• 17/12/2017

Che scandalo, quegli uomini pensano

Che scandalo, quegli uomini pensano

Che scandalo, quegli uomini pensano 1024 785 alemezlo
Era facile, allora, spaventare chi si ostinava a ragionare, a pensare, ad andare al di là dei dogmi. Bastava ricordargli che erano passati pochi anni, in fondo, da quel 17 gennaio del 1600. Quando il monaco domenicano Giordano Bruno era stato arso vivo in Campo de’ Fiori a Roma. Condannato al rogo dall’Inquisizione, sotto il pontificato di Clemente VIII, perché affermava che Dio è al tempo stesso trascendente e immanente. In altre parole, il monaco domenicano sosteneva che Dio e Natura sono un’unica realtà, sotto le spoglie dell’infinito. Per questo è impossibile credere che la Terra sia al centro dell’universo, dal momento che nell’infinità dei cosmi è facile immaginare una pluralità di mondi. Ma non bastava ancora: gli veniva contestata anche la convinzione che pensiero e materia non possono non essere uniti in maniera inscindibile. Idee di un pericoloso eretico, insomma, che bisognava togliere di mezzo.

La morte atroce di Bruno non innescò alcun ripensamento ai vertici della Chiesa di Roma. E nessun pentimento. Tanto che, una trentina d’anni più tardi, quando Galileo Galilei cominciò a interessarsi di astronomia, l’Inquisizione lo mise subito sotto osservazione. Il suo volersi costruire un telescopio, l’ostinata osservazione della superficie lunare, dei pianeti più lontani, dimostravano che il giovane professore dell’Università di Pisa era sulla strada sbagliata. E quando lo sentirono affermare che Copernico aveva ragione, e che solo la teoria eliocentrica poteva spiegare i fenomeni terrestri e celesti, al contrario dell’interpretazione biblica secondo cui erano il Sole e le altre stelle a ruotare attorno alla Terra, non persero tempo. Condannandolo come eretico, sotto il pontificato di Urbano VIII, agli arresti domiciliari, lo obbligarono a sconfessare le proprie idee. Per non finire sul rogo pure lui. Anche se, dice la tradizione, da vero scienziato Galileo non potè far a meno di sottolineare quanto fossero arcaiche e sbagliate le credenze dei vertici cattolici affermando: “Eppur si muove”.

Ma la forza delle idee non si ferma con le fiamme. E nemmeno con l’intimidazione. Infatti, puntuale, l’evoluzione di un ragionamento libero, “scandaloso”, controcorrente, pronto a spalancare la via verso “l’infinito, universo e mondi” tracciata da Giordano Bruno, continuò a fare il suo corso. Come raccontano Steven Nadler, professore di Filosofia all’University di Wisconsin-Madison, e il disegnatore Ben Nadler in una graphic novel di grande fascino e lodevole volontà di divulgazione: “Eretici”, tradotta da Anna Maria Paci per Carocci editore (pagg. 184, euro 19).

Mentre a Roma si dava alle fiamme il “Dialogo sopra i due massimi sistemi” di Galileo, ad Amsterdam un filosofo francese, che si era trasferito in Olanda per lavorare in pace, si trovava a ragionare pure lui sulle idee di Copernico. Ma, per non incorrere in guai seri come quelli passati da Galilei, René Descartes decise di dedicarsi allo studio della matematica e della musica, lsciando per il momento in disparte quelle illuminazioni che gli arrivavano dalla “mirabilis scientia”. contenute in “Le monde ou traité de la lumiére” pubblicato soltanto molti anni dopo. E che lo avrebbero portato, in seguito, a formulare il “Discorso sul metodo”. A spingersi a esplorare il dualismo mente-corpo, a riconoscere la separazione tra cose mentali e cose fisiche. A portarlo ad affermare il suo famoso “cogito ergo sum”, sintesi della copnvinzione convinzione che all’interno di un corpo fosse sempre presente un’anima pensante.

E se in quegli anni, Blaise Pascal si affidava alla certezza che la salvezza dell’uomo arriva solo tramite la fede, perché la ragione non può provare l’esistenza di Dio,  Thomas Hobbes aveva tra le mani questioni ben più urgenti da definire. Angosciato dalla guerra civile inglese, dopo aver confutato con motivazioni di tipo logico-matematico l’idea-manifesto di Cartesio (sosteneva, infatti, che Descartes aveva messo assieme un nome di qualità, cogito, con un nome di corpo, sum ovvero il soggetto corporeo pensante, arrivando a confezionare un assioma molto simile a “io cammino, quindi sono una passeggiata”),  si era dedicato con tutte le sue energie mentali a definire lo “stato di natura”. E l’esigenza che a governare gli uomini fosse un sovrano dotato di poteri assoluti, come sostenne nel suo “Leviatano”. Quindi autorizzato a fare la voce grossa pure con le autorità ecclesiastiche.

Ma a dare una spallata definitiva al controllo assoluto che la Chiesa cattolica esercitava su quel tempo, sarebbe arrivato Baruch Spinoza. Un giovane ebreo olandese,  visto con sospetto all’interno della sua stessa comunità, autore di testi fondamentali come “Etica e “Trattato teologico-politico”, in cui sosteneva che la libertà di pensare, di esprimere le proprie opinioni, è essenziale per la pace e per il rispetto del potere costituito. Ma, soprattutto, andava a riallacciarsi alle idee di Giordano Bruno quando affermava: “Deus sive Natura”. Ovvero la coincidenza tra l’idea stessa di divinità con quella dell’armonia che governa il nostro mondo all’interno dell’universo.

Sulla scia di questi uomini liberi, che avevano fatto del pensiero un’arma potente contro la superstizione e il pericolo di accettare idee imposte dall’altro, senza sottoporle a qualsivoglia verifica di tipo razionale, tra il finire del 1600 e la prima parte del 1700 altre voci si sono aggiunte al coro. Quelle di Locke, Leibniz, Bacon, Newton, Voltaire. Ma anche di qualche donna illuminata come l’inglese Anne Conway, o la principessa palatina Elisabetta di Boemia, capace di corrispondere sulle più alte questioni filosofiche con Descartes, Leibniz, Malebranche. Personaggi che Steven e Ben Nadler raccontano con passione, intelligenza e felicità narrativa. Trasformando il loro viaggio tra gli”eretici” in un momento di opportuna riflessione, proprio mentre il nostro mondo si fa incantare dalle sirene di un rinnovato oscurantismo. Dalla sciocca tentazione di rimettere al guinzaglio l’assoluta necessità di pensare liberamente.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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