• 26/02/2021

Siri Jacobsen, se i mari raccontano la nostra estinzione

Siri Jacobsen, se i mari raccontano la nostra estinzione

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Un dialogo tra sorelle. Un intrecciarsi di ricordi, nostalgia, sogni, momenti di allegria e di malinconia. Normalissimo se una vive a migliaia di chilometri dall’altra. Ma a leggere bene le parole, a soffermarsi sul significato di quello che M. e A. si dicono, è facile intuire che Siri Ranva Hjelm Jacobsen abbia voluto costruire uno scambio di messaggi a distanza tra due personaggi davvero originali.

Sono due grandi distese d’acqua a parlare. Una, Atlantica, ha centottanta milioni di anni. Lei c’era già quando il pianeta Terra era formato soprattutto da acqua. Proprio per questo niente riesce più a sorprenderla. Mediterranea, invece, è una ragazzina, al confronto, con i suoi cinque milioni di anni. Adora scintillare e ha una preferenza per tutti quelli che trovano il coraggio di osare. Primo fra tutti Icaro, ma anche quei grandi banchi di animali che si spostano nella corrente.

Tutte e due le sorelle cullano un grande sogno. O, forse, sarebbe meglio dire una certezza. Tra non molto, “grandi foreste ricresceranno in noi, fitte e nere di nutrimento. Pensa a questo. Pensa che saremo l’unico suono al mondo”.

Ecco, il fascino discreto di “Lettere tra due mari”, tradotto con amore da Maria Valeria D’Avino per la casa editrice Iperborea (euro 14) sta tutto qui. Sì, perché Siri Jacobsen avrebbe potuto scrivere un romanzo catastrofista. Uno di quelli dove il messaggio ecologista fosse sbattuto in faccia al lettore con tutta la sua forza. Perché non è più un segreto che l’umanità stia correndo allegramente incontro alla sua estinzione. Dopo aver brutalizzato la Terra in tutti i modi. Basta leggere “E se smettessimo di fingere?” dello scrittore americano Jonathan Franzen (in questo blog Arcane Storie il 20 novembre del 2020 “Jonathan Franzen, raccontare bugie non salverà la Terra”).

E invece, no. La scrittrice che è cresciuta in Danimarca in una famiglia originaria delle Isole Faroe, e che ha debuttato nel 2019 con il bellissimo romanzo “Isola”, ha preferito affrontare gli stessi temi con l’intuizione, mai fuori misura, di far dialogare due personaggi all’apparenza in perfetta sintonia. Ma, in realtà, profondamente diversi. Atlantica, infatti, mette in campo tutta la ruvidezza di chi ha viste passare sotto gli occhi stranezze di tutti i tipi: “Quanto alle stagioni, è un argomento su cui fatico a concentrarmi. Sono lì, a volte cambiano posto. Io seguo la notte con lo sguardo, vedo passare i pianeti. Le nebbie lassù, arancioni e rosate. Alghe lucenti nell’acqua nera. Sogno la sfera a specchio che la Terra diventerà, quando torneremo a incontrarci”. Ma non può fare a meno di sintonizzarsi con la sorella Mediterranea nel sentire “il tuo dolore” per le creature viventi che abitano il pianeta.

Mediterranea non può starsene lì a gioire per il cataclisma che riporterà le acque dei mari a sommergere le terre emerse, e a incontrarsi di nuovo. “Una volta ho svelato tutto il piano – scrive alla sorella – a una creatura, ma cosa vuoi che abbia capito?”. Lei ama la vita, non può dimenticare l’ardito volo tentato dal primo uomo con delle ali troppo fragili per resistere al calore del sole. Sogno scintillante e fatale a cui il poeta americano William Carlos Williams ha dedicato versi stupendi: “A splash quite unnoticed this was Icarus drowning-Un tonfo del tutto inosservato era Icaro che stava annegando”. Eppure, non può tacere che tutto “sia sempre più difficile, sorella. Non sono più io. Mi riempiono ogni giorno di cose estranee e inanimate, me le ficcano dentro. Sarà una forma di vendetta?”.

Usando al meglio la tecnica del racconto epistolare, come aveva fatto in “Corrispondenza tra due mari” nel volume “Barcolana un mare di racconti (Giunti Editore), Siri Ranva Hjelm Jacobsen fa rivivere il mito della grande Madre Terra in tutto il suo splendore. Seguendo la voce di chi è stato testimone del tempo in cui il pianeta blu era un’unica, felice distesa d’acqua. Eppure, non può negare che l’idea di veder sparire molte forme di vita appare come “un’idea terribilmente desolata”. Perché Mediterranea sa che, in quel momento, niente sarà più com’è stato. “Sorella, sono il mio volto? Lo riconoscerò, quando non sarò più me stessa? Sentirò ancora il mio volto di un tempo, come uno strato di pelle sotto quello nuovo? Sono questi i miei dubbi… Negli ultimi tempi penso spesso questo: che il mio io, quando lo lascerò, rimarrà solo”.

Accompagnato dagli emozionali disegni dell’artista danese Dorte Naomi, “Lettere tra due mari” è un piccolo gioiello di narrativa filosofica. Dove le parole fanno posto all’inquietudine, al dubbio, ai silenzi delle cose difficili da dire. Ma anche all’ironia, al sogno, a uno sguardo poetico su tutto quello che è stato e che sarà. Siri Jacobsen dimostra, con questo dialogo tra due personaggi mitici, archetipici, che si può attirare lo sguardo sulla realtà, e sui problemi più gravi che la assillano, senza mai allontanarsi dal proprio immaginario. Anzi, lasciando che sia la fantasia a dettare i tempi e il ritmo di una possibile discussione. Perché la letteratura è questo.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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