• 04/04/2020

Patrick Süskind, “Una sfida” che contiene il mistero

Patrick Süskind, “Una sfida” che contiene il mistero

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Trentacinque anni sono trascorsi. Da quando, nel 1985, uno sconosciuto scrittore bavarese di Ambach si affacciava alla ribalta del mondo letterario con un romanzo originale e bello. Da allora quel libro, “Il profumo”, trasformato nel 2006 in un non esaltante film di Tom Tykwer dal titolo “Il profumo. Storia di un assassino”, capace di suggestionare gruppi rock come Nirvana e Rammstein, è stato tradotto in oltre venti lingue. Ha venduto una ventina di milioni di copie nel mondo. E solo in Italia ha totalizzato oltre un milione di acquirenti, tanto da convincere Longanesi e Tea a riproporlo in undici edizioni.

Tanto clamore, un successo così immediato e duraturo, non hanno scatenato, però, l’ingordigia dello scrittore, che ha fatto studi storici tra Monaco e Aix-en-Provence. Anzi, Patrick Süskind ha cominciato, da subito, a sottrarsi all’assalto dei giornalisti, dei fotografi. Tanto che esistono pochissime immagini del suo volto. E poi, si è lasciato convincere dall’idea di diradare sempre più le sue apparizioni sul mercato librario. Tanto che in trentacinque anni ha scritto soltanto “Il piccione”, “Storia del signor Sommer”, la raccolta di racconti “Ossessioni”, il testo teatrale “Il contrabbasso”, il saggio “Sull’amore, sulla Morte”.

Sempre piccoli testi. Ma di grande qualità. Come “Una sfida”, il racconto contenuto nella raccolta “Ossessioni” del 2007. Che adesso viene riproposto, da solo, in un’edizione molto bella pubblicata da Longanesi (pagg 77, euro 14). Al testo di Patrick Süskind, infatti, sono state abbinate delle illustrazioni firmate da Jean Jacques Sempé. Ovvero, uno dei disegnatori francesi più famosi nel mondo. L’uomo che ha legato il suo nome a vere e proprie leggende del fumetto e della letteratura, come René Goscinny e il Premio Nobel Patrick Modiano. E che ha creato lui stessi personaggi molto amati dai bambini come Il piccolo Nicolas e Caterina. Oltre a collaborare a testate prestigiose come “Paris Match”, “L’Express”, “The New Yorker”.

“Una sfida” mette in campo due giocatori di scacchi. Diversissimi tra loro. Jean è il re del gioco sotto il pergolato del Jardin du Luxembourg Ormai vecchio, piuttosto sciatto nel vestire e per niente affatto carismatico nel suo modo di muoversi, di rapportarsi con gli altri, di impostare le partite, non si può certo dire che sia particolarmente amato da chi si ferma a guardare le sfide sulla scacchiera. L’altro, il giovane uomo che lo affronta in un tardo pomeriggio di agosto, è molto più giovane. “Capelli neri, la carnagione pallida e boriosi occhi scuri”, così lo descrive Patrick Süskind, non si presenta a nessuno, non rivela il proprio nome. Non dice mai una parola. Però ispira a tutti una grande simpatia. E la certezza che sarà lui a infliggere la prima, sonora sconfitta a quell’odioso di Jean.

Certezza, peraltro, concessa sulla fiducia. Perché nessuno ha mai visto all’opera sulla scacchiera il giovane giocatore. Ma il suo aspetto, il mistero che porta con sé, il fascino innato che contiene ogni suo gesto quando muove i pedoni, le torri, i cavalli, spingono il pubblico a fare il tifo per lui. A concedergli tutto il favore del pronostico. Anche se, a dire il vero, mossa dopo mossa la sfida non sembra mettersi troppo bene. Lo sfidante sacrifica troppi pezzi, anche se le sue invenzioni di gioco vengono salutate come trovate geniali. Riduce il suo esercito in maniera sensibile. E Jean che fa? Sta lì, come un vecchio gattone, ad aspettare le mosse dell’altro. A punirlo sonoramente ogni volta che si muove con azzardato furore.

Eppure…

Eppure, il vecchio campione non può essere soddisfatto della sua partita. Perché tutto quel rumoreggiare del pubblico a favore del giovane, quel dimostrare che, tanto, sarà lui il vincitore alla fine, lo ha messo in uno stato d’animo bizzarro. Tanto da farlo giocare male. Malissimo. In maniera puramente utilitaristica. Solo per portare a casa un’altra vittoria in più, insomma.

In realtà, quella sfida non ha il sapore di una partita qualunque. Per Jean, infatti, rappresenta un momento di rottura con il passato. Il limite invalicabile che, una volta superato, non gli permetterà mai più di ritornare indietro. E, allora, Patrick Süskind segue l’andamento della partita, che per il vecchio campione potrebbe sembrare soltanto una delle tante da concludere vittoriosamente, come fosse uno scontro titanico tra la fantasia e il metodo, tra l’affrontare la vita con spirito guascone e il maneggiarla invece con estremo timore e delicatezza. Tra una giocosa incoscienza e un pedante impegno.

Ironia e leggerezza accompagnano il divenire di “Una sfida”. Ogni gesto, ogni sguardo, ogni emozione, vengono descritte con implacabile precisione. Ma per l’intero svolgersi del racconto, Patrick Süskind continuerà a rivolgere una domanda muta ai suoi lettori. Un quesito mai formulato esplicitamente. Chi è il giovane uomo che osa sfidare il vecchio campione? E perché, dopo aver raccolto il favore unanime del pubblico, non esita a rivelarsi un mediocre giocatore? Oppure, la sua genialità sta proprio in quel farsi beffe delle regole? Nell’inventare mosse del tutto fuori dagli schemi? In questi enigmi, forse, si nasconde la risposta stessa ai tanti perché che affollano ogni nuovo giorno.

Ma le risposte, giocoforza, non possono sgorgare dal testo. Perché stanno nascoste più in là, oltre l’orizzonte del libro.

<Alessandro Mezzena Lona<

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