• 13/12/2017

Nel cerchio mentale di una Electro Blue Voice

Nel cerchio mentale di una Electro Blue Voice

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Dopo dieci anni di musica si sentono ancora chiedere: “Ma siete italiani?”. E sì, perché gli His Electro Blue Voice non assomigliano certo ai gruppetti che colonizzano le classifiche dei dischi più venduti. Che si atteggiano a rocker “maudit” nei reality musicali in tivù. No, loro si sono nutriti dei suoni dirompenti e innovativi dei Joy Division e dei Nirvana, dei Sonic Youth e degli Smiths. Senza dimenticare la lezione dell’hardcore, di gruppi fuori dagli schemi come Melvins, o dei provocatori Butthole Surfers E poi hanno tirato dritto per la loro strada. Impastando una musica urticante e potentissima, che gli ha portati da Como ad andare all’assalto di un’etichetta discografica mitica come la Sub Pop. Quella che, da Seattle, ha praticamente inventato e lanciato a livello mondiale il grunge.

Ma questo primo, importante passo nel mondo della discografia mondiale, evidentemente non era ancora il punto d’arrivo degli His Electro Blue Voice. Infatti, dopo il disco “Ruthless sperm”, e dopo lo split ep inciso per Maple Death insieme ai romagnoli Havah, che conteneva la lunghissima “Tartlas”, una canzone dirompente e fluviale, sulla band di Francesco Mariani è sceso il silenzio. Li ritroviamo adesso, più in forma che mai, con un nuovo disco e una nuova etichetta: “Mental hoop”, infatti, è strato inciso per Magic Death Records. Nove brani per la lunghezza di 35 minuti, in una cavalcata senza respiro dalla prima all’ultima nota.

Solo una piccola illusione sonora può confondere le idee a chi ascolta “Mental hoop”. Perché il primo brano, “Pool cleaner”, parte con i suoni dolci di un carillon. Ma non è certo un ritmo da ninnananna che gli His Electro Blue Voice vanno cercando. Basso e batteria partono subito a velocità supersonica per creare un muro del suono geometrico e compatto, sui quali si abbattono riff di chitarra taglienti come lame di luce. A sovrastare il tutto, testi cantati da Francesco Mariani con la forza di un direttissimo che con si ferma alle stazioni intermedie. Poi arrivano “Ice skull” e “Scum rat”, che scorrono via con la forza di una musica che non si fa scordare. E se “Jaws” rallenta di appena un po’ il ritmo, per lasciare che sia una chitarra wave a tessere la trama, ci pensano “Crystal mind” e “Earthworm” a riportare sulla retta via il disco. Imponendo una muraglia sonica dal fascino potentissimo.

Nel finale, un gioiello dal fascino oscuro come “The wizz” apre la strada a un lunghissimo pezzo: “Onieut”. Dove l’assalto sonoro si lascia cullare da un lungo rincorrersi di melodie per chitarra che scolorano, ancora, nella quieta seduzione di una malefico carillon.  Per ripartire con raddoppiata forza prima di chiusura.

Abituato a non giocare mai troppo sull’immagine della band, Francesco Mariani preferisce rivendicare in prima persona l’impatto sonoro della musica che fa. Anche se, dal vivo, di solito può contare su Andrea Cantaluppi alla batteria e su Nicola Ferloni al basso, oltre ad altri collaboratori che si alternano. E in giro per l’Europa, chi ha assistito ai concerti del gruppo dice che vale davvero la pena vederli e ascoltarli. Perché distillano dai loro strumenti lava incandescente.

Parlando degli His Electro Blue Voice non si può fare a meno di consigliare un altro gruppo italiano e un nuovo disco. Loro sono gli Havah, hanno inciso proprio quest’anno le splendide dodici tracce di “Contravveleno” per Maple Death Records. Trentanove minuti di ottima rivisitazione delle sonorità care alla new wave e alla musica dark-gothic. Con grande originalità, senza cadere nell’acritica imitazione di band leggendarie come Bauhaus, Cure e Joy Division. Anzi, scegliendo di cantare tutti i testi scritti in italiano da Michele Camorani, figura nota nell’underground di casa nostra e batterista di alcune band del giro punk. In un impasto sonoro fatto di chitarre taglienti, ritmi ossessivi, serrati e cupi,  che all’improvviso squarciano l’orizzonte plumbeo con sciabolate di luminosa poesia.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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