• 14/07/2018

Quando Pessoa inventò la morte della Grande Bestia

Quando Pessoa inventò la morte della Grande Bestia

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Uno era il poeta dell’inquietudine. Uno scrittore che, dentro di sé portava un baule pieno di gente, secondo la definizione di Antonio Tabucchi. Perché Fernando Pessoa si era votato alla letteratura per vocazione, non per inventarsi una professione. Convinto che con l’immaginazione si potesse combattere le tre piaghe della società: l’ignoranza, il fanatismo e la tirannia. L’altro era il pittore, poeta, alpinista che aveva scelto di percorrere la via oscura delle arti magiche. Fino ad autoproclamarsi To Mega Therion, ovvero la Grande Bestia, che nell’Apocalisse di Giovanni corrisponde ai numeri 666. Un uomo, Aleister Crowley, che aveva fatto della ribellione, della provocazione, della sua scelta di praticare il sesso indifferentemente con donne e uomini, il punto nodale della via iniziatica. Tanto da sintetizzare il credo che professava nella formula “Fa’ ciò che vuoi sarà tutta la legge”. E guadagnarsi il titolo di peggior inglese della prima metà del ‘900.

Ma cosa poteva unire due personaggi così apparentemente diversi? E, soprattutto, com’è possibile che uno scrittore come Fernando Pessoa diventasse complice di Aleister Crowley in un’oscura storia di tentati suicidi, sparizioni del mago nero, costruzione di un’elettrizzante trama da romanzo poliziesco che aveva, come obiettivo, quello di far puntare le luci della ribalta mediatica del tempo sul controverso negromante? Un tipetto che, tra l’altro, si era fatto espellere dall’Italia al tempo del fascismo, nell’aprile del 1923, non tanto per la sua fama di uomo più cattivo di tutti i tempi. Quanto per aver creato, a Cefalù, l’Abazzia di Thelema, ispirata a quella omonima che lo scrittore François Rabelais aveva immaginato edificata da uno dei suoi personaggi più riusciti: il gigante Garguantua. Dove, secondo le accuse piovute sulla Grande Bestia, si praticavano rituali magici a sfondo sessuale e, dicevano le malelingue, addirittura sacrifici di bambini. Anche se non è mai stato provato.

Finora, si sapeva soltanto che Pessoa e Crowley si erano scritti per un periodo. E poi incontrati in Portogallo nel 1930. Ma cosa c’entrava lo scrittore, che amava dare vita a una folla di eteronimi capaci di elaborare una propria carriera poetica compiuta, tra cui vanno ricordati almeno Álvaro de Campos, Ricardo Reis e Alberto Caeiro, con gli strani maneggi del mago nero? E, soprattutto, con la messinscena della sua morte? Soltanto adesso abbiamo una risposta chiara e definitiva. Grazie allo splendido volume, pubblicato da Federico Tozzi Editore in Saluzzo, che si intitola proprio “La bocca dell’Inferno” (pagg. 354, euro 20). E che raccoglie lettere, poesie, un abbozzo di romanzo, firmati da Fernando Pessoa e da Aleister Crowley, assieme ad altri personaggi minori, in un momento in cui la Germania scivolava incosciente verso l’abbraccio mortale del Terzo Reich. E l’Europa cominciava a sentire suonare in lontananza, nel suo incosciente vitalismo, nuovi tamburi di guerra.

Attratto dall’occultismo, dall’astrologia e dallo spiritualismo, Fernando Pessoa era stato di certo in contatti con ambienti massonici e rosacroce. Tanto da scrivere un poema ermetico intitolato “No túmulo de Christian Rosenkreutz” Capitò per caso che, sul finire del 1929, chiedesse alla casa editrice inglese Mandrake Press di spedirgli un volume intitolato “Book 777”, un compendio di corrispondenze esoteriche basate sul sistema della Golden Dawn, l’ordine ermetico dell’Alba Dorata. Senza sapere che l’autore era proprio la Grande Bestia. Da lì, leggendo le sue “Confessions of Aleister Crowley“, si accorse che il piano astrologico fatto all’autore non era corretto. E lo comunicò agli editori, perché informassero il temibile 666. Il quale rispose, a dire il vero, in maniera molto amabile, chiamando Pessoa “Care Frater” e dicendogli che sarebbe stato molto felice “se volesse farmi avere qualche informazione sulla mia situazione attuale”. Come dire che il grande negromante si inchinava al poeta, almeno in materia di interpretazione dei dati di nascita e di posizione astrologica.

