Lui, Romain Gary, aveva un sogno grande: diventare qualcuno. Una personalità, un diplomatico, un grande scrittore. Lo doveva al se stesso bambino, emigrato prima in Polonia e poi in Francia, dalla Lituania dov’era nato. Ma lo doveva soprattutto a sua madre Mina, che per costruire il suo futuro aveva fatto l’impossibile. Lei, Jean Seberg, voleva soprattutto scappare dai giorni tutti uguali di Marshalltown, Iowa, la sua provincialissima cittadina d’origine. Dove aveva coltivato, fin da bambina, il desiderio smisurato di recitare. Di diventare una stella del cinema. E, perché no, di conquistare la catena di montaggio dei miraggi più scintillanti: Hollywood.
Forse, Romain Gary e Jean Seberg non si sarebbero mai incontrati. Se lui, a un certo punto della sua vita, non fosse diventato console generale della Francia a Los Angeles. Arrivato negli Stati Uniti sull’onda del successo del suo romanzo “Le radici del cielo”, acclamato Prix Goncourt nel 1956: non solo il primo romanzo che affrontava il tema della difesa dell’ambiente, ma anche un libro estremamente vicino al mondo dell’autore. Tanto che lo stesso scrittore penserà di dedicare una copia se stesso, scrivendo: “Al mio caro Romain Gary. mio compagno di lotta, a testimonianza di un affetto profondo”. E se lei, dopo aver debuttato in “Santa Giovanna” di Otto Preminger e avere incantato il pubblico francese con “Fino all’ultimo respiro” di Jean Luc Godard, non fosse ritornata negli Stati Uniti. Non solo per girare un nuovo film. Ma soprattutto per accontentare suo marito François Moreuil, sempre a caccia di nuove conoscenze. Di relazioni sociali che potessero aiutarlo a sfondare nel mondo del cinema.
Un camaleonte e una bellissima ragazza, fragile come una statuetta di porcellana fine. Due mondi lontanissimi, in apparenza, che hanno scritto una storia di amore e disperazione, di tenerezza e successi, di solitudine e sintonia vera, necessaria, estrema. Fino alla morte tragica. Una vicenda raccontata dalla giornalista e scrittrice Anna Folli nel suo libro “Ardore. Romain Gary e Jean Seberg, una storia d’amore” (Neri Pozza, pagg. 395, euro 20). Opera affascinantissima, che si legge come un romanzo e si basa su un lungo lavoro di documentazione, di ricerca di testimonianze e documenti, di scrittura attenta e puntuale. Come già l’autrice aveva fatto nei precedenti lavori “MoranteMoravia. Storia di un’amore” del 2018 e “La casa dalle finestre sempre accese”, del 2020, dedicato al grande critico e studioso di letteratura Giacomo Debenedetti e alla sua famiglia.
Prima di incontrare Jean Seberg, Romain Gary aveva già percorso un bel pezzo della propria vita. Era sposato con Lesley Blanch, una bionda scrittrice cresciuta dalle bambinaie in una famiglia colta e benestante dell’upper class inglese. Decorato da Charles de Gaulle come eroe della Seconda guerra mondiale, aveva lasciato alle sue spalle il suo grigio passato di emigrato sotto il nome di Roman Kacev. Totalmente innamorato della Francia, come sua madre Mina desiderava, aveva usato l’adolescenza a Nizza per dimenticare la sua Lituania natia, e anche la Polonia. E costruire, tappa dopo tappa, una biografia immaginaria. Che sarebbe, poi, diventata materia di alcuni tra i suoi romanzi più belli.
Raccontava Leslie che, un giorno, stavano cercando insieme una foto da spedire a un giornale. E Romain, davanti alla sua faccia stampata in bianco e nero, si era soffermato a commentare: “È un viso di una bellezza incredibile”. Come se, di fronte a lui, ci fosse l’immagine di un estraneo. Del resto, commentava la moglie, “stava contemplando uno dei numerosi Romain. ed erano davvero tanti! Alcuni anche detestabili. Con il tempo ho rinunciato a contarli, passando alternativamente da quelli che amavo a quelli che non mi piacevano per niente”.
Il più sensazionale gioco di prestigio, Romain Gary lo metterà in scena quando il successo letterario comincerà a scemare. E la critica lo relegherà in un angolino, considerandolo ormai una gloria polverosa. Incapace di regalare ai lettori nuovi, elettrizzanti romanzi. Ma lui non si arrenderà. Comincerà a scrivere, con febbrile passione, storie sotto il nome di Émile Ajar. Inscenando una finzione talmente elaborata, da convincere un suo nipote a recitare la parte dell’autore inesistente. Fino a conquistare di nuovo il Prix Goncourt, nel 1975, con “La vita davanti a sé”. Soltanto dopo la sua tragica morte si verrà a sapere la verità, anche grazie all’opera postuma “Vita e morte di Émile Ajar”.
Vita e morte sono state anche il metronomo della storia d’amore di Romain Gary e Jean Seberg. Ardore e depressione hanno scandito la convivenza di due persone diversissime. Lui, camaleontico tombeur des femmes, uomo di successo, determinato a costruire da solo il piedistallo e anche la statua con cui rendersi immortale. Lei, giovane bellissima, fragile sognatrice, figlia della provincia americana perbenista e claustrofobica, travolta dal suo stesso sogno di diventare una star del cinema quando, appena diciassettenne, venne scelta dal grande regista Otto Preminger prima per “Santa Giovanna” e poi per “Bonjour tristesse”, tratto dal romanzo di grande successo di Françoise Sagan. Consacrata anche in Europa da uno dei genietti della Nouvelle Vague: quel Jean Luc Godard, che la volle protagonista del suo lungometraggio di debutto “Fino all’ultimo respiro del 1960.
Anna Folli segue passo dopo passo l’inizio, il divenire sfolgorante, e poi il drammatico tramonto di questa storia. Che, per lungo tempo, è stata una storia sola. Quella di un uomo e una donna che per dieci anni hanno recitato il ruolo di coppia più ammirata di Parigi. Nonostante la notevole differenza d’età. E le complicazioni portate dalla volontà di Jean Seberg di essere sempre dalla parte degli ultimi. Di chi non ha voce e lotta per ottenere i propri diritti. Tanto da tirarle addosso la sgradevolissima attenzione dell’Fbi e la sua ben nota abilità nel distruggere, con una mirata campagna di disinformazione a mezzo stampa, le persone non gradite al sistema.
La fine è nota. Morta per un probabile sovradosaggio di barbiturici e alcol, a 40 anni, Jean Seberg. Suicida con un colpo di pistola, a 66 anni Romain Gary. A distanza di dodici mesi l’una dall’altro. Ma, in mezzo, c’è un lungo, appassionante viaggio in cui si rispecchia tanta parte della storia del ‘900: tra cinema e diplomazia, letteratura e politica, la rivolta delle Pantere Nere e i riti spesso crudeli di Hollywood. Un magma narrativo-biografico raccontato con assoluta passione e precisione da Anna Folli.
<Alessandro Mezzena Lona