea, è fuor di dubbio. Portato al debutto da un romanzo potente come “Uomini e cani” nel 2007, dieci anni dopo ha pubblicato con Adelphi quello che possiamo considerare il suo capolavoro, oltre che uno dei migliori libri di questa prima parte di terzo millennio: “Nella perfida terra di Dio”. Un libro capace di conquistare critici e lettori non soltanto per la forza di una lingua narrativa del tutto nuova, ma per la capacità di raccontare la terra di Puglia, le vicende di pescatori e contadini, santoni e uomini di malaffare, delinquenti, religiosi corrotti e povera gente che cerca di vivere con dignità ogni giornata che inizia quando sorge il sole, con spietata capacità d’immaginazione e livida precisione. Mescolando le atmosfere di William Faulkner al respiro del mondo mediterraneo. Ritrovando tra le pagine lo sguardo tagliente di Flannery O’Connor, o del Les Edgerton di “Tempi difficili”, messo a fuoco dai campi lunghi, le zoomate narrative, i movimenti di macchina cari a registi inimitabili come Sam Peckinpah.
Proprio per questo, l’idea di trasformare “Nella perfida terra di Dio” in una graphic novel potrebbe essere archiviata tra le imprese capaci di far tremare le gambe anche agli autori più navigati e bravi. E poi? Come se non bastasse, Omar Di Monopoli ha rivelato spesso il suo sogno segreto di diventare lui stesso un autore di storie disegnate. “Finii ben presto per appendere la matita al chiodo, incapace di tirar fuori la giusta determinazione che mi inducesse a perseverare nel mio obiettivo (inutile scomodare Freud: uno i numeri ce li ha oppure non ce li ha!). Però, intanto, nello sceneggiare le centinaia di storie disegnate che provavo ad allestire nel mio studio, avevo scoperto uno slancio insperato per la scrittura”, confessa il narratore stesso in “Io i fumetti volevo farli”, interessante postfazione alla versione disegnata del romanzo pubblicata da Sergio Bonelli Editore. Proprio quello che delizia i lettori, da moltissimo tempo, con gli albi di Tex, Dylan Dog, Zagor, Martin Mystère e Nathan Never.
E sì, perché i due coraggiosi che si sono lanciati nell’impresa, adesso, sono sotto gli occhi di tutti. Maurizio Colombo ha scritto la sceneggiatura, su soggetto dello stesso Omar di Monopoli, e Giuseppe Baiguera ha firmato i disegni. Così, dopo oltre due anni di lavoro, “Nella perfida terra di Dio” versione graphic novel ha preso forma ed è uscita in uno splendido volume a cura di Luca Crovi per Sergio Bonelli Editore (pagg. 175, euro 22).
A fare da palcoscenico alla storia è un Salento che ha barattato la propria anima con le molte incarnazioni del Male. Quando Tore Della Cucchiara esce di galera per riprendere la propria vita accanto ai due figli adolescenti, Gimmo e Michele, deve fare i conti con le zone oscure del proprio passato e con un presente gremito di inquietanti presagi. Il suocero, un pescatore che si era autoproclamato illuminato da Dio, non c’è più. Smascherato nel suo voler essere santone da un telegiornalista. Ma la madre superiora del convento ha provveduto per fare in modo che la sua catapecchia e la terra tutto attorno vengano cedute al convento. Terra, peraltro, maledetta dalle tonnellate di schifezze tossiche seppellite lì da uno dei nuovi boss della Sacra Corona Unita. Un tipetto che, un tempo, si dichiarava fratello di Tore, l’uomo appena uscito di galera. Ma che, con il tempo, ha provveduto soltanto a far quadrare i propri interessi.
Costruito come un noir a cui non mancano gli elementi classici del romanzo di genere, compresa una sorta di mostro umano attorno a cui ruota uno dei misteri più indicibili della storia, irrobustito da una lingua ricca di effetti pirotecnici, sospesa tra la parlata dialettale e una sofisticata ricerca delle parole, “Nella perfida terra di Dio” non perde un solo grammo del suo fascino letterario. Perché Maurizio Colombo ha saputo sceneggiare il percorso della graphic novel smontando e rimontando il libro con grande cura e intelligenza. Facendo slittare alcuni episodi della storia dove pensava potessero avere più efficacia visiva. Affidando i continui andirivieni temporali della narrazione alla linea chiara dei disegni di Giuseppe Baiguera. Che si fa onirica, evanescente, quando è il tormento del passato a infettare lo scorrere del presente.
Presa per mano dalle parole, irrobustita dal fascino visionario dei disegni, la graphic novel di “Nella perfida terra di Dio” restituisce tutta la forza terragna del romanzo di Omar Di Monopoli. Fatta di sangue e piombo, lacrime e inganni. Ma, al tempo stesso, conserva in sé tutta la potenza poetica di un intrecciarsi di destini umani che assommano un groviglio di odio e passione, menzogne e illusioni, violenza e insperata tenerezza. Dove ogni personaggio sembra destinato a incamminarsi sulle oscure traiettorie della perdizione. Anche se conserva nel proprio cuore la selvaggia speranza che possa esistere una via di fuga da quell’inferno senza fiamme e senza diavoli grotteschi. Dove il Male ha preso sembianze ben più banali, ma molto più spaventose.
Ecco, dopo aver finito la graphic novel è impossibile non provare il desiderio di rileggere, o di scoprire per la prima volta, il valore, la forza che scorre potente nel romanzo originale. E magari, perché no, proseguire con “Brucia l’aria”, il libro più recente di Omar Di Monopoli pubblicato da Feltrinelli (pagg. 207, euro 17). Dove la storia ruota attorno alla figura ambigua e contraddittoria di Livio Caraglia, un pompiere che alcuni considerano un eroe nella lotta contro la piaga degli incendi. E che per altri, invece, è solo un piccolo criminale acquiescente ai voleri della Sacra Corona Unita.
<Alessandro Mezzena Lona