• 02/12/2018

Peter Cameron: “Racconto la vita, prima che finisca in frantumi”

Peter Cameron: “Racconto la vita, prima che finisca in frantumi”

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Le storie di Peter Cameron assomigliano alla farfalla di Edward Lorenz. Quell’esserino fragile che, secondo il matematico e meteorologo inglese morto nel 2008, se batte le sue ali in Brasile può scatenare un tornado in Texas. Perché le vite dei personaggi dello scrittore americano di Pompton Plains bruciano in un equilibrio precario i loro giorni. Divorano un tempo dove tutto, in apparenza, sembra sotto controllo. Eppure, basta un banale inconveniente, una variazione di percorso, per spingere i loro passi verso il baratro. Rivelando, all’improvviso, quanto fasulla, rabberciata, pronta a franare in qualsiasi momento, sia quella stessa vita.

Amatissimo dai lettori italiani, oltre che dai registi (visto che quasi tutti i suoi libri sono stati portati sul grande schermo: basterà ricordare la versione filmica di “Quella sera dorata” di James Ivory e di “Un giorno questo dolore ti sarà utile” di Roberto Faenza), Peter Cameron non si stanca mai di raccontare i suoi personaggi guardando dietro il sipario delle loro vite. Portandoli a rinunciare alle maschere che indossano nella quotidianità per andare incontro all’imprevedibile. E dopo una serie di piccoli gioielli narrativi, come “Coral Glynn”, “Il weekend” e “Andorra”, ritorna adesso, per la gioia dei lettori italiani, con due racconti raccolti sotto il titolo “Gli inconvenienti della vita”, tradotti da Giuseppina Oneto per Adelphi (pagg. 122, euro 16).

Due storie, pubblicate in Italia in anteprima mondiale, che Peter Cameron costruisce attorno a personaggi diversissimi, almeno in apparenza. Nella prima, “La fine della mia vita a New York”, una scrittore di Tribeca capisce all’improvviso di non essere più in grado di gestire la propria esistenza dopo essere rimasto coinvolto in un incidente. Provocato da lui stesso, dalla sua ubriachezza. Perché si convince che “prima andava bene, andava bene tutto, anche se bevevi, era bello, no?”. Invece adesso, un evento banale, la rottura di un piatto, piccole frasi non dette dal suo compagno di vita, l’avvocato in carriera Stefano, l’assenza di un vero progetto letterario su cui concentrarsi, scavano dentro di lui, e attorno a lui, un abisso di malinconia e incertezza. Dal momento che “ci sono cose che non si possono aggiustare”. E tutti siamo “in attesa di romperci”.

E a far traballare l’equilibrio nella coppia di “Dopo l’inondazione” è l’ingresso, seppure temporaneo, di una famiglia di estranei nelle loro giornate tutte uguali. Gli Escobedo, infatti, hanno perso la casa dopo che il fiume, accanto al quale l’avevano costruita, ha superato gli argini e travolto tutto. Toccherà a Robert e a sua moglie ospitarli, anche per accogliere il desiderio del reverendo Judy, l’energica e invadente donna chiamata a guidare la chiesa di una spenta cittadina della provincia americana, che ripete sempre quanto sia importante per i buoni cristiani “compiere l’opera di Dio”.

Ma accogliere quei tre sconosciuti sotto il loro tetto innesca un cortocircuito che porterà i due coniugi ad allontanarsi dalla religione. E, poi, a mettere in discussione tutto il  “vivere fasullo, rabberciato, sempre lì lì per implodere o franare”, che fino a quel momento non gli aveva turbati. Riportando a galla un grande dolore, che si erano illusi di avere, se non cancellato, almeno smorzato

“Mentre stavo lavorando a un nuovo romanzo – spiega Peter Cameron, invitato a Milano dalla casa editrice Adelphi per presentare ‘Gli inconvenienti della vita’ -, che ha richiesto un lavoro molto lungo, mi sono concesso delle piccole deviazioni. Questi due racconti, appunto. Che non mi hanno impedito, comunque, di portare a termine la stesura del romanzo”.

C’è un grande feeling tra lei e i lettori italiani?

“Non è la prima volta che un mio libro esce in anteprima in Italia. Era già accaduto nel 2007 con ‘Un giorno questo dolore ti sarà utile’. Posso dire che ci sono più lettori dei miei libri qui, che negli Stati Uniti. E allora viene facile avere un rapporto molto bello e importante anche con il mio editore italiano, Adelphi“.

I due “Inconvenienti” raccontano vite diverse messe in crisi da dettagli non fondamentali…

“Ho scritto le storie nello stesso periodo della mia vita. E anche se i protagonisti dei racconti sembrano profondamente diversi, devo dire che hanno diversi aspetti del loro modo di essere in comune. Per esempio, nel vivere le emozioni. Nel percepire in maniera forte anche quelli che, secondo le persone accanto a loro, possono sembrare soltanto dettagli. Per questo mi sembrava giusto far dialogare le due vicende nel medesimo libro”.

Leggendo i suoi libri sembra che per Peter Cameron sia facilissimo scrivere romanzi, racconti. È così?

“Il problema è proprio questo: io cerco sempre di far arrivare al lettore testi che sembrano scritti come se, alle spalle, non ci fosse stato alcuno sforzo. Sono convinto che se dovesse trasparire la fatica, il tormento nella creazione, finirei per fare una pessima figura. La stesura dei miei libri richiede molto tempo proprio perché fino a quando non mi sembra che tutto sia al posto giusto, mi rifiuto di pensare alla pubblicazione. Nel caso di questi due racconti, per esempio, la genesi è stata piuttosto travagliata”.

Che cosa non funzionava?

“All’ìnizio pensavo di farne due racconti brevi. Poi ho cambiato idea, e mi sono detto che potevo anche trasformarli in un romanzo. Alla fine ho trovato questa lunghezza, un po’ insolita per me, della novella. Testimonia la lunga esplorazione che c’è stata dentro di me prima di trovare la forma giusta”.

Due vite banali scardinate da eventi non certo apocalittici?

“L’aspetto interessante, di questi due racconti, per me non è tanto quando si innesca la crisi, ma quello che succede dopo. Mi interessava raccontare, insomma, quali sono le reazioni dello scrittore e della moglie, ma anche dell’avvocato e del marito, nel momento in cui iniziano le difficoltà”.

Pensa che sia molto maschile il fatto di svicolare davanti al manifestarsi della realtà, nei suoi spetti meno gradevoli?

“Non credo sia un problema solo maschile. Forse per gli uomini è più difficile gestire le emozioni. Perché spesso non sono incoraggiati a farlo e, di conseguenza, non sono capaci di affrontarle. Mentre le donne sono più abituate ad ascoltare, a confrontarsi con le emozioni”.

In “Andorra” ha reinventato con la fantasia un luogo che esiste davvero. Lo farà ancora?

“Sì, direi proprio di sì. Il nuovo romanzo a a cui sto lavorando assomiglia al mio ‘Andorra’. È ambientato in un luogo reale che, però, in realtà si rivela altro. Perché ha in sé i connotati di un mondo immaginario”.

C’è uno scrittore poco noto in Italia che dovremmo leggere assolutamente?

“Tra i romanzi che ho letto recentemente vorrei segnalare senza dubbio ‘The friend’ di Sigrid Nunez. Con questo libro, che verrà pubblicato l’anno prossimo in Italia da Garzanti, la scrittrice statunitense ha vinto quest’anno il National Book Award. Posso dire che tutte le sue opere sono assolutamente affascinanti”.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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