• 24/08/2018

Siberia, il male di vivere ha i colori del pop

Siberia, il male di vivere ha i colori del pop

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Per il momento è solo un sogno. Ma sarebbe bello se tanti dj si innamorassero della loro musica. E facessero passare le canzoni dei Siberia nei programmi più ascoltati delle radio più popolari. Perché, così, la band di Livorno potrebbe diventare capofila del nuovo pop italiano. Di quel sound, il loro sound, che affonda le radici nella new wave britannica, dichiara un amore sviscerato per i Joy Division, ma non dimentica la lezione di grandi personaggi della scena nostrana come Luigi Tenco, Fabrizio De André, Franco Battiato. Accettando, senza imbarazzi, di essere considerati un po’ gli allievi prediletti dei Baustelle, forse il gruppo più intelligente e coraggioso apparso in Italia negli ultimi vent’anni.

I Siberia prendono il loro nome dalle suggestioni provate leggendo “Educazione siberiana” di Nicolai Lilin. Hanno come centro di gravità Livorno, la città italiana che, da sempre, è simbolo e paradigma dell’accoglienza, visto che è fondata sulle Leggi Livornine. Ovvero uno statuto che prevedeva di accettare all’interno della comunità chiunque avesse dei trascorsi con la legge, oppure fosse in fuga, in esilio, in rotta con il proprio Paese d’origine. A scrivere i testi, cantare e suonare la chitarra è Eugenio Sournia, Cristiano Sbolci Tortoli suona il basso, Luca Pascual Mele la batteria e Matteo D’Angelo la chitarra. Due anni fa hanno inciso il album d’esordio con Maciste Dischi, “In un sogno è la mia patria”. Undici canzoni, tra cui le splendide “Patria” e “Un speranza”, che tracciavano già la rotta, anche se si concedevano qualche tentennamento.

Da qualche mese, i Siberia stanno portando in giro in tour i brani del nuovo album: “Si vuole scappare”, inciso sempre per Maciste Dischi. Nove brani per 32 minuti di musica in cui le frontiere sonore della band diventano molto più nitide e luminose. Perché i quattro livornesi non rinnegano l’amore viscerale per la new wave e per i Joy Division. Ma fanno capire fin dalle prime note di “Nuovo pop italiano”, il brano che apre la scaletta del nuovo disco, di voler elaborare un percorso sonoro del tutto personale. Così, la voce di Eugenio Sournia diventa lo strumento in più capace di dare ai testi la forza della malinconia, il ruggito della rabbia, il sussurro della poesia, il mormorio della meditazione davanti ai mille problemi del vivere. Al male di vivere.

Sotto gli occhi attenti del produttore Federico Nardelli, i Siberia sono riusciti a distillare un album in cui ogni singolo pezzo potrebbe diventare una hit. E se “Cuore di rovo” parte come una dolente ballata per poi assumere la forza trascinante del pezzi synth-pop che scrivevano band ingiustamente dimenticate come i Kitchens of Distinction, “Yamamoto”, che rende omaggio nel nome allo stilista giapponese, è una travolgente riflessione sul presente, tra skate park, suggestioni cinematografiche, difficoltà a saper dare forma ai sentimenti e voglia di lasciarsi prendere prigionieri della tristezza alle pendici della vita: “Sono finite le canzoni che mi facevano star male, questa moda dei ’90 e il desiderio dell’infanzia”.

In “Strangers in the fields of love” si specchia tutta la difficoltà dell’oggi di sapersi confrontare con una parola ingombrante come amore: “Nello sguardo in cui io le vedevo l’anima c’è un torrente che trabocca verità”. Ad irrobustire il canto emozionale, sullo sfondo del brano gorgoglia un tappeto di chitarre che farebbe la gioia di The Edge degli U2. “Ginevra” e “Epica del dolore” sono, poi, la spina dorsale di “Si vuole scappare”: una rombante, l’altra in sordina. Entrambi centrate sui sogni perduti, sul confronto difficile con un mondo che non fa sconti a nessuno: “Fiore che guardi immobile la vita mentre va”.

A correre veloci verso la fine di questo progetto musicale sono gli ultimi tre brani: “Chiusi nell’hotel”, che racconta la difficoltà di liberarsi della sindrome dell’adolescenza, “Tramonto per sempre”, con un intro di chitarra molto dark e un testo che si muove tra improvvise illuminazioni e il richiamo forte della penombra: “Quando avrai conosciuto il dolore leverai le radici dal mare, volerai come schiuma nel vento, forse allora mi vorrai incontrare. Far accettare l’amore è un gioco vigliacco, devi nasconderlo come faresti con un veleno”. Ultima arriva “Ritornerà l’estate”, brumosa dedica a chi non ha paura di coltivare dentro di sé i fiori del male.

Cantati tutti in italiano, scritti in una lingua alta, elaborata, ricca di riferimenti colti ma anche molto pop, i nove brani di “Si vuole scappare” sono il biglietto da visita perfetto per i Siberia, che potrebbero abbandonare in fretta lo status di band di culto, di grande promessa della musica italiana, per diventare un piccolo fenomeno discografico. Meritatissimo. Che spazzerebbe via tanta paccottiglia sonora di cui sono intasati i programmi radiofonici. Quelli che loro chiamano “idioti della musica”.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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