• 11/12/2021

Cantami una ballata di Morte, e poi disegnala

Cantami una ballata di Morte, e poi disegnala

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Era il 1971. Ad aprire “Nursery crime”, l’album dei Genesis che avrebbe preceduto di due anni la trionfale uscita di “Selling England by the pound”, era un’ipnotica ballata. Si intitolava “The musical box”, aveva l’incedere del ritmo di un carillon caricato per addormentare un bambino. E cacciare dalla penombra della sua stanza l’ombra lunga degli incubi. Ma, in realtà, parlava di una storia tenebrosa. Raffigurata anche sulla splendida copertina disegnata dall’artista Paul Whithead.

“Play me old King Cole / that I my join with us / all your hearts now seem so far from me / it hardly seems to matter now”. La storia raccontava di una bambina, Cynthia, che decapita con la mazza da crocquet il compagno di giochi Henry. Ma quando, il giorno dopo nella sua cameretta aziona il carillon, iniziano a scorrere le note della filastrocca di Old King Cole. E lo spirito di Henry, richiamato dal musical box, inizia a rivivere. Però invecchia rapidamente. Così, prima di svanire esprime un desiderio: “Touch me now”. Chiede all’amica bambina di toccarlo, almeno una volta nella vita. Per realizzare il suo sogno segreto d’amore, di contatto carnale. Altrimenti sarà troppo tardi.

Quando la tata entra nella cameretta e vede il fantasma di Henry, gli scaglia addosso il carillon. Finendo per distruggere lo spettro, e anche la scatola musicale.

Quello dei Genesis è uno dei più famosi omaggi alle “nursery rhymes”. Le filastrocche che le tate vittoriane canticchiavano ai bambini affidati loro. A officiare il rito del racconto c’era sempre il leggendario Old King Cole, un personaggio che difficilmente si può associare a qualche personaggio della storia britannica. Ma che, di solito, viene raffigurato come un pacioso re seduto in trono, con la pipa in mano e un folletto accanto pronto a servirgli qualche deliziosa pietanza.

E se ai bambini venivano somministrate a piene mani ballate dal sapore oscuro, per gli adulti non potevano mancare storie assai più spaventose. Le murder ballads, che prendevano spunto sempre da qualche efferato episodio di cronaca. Non solo sanguinosi delitti, ma anche vicende di amanti crudeli, di bambini abbandonati nel bosco, di prostitute e folli assassini, di briganti in rotta con il Potere e al società. Storie per palati forti, capaci di regalare brividi anche ai più allenati lettori di romanzi del crimine. Racconti in nero che adesso rivivono in un bel libro pubblicato nella collana Oscar Ink di Mondadori. Non poteva che intitolarsi “Murder Ballads” (pagg. 175, euro 22).

A firmare il libro sono, per i testi, Micol Arianna Beltramini e, per i disegni, Daniele Serra. Lei si è fatta conoscere per “101 cose da fare a Milano una volta nella vita”, per la favola “Cornflake”, il romanzo “Vieniminelcuore” e il fumetto “La vita inattesa”. Lui per aver vinto due British Fantasy Award, nel 2012 e nel 2017, e per essere stato tra i finalisti del World Fantasy Award quest’anno.

Le “Murder ballads” sono un prodotto tipico del mondo anglosassone. Ma non stupisce affatto che Beltramini e Serra si siano trovati in sintonia sul progetto di tentare la via italiana ai racconti intrisi di orrore, malinconia e morte. Partendo, magari, da una suggestione che i due autori hanno condiviso qualche tempo fa. Quella di prendere a prestito un fatto di cronaca, per poi realizzare una storia a fumetti inserita nel quarto volume della miniserie “Il Corvo – Memento mori”, intitolata “The most beautiful suicide”. “Una ragazza di 23 anni – spiega Micol Arianna Beltramini nell’introduzione al libro – si butta dall’Empire State Building; il suo corpo sfonda il tetto di un’automobile restando miracolosamente intatto; un passante scatta una foto, e il resto è leggenda”.

Quella storia, e soprattutto l’immagine della ragazza rimasta bellissima anche nel momento della sua morte, nel 2018 ha suggestionato una scrittrice molto brava. Nadia Busato, infatti, ha scritto il romanzo “Non sarò mai la brava moglie di nessuno” (pubblicato dalla casa editrice Sem) proprio per raccontare la vita e gli amori di Evelyn McHale, la più bella tra le ombre.

E di ombre, in questo volume delle “Murderr ballads”, ne transitano parecchie. Anime inquiete come quelle dei due bambini protagonisti di “Babes in the wood – Bambini nel bosco”, un racconto tradizionale che viene pubblicato per la prima volta nel 1595. E che diventa poi, dalla metà dell’800, patrimonio del folclore britannico. E che contiene in sé tutto il fascino stregato e lo spavento della versione originale di “Hãnsel e Gretel” dei fratelli Grimm. Una ninna nanna tenebrosa in cui i due piccoli, abbandonati dallo zio fino alla morte nel bosco, continueranno a infestare la nostra fantasia come inquieti spettri.

“Giù al fiume” incrocia storie diverse, ma molto simili, di ragazze uccise quando dichiarano di aspettare un bambino. Di mamme che credono ciecamente ai figli maschi quando, rincasando sporchi di sangue, si giustificano dietro una banale emorragia al naso. “E poi non rimase nessuno” rievoca la ballata assassina di un padre di famiglia, Charles Lawson, che sterminò tutti, moglie e sette figli, il giorno prima di Natale. Dopo averli accompagnati in centro .per acquistare abiti nuovi. E scattarsi una foto. “Brigantesse si muore” porta il lettore nel cuore di un’Italia poverissima. Affamata dal malgoverno degli oppressori piemontesi, guidati dall’ambizione di Vittorio Emanuele II e del conte di Cavour. Saranno proprio le donne a non arrendersi ai soprusi, agli stupri. Anche se la loro vita le costringe a partorire nei boschi, morendo prima dei trent’anni, abbandonando i figli alle cure di chiese e conventi.

A chiudere il volume è una murder ballad che molti conoscono grazia al grandissimo Fabrizio de André. Sì, perché “Solo un giorno come le rose” racconta di Maria Boccuzzi, in arte Mary Pirimpò, una ragazza troppo ingenua e disponibile con gli uomini. Che farà una brutta fine, uccisa a revolverate e gettata nel fiume Olona, perché gli uomini non sanno apprezzare chi dispensa amore e non rinuncia alla propria fantasia.

Non è a caso se le “Murder ballads” hanno suggestionato musicisti-poeti come Nick Cave, che nel suo album omonimo regalò ai suoi fan duetti memorabile con Kylie Minogue sulle note di “Where the wild roses grow” e con Pj Harvey in “Henry Lee”. Perché, come dimostra questo libro scritto con passione e intelligenza, disegnato con emozione, gusto del terrore e empatia, da Micol Arianna Beltramini e Daniele Serra, nei racconti che si tramandano da secoli, tenuti in vita da sempre nuove variazioni, s’intrecciano i pregiudizi nei confronti delle donne e il fascino dell’oscurità; il richiamo delle storie di sangue e la convinzione che mai nessun giudice umano riuscirà a punire davvero il colpevole. Per il fatto stesso che la vittima continuerà ad abitare i ricordi di chi l’ha amata. E degli altri, che ascolteranno narrare la sua triste fine. Senza mai stancarsi.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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