Non è difficile immaginare che Crowley, alpinista capace di cimentarsi con il K2, poeta e scrittore di versi e romanzi mai presi troppo sul serio, vide nel poeta Pessoa un fratello letterario a cui potersi rivolgere con . grande affetto e amicizia. Tanto da tentare di coinvolgerlo nel salvataggio, poi fallito, della Mandrake Press, che pubblicava le sue opere. E di eleggerlo, poi, a suo fiancheggiatore quando, nel settembre del 1930, dopo una lite furiosa con la sua giovane e bella amante tedesca Hanni Jaeger (che sarebbe morta nel marzo del 1933, a 22 anni, per un’overdose di morfina) decise di inscenare uno spettacolare suicidio. Lasciando accanto alla spaventosa “Boca do Inferno” in Portogallo, una voragine da cui nessun corpo era mai stato recuperato, una tabacchiera appartenuta all’occultista e un criptico messaggio destinato alla ragazza: “Non posso vivere senza di te. L’altra ‘Boca do Infierno’ mi avrà. non sarà ardente quanto la tua!”.

Inutile aggiungere che Crowley aveva studiato il suo piano alla perfezione. Lo spettacolare suicidio doveva attizzare la fantasia dei giornalisti, occupare intere pagine dei quotidiani, attirando l’attenzione su di lui e portandogli un ormai insperato successo letterario e editoriale. La gGrande Bestia ottenne, in questa geniale pantomima, un appoggio quasi incondizionato da parte di Pessoa. Tanto da convincerlo a scrivere un romanzo, rimasto purtroppo incompleto, in cui fingeva di essere un investigatore inglese incaricato di chiarire l’enigma della scomparsa del sulfureo 666. Testo che, pur nella sua incompletezza, dimostra tutto il suo fascino creativo nella versione proposta dal volume che è aperto da una puntuale introduzione di Marco Pasi, ed è chiuso da una postfazione di Giuliana D’Amico, capace di mettere a fuoco soprattutto il percorso artistico-letterario di Crowley.

Sfumato in una graduale indifferenza l’affare della Bocca dell’Inferno, piano piano anche i rapporti tra Pessoa e Crowley vennero meno Tanto che i due smisero di scriversi alla fine del novembre 1931. Ma il libro regala un ultimo, misteriosissimo problema da risolvere. Il 21 marzo del 1931 il mago nero inviò al poeta una lettera circolare in occasione del solstizio di primavera. Di solito quel tipo di enigmatico messaggio arrivava  soltanto agli affiliati all’Ordine magico dell’Astrum Argenteum.

Così, adesso, viene spontaneo chiedersi: Crowley aveva iniziato Pessoa a uno dei suoi ordini esoterici durante il viaggio in Portogallo? Ma allora perché spedirgli la lettera circolare soltanto in occasione dell’equinozio di primavera del 1932? Oppure si trattava del banale errore di un poeta, scrittore, alpinista, negromante, che si era bruciato il cervello in anni e anni di trasgressioni assortite?

L’unica cosa certa è che Aleister Crowley sopravvisse a Fernando Pessoa di 12 anni. Il giorno dopo la morte del mago, avvenuta il primo dicembre del 1947 all’età di 72 anni, se ne andò all’altro mondo anche il medico che l’aveva curato: il dottor Thomson. E subito qualcuno fece trapelare la voce che la Grande Bestia si era vendicata. Lanciando una maledizione terribile sull’uomo  che era stato tanto incapace da non riuscire a ridargli la salute.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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