• 20/01/2021

Antonella Lattanzi, il cuore oscuro di una realtà scintillante

Antonella Lattanzi, il cuore oscuro di una realtà scintillante

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Quante verità trovano spazio dentro di noi. Quante vite potremmo vivere, se solo il baricentro della nostra quotidianità si spostasse di qualche passo. Perché, spesso, crediamo di conoscere tutto dei nostri pensieri, delle fantasie che ci accompagnano, delle paure che non confessiamo mai e delle certezze a cui ci aggrappiamo con forza. Però, non ci rendiamo conto che anche un minimo cambiamento di percorso ci può spingere verso altri orizzonti. Verso possibilità del tutto diverse. Verso un’esistenza da reinventare. Come capita ai personaggi che si muovono nei romanzi di Antonella Lattanzi.

Già in “Una storia nera”, pubblicato nel 2017 da Mondadori e diventato subito un piccolo caso editoriale, con traduzioni in una decina di Paesi sparsi nel mondo, Antonella Lattanzi andava a esplorare le zone grigie di una vita apparentemente del tutto normale. Ma adesso la scrittrice nata a Bari, che vive a Roma, ha debuttato in maniera folgorante nel 2010 con “Devozione” (Einaudi Stile Libero) e ha scritto la sceneggiatura per alcuni film di successo, ha voluto incamminarsi su un sentiero ancora più impervio e scivoloso. Perché il suo nuovo romanzo,“Questo giorno che incombe”, pubblicato da HarperCollins (pagg. 457, euro 19,50), parte da un ricordo personale. Una storia che ha lasciato scorie luminose nella memoria, anche se è rimasto lì, inerte, ad aspettare che arrivasse il suo turno di riaffiorare. Di farsi ascoltare.

“Nessuno può restare incolume sotto gli attacchi implacabili della realtà”. È da lì che è partita Antonella Lattanzi. Perché, per anni, si è portata dentro il ricordo di quello che tutti chiamavano semplicemente “l’incidente”. Un episodio legato agli anni dell’infanzia, quando aveva otto mesi, sua sorella quattro anni, e viveva con la famiglia in un palazzo di Bari. “I genitori di tutti i bambini del nostro condominio, mia madre compresa, non ci facevano mai scendere in cortile da soli. Dovevamo rimanere sempre a portata di occhi e orecchie”.

“L’incidente” ha lasciato tracce profonde nella memoria della scrittrice. Soprattutto per quel clima di sospetto che non risparmiava nessuno. “Vedevo chiaramente che c’erano mogli che non si fidavano a lasciare i figli coi mariti, o mariti che non lasciavano mai soli i figli con le mogli”, scrive Antonella Lattanzi. Qualcuno era riuscito a scardinare, a sbriciolare il senso di fiducia nei confronti degli altri. E lei,  per lunghi anni ,ha voluto indagare sull’episodio di cronaca che stava dietro quel clima di sospetto. Interrogando i proprio genitori, andando a rivedere i luoghi della sua infanzia.

Solo la fantasia poteva andare al di là delle insufficienti parole raccolte dai testimoni del tempo. Ed è da lì, dalle domande a cui nessuno ha saputo, o voluto rispondere, che prende le mosse “Questo giorno che incombe”. Mutando il ricordo in un romanzo, del tutto libero di seguire la sua traiettoria.

Al centro della storia c’è una donna. Una giovane mamma, Francesca, bella e felice. Al punto da rinunciare a una promettente carriera di grafica a Milano, e di disegnatrice/scrittrice di libri per ragazzi, per seguire suo marito Massimo a Roma. Dove l’Università sempre pronta a spalancargli davanti una prestigioso percorso di docente, che potrebbe portarlo addirittura a un incarico importantissimo a Roma. Lei, si occuperà a tempo pieno delle figlie, Angela e Emma, mentre tenterà di mettere assieme un nuovo libro, che ha promesso alla sua casa editrice.

