• 27/05/2022

Premio Campiello 60, mica semplice scegliere la cinquina

Premio Campiello 60, mica semplice scegliere la cinquina

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Una cosa è certa: il Campiello non finisce mai di sorprendere. Neanche il tempo di salutare l’ingresso tra i finalisti di un romanzo pubblicato da Adelphi, che mancava dal 2006 quando venne incoronato Salvatore Niffoi con “La vedova scalza”, che la Giuria dei Letterati si è lanciata in una lunghissima serie di votazioni. Una più ingarbugliata dell’altra. Da cui, alla fine, sono usciti i cinque libri finalisti. Tanto da far perdere la tramontana perfino al bravo presentatore della mattinata a Palazzo Bo di Padova, Giancarlo Leone. Che, alle soglie della decima tornata di preferenze rischiava di non ricordare che i giurati avevano già indicato per tre volte l’ultimo libro mancante.  Senbza raggiungere la soglia di preferenze richiesta. E che, a quel punto, bisognava andare al ballottaggio tra Elena Stancanelli e Alessandra Sarchi. Pena l’annullamento della complessa procedura per arrivare a esprimere la cinquina dell’edizione numero 60 del Premio voluto da Confindustria Veneto.

E quindi? Alla fine, il tanto sospirato verdetto è arrivato. I cinque finalisti sono Antonio Pascale con “La foglia di fico. Storie di alberi, donne, uomini” (Einaudi), entrato subito in finale alla prima votazione con sette voti. Poi, alla terza tornata, è toccato a Fabio Bacà con la sua opera seconda “Nova” (Adelphi), dopo l’apprezzabile esordio con “Benevolenza cosmica”, che ha intascato ben otto voti. Ancora una fumata grigia prima di veder acclamare Daniela Ranieri e il suo “Stradario aggiornato di tutti i miei baci” (Ponte alle Grazie). Alla settima chiamata dei giurati è emerso Bernardo Zannoni, molto apprezzato per “I miei stupidi intenti” (Sellerio). A quel punto, i Letterati hanno iniziato a chiudersi a guscio. Continuando a votare con grande testardaggine gli scrittori che preferivano. Soltanto quando è stato chiamato il ballottaggio, Elena Stancanelli con “Il tuffatore” (La nave di Teseo) ha bruciato per due voti Alessandra Sarchi con “Via da qui” (minimum fax), che era già entrata nella cinquina dei finalisti nel 2017 con il romanzo “La notte ha la mia voce”.

Adesso, una lunga estate di lettura aspetta i 300 giurati popolari che sabato 3 settembre, al Teatro La Fenice di Venezia, dovranno scegliere chi tra questi cinque scrittori vincerà la sessantesima edizione del Premio. Intanto, una scrittrice che gioisce c’è già: è Francesca Valente, debuttante per Einaudi con il romanzo “Altro nulla da segnalare”, che ha conquistato l’Opera Prima. E la sua è stata una vittoria in un certo senso inaspettata, visto che c’erano altri libri e altri scrittori accreditati come favoriti. Dopo il Calvino 2021, vero e proprio laboratorio di talenti futuri, anche la giuria del Campiello si è innamorata di questa storia del tutto aliena dai prodotti editoriali che dominano le classifiche di vendita. Visto che intreccia storie di pazienti psichiatrici e di infermieri che lavorano in un reparto aperto di un grande ospedale italiano.

Ma che annata è stata quella letteraria del 2021-2022? I 360 libri che sono approdati al Campiello, poi scremati a 150 e infine ammessi al giudizio della Giuria dei Letterati nel numero ridotto di 78, hanno fornito una risposta forte e chiara. Sottolineata da Daria Galateria che ,a nome dei colleghi giurati, ha tracciato una mappa ideale della produzione narrativa italiana. “Temevamo che un’esperienza forte come quella della pandemia, della diffusione mondiale di un virus, avrebbe condizionato gli scrittori. Invece, per fortuna, ognuno è andato per la sua strada. Evitando di tracciare sommari e affrettati bilanci di un’esperienza così inedita e forte”.

Come dire che, ancora una volta, la creatività ha superato la realtà. E che la voglia di raccontare storie ha preferito lasciare in un angolino l’urgenza di confrontarsi a tutti i costi con la quotidianità. Peraltro, già ampiamente capace di dilagare sulle pagine dei giornali e nei notiziari radiofonici o televisivi. Antonio Pascale, ad esempio, ha voluto raccontare ne “La foglia di fico”, romanzo accompagnato dalle illustrazioni di Stefano Faravelli, la storia di un personaggio che più vive più dimentica. E che soltanto nel rapporto con gli alberi, nella ricerca della felicità attraverso le piante, riuscirà a trovare una risposta alle proprie incertezze. Fabio Bacà, in “Nova”, esplora invece i territori oscuri di quel potere esorcizzato, trattenuto, sedato, che è la violenza, attraverso il personaggio di un neurochirurgo votato al bene e di un misterioso monaco zen che prova a insegnargli come controllare e gestire le proprie peggiori pulsioni emozionali.

Daniela Ranieri, che ha alle spalle studi di Antropologia culturale, ma anche altre tre romanzi e un percorso di commentatrice politica per “Il Fatto Quotidiano”, mette in scena nello “Stradario aggiornato di tutti i miei baci” una donna che aggiorna in continuazione la mappa delle proprie ossessioni. Debuttante con “I miei stupidi intenti”, arrivato in finale al Campiello a 27 anni, Bernardo Zannoni prende come punto di riferimento del suo romanzo una faina. Costruendo attorno a lei un mondo che assomiglia tanto al nostro, anche se lo sguardo con cui Archy osserva la realtà è del tutto originale e laterale. Elena Stancanelli, finalista al Premio Strega nel 2016 con “La femmina nuda” ripercorre nel suo “Tuffatore” la vita scandita dalla ricerca dell’eleganza e un’elevata passione per il rischio di Raul Gardini, l’imprenditore alla guida prima del gruppo Ferruzzi e poi della Montedison, morto suicida il 23 luglio del 1993.

Questo è il responso della Giuria dei Letterati. Ma il bello del Campiello è che, nella serata del 3 settembre a Venezia, i giurati popolari potrebbero ribaltare completamente il verdetto. Anche perché lo sa bene chi segue il Premio da tempo: lo scrittore che trionfa nella prima tornata di Padova, deve sudare sette camicie per uscire vincitore dalla notte della finale. Vero è che molti dei Letterati, da Roberto Vecchioni a Lorenzo Tomasin, hanno insistito con enfasi sul fatto di essersi rifiutati di ascoltare i sussurri, i suggerimenti, le richieste arrivate da più parti per far entrare in cinquina un libro piuttosto di un altro. “Non abbiamo risposto a certe telefonate”. E questo è un gesto di grande amore per la scrittura, per la letteratura. Per chi, insomma, si spacca la testa per scrivere un libro che abbia un senso. Evitando con cura certi palcoscenici che danno una troppo facile e, purtroppo, irresistibile notorietà.

“Qui contano le voci, le storie”, ha spiegato Daniela Brogi. Del resto, lei insegna Letteratura italiana contemporanea all’Università per stranieri di Siena. Normale e giusto che i libri, quelli belli, ma anche tutti gli altri, le interessino più dell’inutile chiacchiericcio che sta attorno ai premi.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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