• 07/03/2018

Tiziano Scarpa: la vita, istruzioni per l’uso

Tiziano Scarpa: la vita, istruzioni per l’uso

Tiziano Scarpa: la vita, istruzioni per l’uso 800 450 alemezlo
Che Tiziano Scarpa sia uno degli scrittori italiani più bravi, lo sanno in molti. Eppure, ogni volta che esce un suo libro nuovo, la critica sembra disorientata. Annaspa, balbetta. Prova a inventare un albero genealogico letterario per capire da dove viene lo scrittore veneziano, che ha vinto il Premio Strega e il SuperMondello nel 2009 con “Stabat mater”, ma soprattutto dove va. Così, c’è chi tira in ballo Luigi Pirandello e le sue mille, intercambiabili maschere nude. E chi si spinge addirittura a rispolverare Laurence Sterne e il suo capolavoro “Vita e opinioni di Tristam Shandy gentiluomo”, umoristico gioiello dall’alto contenuto linguistico capace di demistificare la realtà. Ma c’è anche chi si accontenta di volare più basso e nota soltanto che c’è una parentela stretta tra i titoli degli ultimi due romanzi pubblicati. Forse l’autore sta pensando a una trilogia senza prima dichiararlo?

In effetti, il romanzo nuovo di Tiziano Scarpa, pubblicato da Einaudi (pagg. 387, euro 21) si intitola “Il cipiglio del gufo”, mentre quello uscito nel 2016 puntava sul “Il brevetto del geco”. E allora? Inutile star lì a perdere tempo ad arrovellarsi su presunte parentele tra i due animaletti tirati in ballo. Quello che conta, piuttosto, è il ricco, suggestivo magma narrativo che fa crescere, pagina dopo pagina, questo libro. Che ha preso forma, come racconta l’autore stesso, durante la residenza per artisti che ha coinvolto lo scrittore veneziano tra l’aprile del 2016 e il gennaio 2017 a Bamberg, nell’Alta Baviera.

Scarpa però, è bene chiarirlo subito, non ha voluto portare al centro del romanzo paesaggi a lui estranei. No, il cuore delle storie che si intrecciano nel “Cipiglio del gufo” batte proprio al centro di Venezia. Perché è lei, la città sospesa sull’acqua, la Disneyland all’italiana che attira turisti da tutto il pianeta,  quella “Venezia è un pesce” raccontata già nel 2000 dallo scrittore, che si prende per intero il palcoscenico del libro. E non stupisce se, a un certo punto, uno dei personaggi, specchiandosi in una vetrina accanto al palazzo delle Procuratie, finisce per scambiare se stesso per un altro uomo. Dopo aver vagato a lungo tra il Ponte di Rialto e piazza San Marco alla ricerca di ricordi lontani, di un tempo che non tornerà mai più. i un immagine di sé forse puramente chimerica.

Sono le ossessioni del nostro tempo che Scarpa porta in primo piano nelle sue storie. La paura di non poter essere sempre efficienti, intelligenti, brillanti. Il desiderio di cambiare pelle, di accarezzare il successo, di inventarsi un’altra vita. Ma anche la difficoltà di accettarsi, di non inseguire sempre lontanissimi miraggi. Ossessioni che si incarnano in tre uomini, messi a confronto con il diverso modo di gestire il proprio tempo in tre età diverse.

Nereo Rossi, settant’anni, è il telecronista in assoluto più corteggiato e apprezzato. Una partita raccontata da lui diventa qualcosa di epico, un piccolo viaggio dentro il mare grande della fantasia e della precisione cronachistica. Ma proprio a lui, che nel mondo delle parole si sente primo cittadino, capita di scoprire che una malattia neurologica lo sta trasformando lentamente in un afasico. Togliendoli per sempre la capacità di definire le cose, di dare un nome agli oggetti. Così, sfruttando le conoscenze che ha, riesce a concordare con un editore l’idea di scrivere un’autobiografia. Non da solo, ma affiancato da un giovane ghostwriter cerimonioso e dall’inesauribile fantasia: Nepomuceno Diaz. Dietro il dolore per la malattia che avanza, si insinua il pensiero maligno di far vedere a tutti, soprattutto al suo rivale, chi è il migliore. Idea che lo accompagna, come uno spirito guida, da sempre

A tormentare il cinquantenne Adriano Cazzavillan, dignitoso insegnante, è il fatto di non poter dare di più alla propria famiglia. Ma anche vedere che il collega più borioso e vuoto si spaccia per poeta, e riesce ad avere una discreta audience nel mondo dell’informazione. Così si lancia a capofitto nel progetto di scrivere un romanzo, corteggiando le parole, arzigogolando sull’identità dei personaggi. Fino a quando la moglie gli fa capire che c’è una via molto più rapida verso la fama e la gloria: battere i sentieri del noir. Produrre un bel thrillerone. E così, il prof decide di fare. Ma il successo, si sa, attiura anche tanta invidia. E se non bastasse, a Cazzavillan tocca anche la sfortuna di ritrovarsi in casa un figlio Hikikomori. Uno di quei ragazzi, cioè, che si chiudono nella propria stanza per non uscire più. Se vorrà salvarlo dalla corsa verso il nulla dovrà avventurarsi su un ponte sospeso tra la realtà e il mondo virtuale.

C’è ancora il trentenne Carletto Zen, tra le pagine del romanzo, a non darsi pace per la sua insignificante statura. E per quel dover tentare di galleggiare nel gorgo di facce senza nome, di volti tutti uguali, che forma la falange dei turisti sempre pronta a invadere Venezia. In più, le donne lo prendono in considerazione per la sua virtù meno apparente. Fra tutte la più indecente, come cantava Fabrizio De André. E, allora, a lui non resta che darsi da fare con l’altra parte del mondo femminile. Ricche vedove, signore bisognose di compagnia. Anime danarose e sole, disposte a lasciargli una cospicua parte dei loro averi.

Ci sarebbe, poi, ancora un’ossessione. Quella del denaro, quella di un futuro radioso comperato a suon di soldoni, di sacrifici, di soldi messi da parte. E che, un giorno, potrebbero spalancare le porte del paradiso anche a un poveraccio come Tonino Carra. Il problema è che suo cognato, incaricato di far fruttare i risparmi, ha tagliato la corda con tutto il malloppo. E dove può andarsi a rifugiare se non a Venezia, la città delle facce? Quel labirinto dove i volti e le maschere finiscono per confondersi?

Intrecciando storie, scrutando a distanza ravvicinata destini in apparenza molto diversi, ascoltando i pensieri più segreti di personaggi che acquistano la loro forza tridimensionale pagina dopo pagina, Tiziano Scarpa costruisce un mosaico di vite capace di raccontare i luoghi e il tempo. Immergendo le mani nella materia oscura e luminosissima dell’essere uomini, dell’esistere. Del poter scegliere se andare incontro al baratro o provare a salvarsi. Senza pensare troppo che, al di là della strada, c’è sempre qualcosa di imponderabile, di imprevedibile, di inevitabile che aspetta. Il romanzo, vulcanico e straripante, divertente e pensoso, diventa così una sorta di guida per non perdersi nella babele del tempo e dello spazio che ci è dato abitare.

Il “Cipiglio del gufo” è la via narrativa alle istruzioni per l’uso del mestiere di gran lunga più difficile: quello di vivere.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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