Per quella nuova vita, la famiglia Ferrario sceglie un luogo incantato alle porte di Roma. Lo chiamano Il Giardino, perché il grande condominio che hanno costruito attorno a un reticolo di strade, intitolate a personalità del mondo dello spettacolo e del cinema, è attorniato da giardini, alberi a perdita d’occhio. Un lussureggiare di verde che sembra in grado di cancellare l’immagine della città caotica e inquinata che si estende poco più in là. E, in quel mondo a parte, anche chi ci abita si sente tassello di una comunità del tutto speciale. Dove tutti conoscono tutti, e si aiutano, e chiacchierano, sorridono, non hanno tende alle finestre, perché non serve nascondere nulla alle persone con cui ti senti in sintonia perfetta.

Ma la fine del “giorno che incombe”, come scriveva William Shakespeare nel suo “Giulio Cesare”, è nota. Perché dietro la perfezione del Giardino di Roma si nascondono tutte le ombre di un’umanità che recita il ruolo della comunità felice, ben sapendo che il Bene e il Male sono fratelli gemelli. E che l’uno non può stare senza l’altro. Così mentre Francesca scivola lentamente in un’ovattata depressione, che la porta a trasformare la Casa nella sua confidente perfetta, visto che non ha amiche con cui chiacchierare e il marito è sempre più assorbito dal suo lavoro, improvvisamente il mondo perfetto si risveglia nel bel mezzo di un incubo. Quando scompare Teresa, l’amica del cuore di Angela, la facciata levigata, piena di colori, sempre illuminata dal sole della comunità alle porte della capitale, si riempie delle ombre inquiete che sussurrano retroscena paurosi.

Colta da vuoti di memoria, attratta dall’unico inquilino che gli altri inquilini guardano con sospetto, perché non vuole integrarsi con i ritmi perfetti della comunità, straziata da giornate dedicate troppo alle figlie e quasi niente a se stessa, Francesca si troverà a scoprire in fretta la malvagità che sta dietro i sorrisi. L’intolleranza che si nasconde nella disponibilità. Dovrà rifare i conti con le proprie certezze, rischiando più volte di precipitare in un abisso abitato da sospetti e paranoiche suggestioni. Sara costretta a cercare l’ombra del mostro dentro casa, non più al di là del cancello rosso che separa il suo mondo da quello che sta al di fuori.

Romanzo forte, a tratti impietoso nel tratteggiare una società sempre pronta a condannare “l’altro”, strutturato su un ritmo dall’equilibrio perfetto, “Questo giorno che incombe” porta le suggestioni e la forza dirompente di certa narrativa di genere (come non notare gli omaggi allo Stephen King di “Shining” e di “Misery non deve morire”?) dentro una struttura letteraria di grande qualità. Dove i personaggi non sono mai esili figurine di carta, ma si impongono con la loro strutturata personalità, spesso con una studiata ambiguità. Tenendo la scena per oltre 400 pagine senza mai perdere di credibilità.

Capace di scrutare con sguardo implacabile la realtà, che si rivela mostruosa proprio quando si sforza di essere più normale, “Questo giorno che incombe” conferma la straordinaria capacità che ha Antonella Lattanzi di trovare la lingua giusta per raccontare ogni volta una storia diversa. Se “Devozione” impastava le parole brutali, urticanti del mondo di due giovani eroinomani, per distillare una vicenda potente come un lunghissimo tuono, questa volta la scrittrice adegua il suo stile a una narrazione che alterna pagine di incantato narrare a improvvise, adrenaliniche accelerazioni. Dove il ritmo indiavolato del racconto non permette mai alle parole di andare fuori fuoco, di perdere la loro aderenza con quello che accade sotto gli occhi del lettore.

Sarà questo il romanzo che consacrerà Antonella Lattanzi come una delle voci più originali e forti della narrativa italiana? C’è da augurarselo. Perché lei, dopo aver dimostrato in quattro romanzi tutto l’impegno e la passione che dedica alla scrittura, è pronta per vincere un importante premio letterario.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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