• 21/05/2020

David Quammen, ecco perché il Coronavirus si è fatto beffe di noi

David Quammen, ecco perché il Coronavirus si è fatto beffe di noi

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Tutti a preoccuparsi per le fluttuazioni in Borsa. A far finta di non vedere che il pianeta Terra corre verso la catastrofe. A non voler capire che il mondo sta andando incontro a un nuovo, massiccio riarmo. Non più dominato dal vecchio ordine mondiale bipolare, Usa-Russia, ma costretto a fare i conti anche con il colosso capital-dittatoriale della Cina. Tutti troppo imbrigliati a occuparsi degli affari propri. Per capire che la Sars non era solo un lontano squillo di tromba di un’epidemia troppo veloce a dissolversi. Che Ebola non era solo l’incubo di un continente abbandonato come l’Africa. E che lo “Spillover”, il salto di specie nella contaminazione da animali a umani raccontato dal giornalista e scrittore americano David Quammen nel suo profetico, straordinario libro tradotto da Luigi Civalleri per Adelphi nel 2014, era già avvenuto. E si sarebbe ripetuto.

Così, dopo avere fatto grandi sogni per un radioso 2020, dopo aver intasato i social network di angosciate riflessioni sul perché è sempre più difficile trovare il vero amore, o aver lasciato passare con indifferenza colpevole le fake news più improbabili e scandalose, un giorno ci siamo risvegliati nel bel mezzo di una pandemia. Sbeffeggiati, nelle nostre certezze da Occidente ricco e viziato, dal fatto che Sars, Coronavirus e altre schifezze portate da pipistrelli, serpenti, zibetti, civette delle palme, sarebbero stati sempre e comunque un problema di certi Paesi magari ricchi, in via di evoluzione. Ma non certo capaci di stare al nostro livello di civiltà e organizzazione sociale.

E adesso che stiamo combattendo con un virus dall’aspetto di una pallina bitorzoluta, capace di scatenare la fantasia di fior di disegnatori, che si sono sbizzarriti a trasformarlo in personaggio da comics, ci chiediamo: come ha fatto a sorprenderci così? Ancora una volta, le risposte giuste arrivano da un e-book, appena pubblicato da Adelphi nella sua nuova collana digitale Microgrammi, a firma di David Quammen. Si intitola “Perché non eravamo pronti”, l’ha tradotto Milena Zemira Ciccimarra (euro 1,99).

David Quammen, dialogando con il medico epidemiologo Ali S. Khan, che ha seguire da vicino il diffondersi di virus come Ebola, Sars, febbre emoragica Crimnea-Congo, non concede ai suoi lettori grandi illusioni. Come sempre fa, con grande onestà. Perché mette subito in chiaro che tutti i governanti dei Paesi più importanti del mondo, dagli Stati Uniti in giù, sapevano da tempo che un’epidemia mondiale era da prevedere e da prevenire. Ma non hanno fatto niente per attivare quello che Beth Cameron, ex capo del Directorate for Global Health Security and Biodefense del National Security Council, definisce il “rilevatore di fumo”.

In pratica, abbiamo lasciato che le batterie del nostro rilevatore di fumo si scaricassero. E dal momento che non abbiamo nemmeno usato l’immaginazione, per costruire una strategia non che impedisse il diffondersi del contagio, ma che studiasse come evitare la sua trasformazione in epidemia diffusa. In pandemia. Sapevamo come il Coronavirus ci avrebbe colpito. E anche da dove si sarebbe diffuso il focolaio dell’infezione. Dal momento che la Sars aveva già messo in guardia tutti quelli che si illudevano sulla scarsissima probabilità che certi virus potessero fare lo “spillover”, Il salto dagli animali agli umani.

Ma com’è possibile che il mondo si sia lasciato cogliere di sorpresa? Semplice, risponde Dennis Carroll, virologo che ha diretto per oltre 15 anni un’unità anti-pandemie per la United States Agency for International Development. Investire centinaia di migliaia di dollari, o di euro, per finanziare la scoperta di nuovi virus potenzialmente pericolosi per l’uomo non fa audience. Anzi. “La comunità globale fa davvero molta fatica a investire in quello che si può considerare rischio”. Se durante il mandato di un presidente, o di un governo, non si verifica nessuna pandemia, su quella scelta, finanziata da soldi pubblici, pioveranno critiche come se diluviasse. Se la minaccia non è chiara, e bussa direttamente alla porta di casa tua, si preferirà contare sulla buona sorte. O promuovere qualche processione con le immagini sacre in testa, qualche benedizione di massa o rito sciamanico che dir si voglia, sperando di cavarsela a buon mercato. Come si faceva nei secoli bui.

A David Quammen, Ali Khan fornisce risposte chiare e inequivocabili: “È giunto il momento per noi di smetterla di considerare la sanità pubblica come un martelletto di sicurezza, con sotto la scritta ‘In caso di emergenza rompere il vetro’. Dobbiamo investire nelle misure di prevenzione per rafforzare le nostre comunità contro quest’incubo”. E ciò significa finanziare la ricerca in modo serio, per scoprire e prevenire nuovi virus; un vigile controllo continuo degli spillover che si verificano nel mondo; test diagnostici efficaci e in gran numero; strutture mediche pronte a reagire a emergenze improvvise; filiere agili per la produzione e distribuzione di protezioni individuali e respiratori; pianificazione coordinata tra regioni, Stati e agenzie internazionali per contenere catastrofiche infezioni; migliore amministrazione della sanità pubblica e finanziamenti sicuri; educazione della collettività a saper affrontare le misure di restrizione alla libertà personale nel momento in cui la diffusione del virus si faccia minacciosa.

Ma tutto questo richiede, come base, una ragionamento forte ed esplosivo su chi si prende la responsabilità di rappresentare la collettività all’interno degli organi amministrativi e politici. Perché non si può più tollerare che vengano spesi miliardi nell’acquisto di aerei da guerra. E poi scoprire che gli ospedali sono sprovvisti di tutto quello che è necessario per evitare il massacro di vite a cui stiamo assistendo. Il nostro viziato mondo, che piange sugli aperitivi negati nei giorni di quarantena e si aggrappa a uno sterile ribellismo, deve prepararsi a crescere. Aprire bene gli occhi e capire che la pandemia da Civid-19 può essere solo la prima di una lunga, tenebrosa serie. D’ora in poi, dovremo impegnarci tutti a cambiare la gestione della realtà. Ci riguarda da molto vicino,.

<Alessandro Mezzena Lona<

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