• 29/03/2022

Alba de Céspedes, lo stile e il fascino di un debutto ritrovato

Alba de Céspedes, lo stile e il fascino di un debutto ritrovato

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“Lo stile è tutto”, non aveva dubbi Alba de Céspedes. Quando parlava di letteratura, del mestiere di scrivere, non era disposta a fare sconti a nessuno. “Io riscrivo i miei libri tantissime volte. Ciò che viene di getto non va mai bene, bisogna limare all’infinito”. E, se non bastasse, chiariva ulteriormente: “Per scrivere qualcosa di serio bisogna dare la vita. Perché che senso ha pavoneggiarsi per aver pubblicato un libretto, scritto in quattro e quattr’otto, un romanzetto che non resisterà più di qualche mese?”.

Erano gli anni Ottanta. Alba de Céspedes aveva già pubblicato tutti i suoi libri migliori: da “Nessuno torna indietro” a “Quaderno proibito”, da “La bambolona” a “Dalla parte di lei”. Fino a “Nel buio della notte” del 1972. Ma si era soffermata volentieri a rispondere alle domande di una giornalista del “Messaggero” di Roma: Sandra Petrignani. Che avrebbe pubblicato, poi, quella e altre interviste a Elsa Morante e Anna Banti, Lalla Romano e Anna Maria Ortese, Fausta Cialente e Paola Masino, Natalia Ginzburg e Livia De Stefani, Laudomia Bonanni e Maria Bellonci, nel libro “Le signore della scrittura” pubblicato da La Tartaruga nel 1984. E ripreso adesso, con un’aggiornata prefazione dell’autrice, dalla nuova casa editrice La Tartaruga (pagg. 142, euro 17).

Non si può certo dire che Alba de Céspedes, come molte delle signore della scrittura italiana, sia sparita dai radar dei lettori. Anche se, tempo fa, un editore piuttosto conosciuto ha pensato bene, anzi male, di confessare che lui non ricordava altre ottime narratrici del passato, se non Natalia Ginzburg e Elsa Morante. A rinfrescargli la memoria, sarebbe bastato il catalogo dei Meridiani Mondadori. Dove, già nel 2011, è apparso un volume delle Opere della scrittrice nata a Roma nel 1911, e morta a Parigi nel 1997, figlia dell’ambasciatore di Cuba in Italia Carlos Manuel de Céspedes y Quesada. Un vero e proprio “greatest hits” cartaceo, curato da Marina Zancan, in cui compaiono “Nessuno torna indietro”, “Dalla parte di lei”, “Quaderno proibito”, “Nel buio della notte” e “Con grande amore”.

Qualcuno potrebbe chiedersi: ma che senso ha parlare proprio adesso di Alba de Céspedes? Dal momento che di ottime scrittrici italiane contemporanee ce ne sono parecchie. Semplice: la casa editrice Cliquot di Roma ha il grande merito di avere recuperato, e pubblicato, “L’anima degli altri” (pagg. 135, euro 16). Ovvero, il libro di debutto della scrittrice. Apparso nel 1935 per i tipi dell’editore romano Maglione e, poi, mai più riproposto. A introdurre la nuova edizione del volumetto è la giornalista e scrittrice Loredana Lipperini, che fin dalle prime righe mette a fuoco una sua convinzione assolutamente condivisibile: l’autrice di questi diciotto racconti “dovrebbe essere un’icona”.

Alba de Céspedes stessa raccontava a Sandra Petrignani com’erano nate queste novelle- “Le mandai al ‘Giornale d’Italia’, proprio perché mi ero affezionata alla sua tipografia. Mi piaceva in modo enorme l’odore di inchiostro che emanava da quelle stanze al piano terra. Allora mi attaccavo alle sbarre delle finestre per sentirlo meglio. Furono pubblicate. E fui anche pagata! Presto sono stata assunta come collaboratrice”.

Ma perché Loredana Lipperini dice che Alba de Céspedes dovrebbe essere un’icona? Non solo per i suoi libri più famosi, accompagnati da un grandissimo successo negli anni della loro pubblicazione. Ma soprattutto per la qualità dei testi che la scrittrice romana ha sempre consegnato agli editori. Fin dalle primissime novelle. Piccole storie, quelle de “L’anima degli altri”, di cui è impossibile non innamorarsi per la loro lingua raffinata, pulita, elegante e tagliente al tempo stesso, per la modernità assoluta delle storie, che non sono invecchiate. E per il coraggio di raccontare la società, i rapporti tra donne e uomini, i tradimenti d’amore, con grandissima libertà e lucidità mentre sull’Italia era calata da tempo la cappa oscura del fascismo, che di lì a tre anni avrebbe promulgato le leggi razziali per perseguitare gli ebrei.

Diciotto storie, si diceva, in cui Alba de Céspedes cesella la condizione umana. Sfoderando una maturità di giudizio e di osservazione sorprendenti, se si considera che allora aveva appena 24 anni. E che nove anni prima si era sposata con il nobile romano Giuseppe Antamoro, dal quale avrebbe avuto un bambino nel 1928. Mamma, quindi, ad appena 17 anni di Franco Antamoro, con cui ha sempre dichiarato di avere avuto un “rapporto bellissimo, molto poco tradizionale”. Scherzando, poi, sul fatto che lei, ex partigiana e ammiratrice incondizionata di Fidel Castro, si trovasse a dialogare con un figlio “reazionario terribile”.

Nelle diciotto storie de “L’anima degli altri”, Alba de Céspedes dimostrava di avere già ben chiare le idee sulla letteratura, sulla società, sui rapporti di forza e debolezza tra uomini e donne, sull’amore e il disamore. Con uno stile lucido, netto, mai supino alle arzigogolature mentali, metteva in scena l’arcano rapporto tra lo scrittore, i suoi personaggi e i lettori che finiscono per immedesimarsi in loro (“Un ladro”); raccontava i turbamenti carnali e mentali dell’adolescenza maschile nei confronti del corpo femminile (“La camicia da sposa”); costruiva piccoli, geniali thriller sentimentali basati sul tradimento di coppia (“Il tempio chiuso” e “Il dubbio”); rifletteva, senza concedere troppe illusioni, su quanto sia difficile aggrapparsi alla fede quando la vita fa vedere il suo volto più crudele (“Il miracolo”).

“L’anima degli altri” è una miniera di piccoli gioielli narrativi. Come “Serenità”, storia d’amore impossibile tra due vecchi ridotti in miseria che trovano tra loro una sintonia capace di sfidare i pregiudizi degli altri. Come “La casa sul laghetto azzurro”, in cui la felicità si nutre di momenti preziosi, di piccoli gesti, ridicolizzando chi crede che l’avere conti più dell’essere. O come “Signorina Teresa”, dove la Morte fa scoprire alla sorella viva e piena di sé che l’altra, la mite e scialba figura di casa ormai scomparsa, in realtà era stata protagonista di una travolgente storia d’amore. Mai confessata a nessuno.

Lo stile è tutto, diceva Alba de Céspedes. Ma anche la forza delle storie, che rendono questo dimenticato libro di debutto una lettura emozionante. Perché “L’anima degli altri” parla a noi lettori del terzo millennio come se non fossero trascorsi 87 anni dalla sua prima pubblicazione. Come se il tempo si fosse fermato.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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