• 05/09/2018

Frédéric Dard, vita scellerata di una sognatrice francese

Frédéric Dard, vita scellerata di una sognatrice francese

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Ci vuole tempo per scardinare i pregiudizi. Infatti, per sessant’anni Frédéric Dard è rimasto confinato nel limbo degli autori di genere. Bravo, bravissimo. Eppure capace, secondo molti giudizi, di dare vita soltanto a una serie amatissima come quella delle avventure del commissario Sanantonio, chiamato dai suoi affezionati fan semplicemente Sanà. Una sorta di James Bond alla francese, protagonista di qualcosa come 173 avventure. Un Maigret assai più dinamico e adrenalinico, arruolato nel servizio segreto francese e destinato a destreggiarsi in mezzo a storie complesse. Dove, però, non manca mai un pizzico di sano sarcasmo francese.

Ma che Frédéric Dard non fosse solo un ottimo scrittore di polizieschi, noi italiani ce ne accorgiamo soltanto adesso. Sessant’anni dopo, appunto. Grazie alla traduzione, firmata da Elena Cappellini per Rizzoli (pagg. 204, euro 17), de “Gli scellerati”. Un romanzo nerissimo, una discesa all’inferno nel nome dell’amore e della passione. Un’opera letteraria sofisticata e godibile, che ricorda i migliori libri di Georges Simenon, quando non si dilettava a sfornare a rullo di tamburo le storie con Maigret, ma anche la ricerca narrativa e stilistica di una delle grandi voci del ‘900 europeo: quella di Louis Ferdinand Céline, capace di estrarre dalle viscere più buie della realtà autentici capolavori come “Viaggio al termine della notte” e “Morte a credito”.

Scritto nel 1959, e pubblicato in Francia da Fleuve Editions, il romanzo di Frédéric Dard, nato a Jallieu nel 1921 e morto a Bonnefontaine, in Svizzera, nel 2000,  è una macchina narrativa costruita con precisione da orologiaio. È una trappola per lettori esperti in cui si finisce per rimetterci le penne, nel tentativo di intuire quale macchinazione diabolica si nasconda dietro la storia. È il sogno di una ragazzina che diventa, pagina dopo pagina, discesa all’inferno. È una collezione di fiori del male travestita da bouquet della sposa.

Tutto comincia a Léopoldville, triste sobborgo di Parigi dove l’aria profuma di cavolo e esalazioni di uno stabilimento chimico. Negli anni ’50, quando i poveri erano ancora davvero poveri, e i ricchi sfacciatamente ricchi, Louise si imbatte un giorno in una coppia di sposi americani. I Rooland, stravaganti e affascinanti segni di contraddizione che abitano da poco a pochi passi dalla misera casa della diciassettenne, attirano subito la sua attenzione. E lei sogna di abbandonare il lavoro in fabbrica. Di essere assunta da Jess e Thelma, di stare vicino ai due sorridenti, affascinanti stranieri. Respirando quell’aria di raffinatezza, di lusso, di buone maniere, di allegria che le ispirano fin dalle prime occhiate.

Anche se la madre di Louise, una donna triste sfigurata da una malformazione della bocca, e il patrigno, un ubriacone che non esita ad alzare le mani su chi gli capita a tiro, sono contrari, i Rooland prendono in casa Louise come domestica. E lei, per ricompensare la loro generosità, si dà da fare come una matta per cucinare succulente cene ai due americani, abituati a ingozzarsi di cibo in scatola. Ripulisce le stanze che l’indolente Thelma ha lasciato trasformarsi in un ricettacolo di polvere, vestiti sporchi e cianfrusaglie. Finge di non vedere il troppo alcol ingurgitato dalla signora, le sue tristi avance al marito indifferente. Perché non vuole rinunciare al sogno proibito che l’ha spinta a vivere nell’ombra di quella coppia: ovvero, che un giorno Jess si innamori di lei. Anche perché è l’unico maschio a possedere dei piedi che non le incutono ribrezzo. Che non le sembrano terribilmente grandi, minacciosi.

Ma l’equilibrio che tiene in piedi il matrimonio dei Rooland è molto più complesso. Tanto che, una sera di festa, durante il party che la coppia americana ha voluto organizzare per certi influenti amici francesi, verranno a galla segreti imbarazzanti, che Louise era riuscita forse solo a intuire. Ma che non avrebbe mai avuto il coraggio di confessare nemmeno a se stessa. Sarà quella nottata intrisa di alcol, pesanti allusioni, beceri tentativi di seduzione e clamorose rivelazioni, che il sogno della diciassettenne assumerà drasticamente i colori dell’incubo. Fino a precipitare verso un finale dove non mancheranno rivelazioni e sorprese tenebrose.

Degno di stare alla pari con i migliori romanzi “in nero” del grande Cornell Woolrich, “Gli scellerati” fa rivivere la Francia degli anni ’50 con le sue illusioni e la voglia di dimenticare i disastri della guerra, la miseria e l’urgenza di riscatto, lo squallore e il desiderio di una nuova vita. In una storia che fila dritta, come chi non ha tempo a soffermarsi sugli inutili dettagli, Frédéric Dard riesce a cesellare con metodica, scarnificata precisione, il ritratto di un mondo sospeso tra l’illusione e il baratro della realtà. Dove spingere Fortuna a seguire le tracce dei propri sogni può provocare soltanto guai.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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