• 27/12/2022

Tommi Parrish, l’amore è un corpo (destrutturato) di donna

Tommi Parrish, l’amore è un corpo (destrutturato) di donna

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Tutti parlano dell’amore, dei sentimenti che si provano verso l’altro. Sembra che il mondo ruoti attorno alla fenomenologia dei rapporti di coppia. Poi, ti guardi attorno e scopri che le persone sono piene di rabbia, paura, disagio, incertezza. Non riescono a capire se è il mondo che ruota attorno a loro a essere sbagliato, o se la nota dissonante che sentono in continuazione parte del profondo del loro essere. E finisce per condizionare ogni cosa, perché non c’è un modo di farla tacere. Non c’è una via per allontanarsi dal quel senso di precarietà, di solitudine. Alla fine, resta una sola possibilità: quella di raccontarsi e di raccontare. Quella di dare voce al non detto delle relazioni tra umani, al linguaggio spesso indecifrabile dei corpi, al non sentirsi a casa dentro se stessi.

Tommi Parrish dà forma proprio a questo. Alleemozioni che non trovano voce, ai silenzi che valgono più di un discorso. Alla fragilità di dover vivere i sentimenti dentro una griglia di comportamenti prestabiliti. Nata a Melbourne in Australia, ma ormai di casa negli Stati Uniti, quella che viene considerata uno dei più giovani e interessanti talenti delle storie disegnate, si è già fatta un nome collaborando alle pagine del “New Yorker” e del “New York Times”. Ma attirato lo sguardo dei critici e dei lettori anche per un libro di rara bellezza: “La bugia e come l’abbiamo raccontata”. Che ha messo in luce la capacità dell’artista di realizzare le sue tavole disegnate stravolgendo completamente i dati somatici dei corpi. Facendo dei personaggi presenze sovradimensionate, destrutturate, deformate, abnormi, che non colpiscono per la loro avvenenza, ma per le parole, i ragionamenti, le inquietudini che condividono con chi legge.

A irrobustire, poi, la storia di Tommi Parrish è una gradazione di colori attorno alle figure umane che rimanda alla lezione pittorica di Edvard Hopper. Dove la solitudine delle persone ritratte riesce a trovare un perfetto interfaccia nella scelta cromatica dei loro abiti, degli ambienti in cui appaiono. Delle citta-alveare che abitano, dove molti giovani continuano a convivere con i propri genitori, dilatando oltre il limite massimo del tempo la loro claustrofobica, intramontabile, aridissima adolescenza.

Come “La bugia”, incentrata sulla difficoltà di definire una propria identità, anche l’opera seconda di Tommi Parrish racconta quanto sia complicato essere se stessi nel tempo che stiamo vivendo. “All the love I can get”, tradotto da Alice Amico per la splendida versione italiana pubblicata da minimum fax (pagg. 208, euro 21) nella collana Cosmica, mette in scena due donne. Eliza ha alle spalle un rapporto d’amore finito male, o forse nemmeno mai iniziato, un’adolescenza trascorsa accanto a una madre alcolista, un problema di dipendenza che ha travolto lei stessa e da cui cerca di uscire con l’appoggio di un gruppo d’ascolto, un figlio che riesce a vedere soltanto nei ritagli di tempo. E che le fa provare un invincibile sentimento di inadeguatezza nei suoi confronti, anche se si sforza di farlo sentire parte di una squadra. Di un progetto familiare che soltanto loro due possono far funzionare. Sasha vive con i genitori, ma sono più i silenzi e il fastidio di sentirsi sempre rimproverare che un sano affetto a nutrire il loro rapporto. Si prostituisce per noia e per guadagnare qualche soldo. Del suo futuro non sa niente.

Tutte e due queste giovani donne vorrebbero nutrirsi di tutto l’amore possibile. Perché si rendono conto di non poter farne a meno. Ma non è mai semplice trasmettere agli altri ciò di cui avremmo davvero bisogno. E così, quando Sasha comincia a frequentare Eliza, elettrizzata dal fatto di conoscere da vicino una delle sue autrici di poesie preferite, sono più i sospetti, le incomprensioni, le mezze frasi mai completate, ad abitare i loro incontri. Anche perché Eliza non è pronta a innamorarsi di una donna. Non riesce a dare spazio all’idea che un’altra persona possa interferire nel già complicato rapporto con il figlio. E non si fida di quella ragazza così premurosa, gentile, insistente, che vive trincerata lei stessa dietro lo scudo delle zone d’ombra di cui è costellata la sua vita.

Certo, nelle storie di Tommi Parrish non è la società a poter accorciare la distanza tra le persone. In un intermezzo al vetriolo di “All the love I can get”, un programma televisivo informa gli spettatori che un residence dedicato da quarant’anni alle persone appena uscite dal carcere,  zona di transito indispensabile per non smarrirsi di nuovo nella pazza corsa del mondo là fuori, è stato rilevato da un rete televisiva. Per girarci la prossima stagione di “Renovation now”. Ma, soprattutto, per realizzare il progetto del proprietario del canale che vuole “ripulire il Paese da inquilini con una condotta, diciamo, non proprio specchiata”. Sfrattandoli e, poi, ristrutturando uno alla volta quei “covi di gente losca”.

Con Tommi Parrish, un’arte popolare e fortemente mainstream come il fumetto diventa un osservatorio prezioso, lucido e implacabile sulla società. Guarda il disagio che abita il mondo, racconta i desideri e le delusioni di chi non si arrende alla solitudine e all’afasia, dà corpo con delicatissima forza all’idea che conquistare e difendere la propria libertà significa anche rifiutare l’incontro con gli altri. Perché, spesso, serve prima trovare se stessi. Il proprio equilibrio, una visione più limpida di ciò che si desidera davvero.

E, allora, “Tutto l’amore che posso ottenere” a cui allude il titolo non è solo un palliativo capace di consolare quei corpi che l’artista disegna fortemente dilatati, forse già disumanizzati. Perché è proprio nella frammentazione, nella non omologazione, nel rifiuto di una standardizzata bellezza, nei dubbi continui sulla propria identità reale, che sta il senso di questa splendida graphic novel.

“Io non sono il mio carnefice. Mi impegno ogni giorno a non esserlo”, sussurra Eliza durante un incontro del gruppo d’ascolto. Non a caso, quando il corpo a corpo con la vita si fa duro, lei si aggrappa alle parole. Scrive poesie. Prova a trovare in quell’intima risonanza il senso dell’essere.

<Alessandro Mezzena Lona

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