• 18/10/2018

Giacomo Nanni, l’arte di ascoltare le voci del mondo

Giacomo Nanni, l’arte di ascoltare le voci del mondo

Giacomo Nanni, l’arte di ascoltare le voci del mondo 800 400 alemezlo
Non riusciamo più a capire il mondo che ci circonda. Perché non sappiamo più sentire la sua voce. I sussurri, le frasi spezzate, le parole che ci arrivano dalla Terra, dai boschi sempre più ristretti che la popolano, dagli esseri viventi che non hanno elaborato un linguaggio simile al nostro per esprimersi, assomigliano a un fastidioso brusio. A un misterioso chiacchiericcio. A un astruso monologare di chi sa bene che non verrà ascoltato.

Se fossimo ospiti di una tavola rotonda dedicata alla filosofia potremmo dire che abbiamo smesso di capire il mondo quando ci siamo rifiutati di credere a Baruch Spinoza. Quando abbiamo rimosso, con stupida indifferenza, dal nostro orizzonte, le parole del pensatore olandese, morto a L’Aia nel 1877. Quel “Deus sive Natura”. Ovvero, non andate tanto lontano a cercare il motore della vostra esistenza. Perché non sta sopra di voi, lontano, nello spazio siderale. Ma è accanto a voi. In quella Natura che vi ha fatto nascere secondo i suoi ritmi secolari, che vi accompagnerà per tutta la vita regolandola su cicli immutabili, che vi terrà per mano quando il tempo sarà scaduto.

Per fortuna, ogni tanto, c’è chi prova ad ascoltare quel brusio, quelle flebili voci. Quel respiro così vicino, eppure drammaticamente lontano, che ancora ci accompagna. Scrittori di storie bellissime come Giacomo Nanni, un fumettista e illustratore di Rimini, che ha iniziato a pubblicare i suoi lavori ormai più di vent’anni fa sulla rivista “Mano”. E che, in seguito, ha ricevuto il Premio per la miglior storia breve a Lucca Comics, nel 2005, per “La più bella cosa”, e poi pubblicato “Cronachette”, “La vera storia di Lara Canepa”, creato la rivista “Canicola”, lavorato a cortometraggi animati.

Non è per caso se Gipi, l’autore italiano di graphic novel che per primo è entrato nella selezione del Premio Strega con “Unastoria”, considera Giacomo Nanni “uno dei più intelligenti e talentuosi autori di fumetti viventi”. Il suo libro nuovo, “Atto di Dio” pubblicato da Rizzoli Lizard (euro 17) è, senza dubbio, uno dei più originali, stranianti e convincenti romanzi disegnati italiani che siano usciti negli ultimi anni.

Sono le voci che fanno “Atto di Dio”. Quelle che non ascoltiamo mai. E che, alla fine, non siamo più nemmeno capaci di sentire. Per esempio la voce di un capriolo che è finito a vivere nel parcheggio di un supermarket. Dal momento che, attorno a lui, lo spazio verde si è ristretto sempre più. Stretto tra la strada asfaltata e il santuario del commercio, diventa subito una presenza aliena. L’oggetto di fotografie da esibire in rete, di servizi giornalistici, delle attenzioni di animalisti dell’ultima ora e di cacciatori che sognano di trasformarlo in trofeo. DE sugo per condire gli gnocchi.

Ma ci sono anche altre interferenze che si intrecciano nella storia. Come la voce di una presenza ancestrale, oscura e violenta, crudele eppure innocente al tempo stesso. Il soffio inquietante, il rombo pauroso, il ruggito  del terremoto che ha spazzato via L’Aquila, Amatrice e tanti altri borghi della zona. Ma anche quella di un animale che vive soltanto nelle leggende: l’unicorno. E che qui, invece, racconta la sua presenza reale sui Monti Sibillini. La sua paura fortissima di incontrare l’unico animale che sa costruire cattedrali mozzafiato, e che sa uccidere con la stessa, indifferente precisione: l’uomo.

Ma sopra i destini di tutti sta un essere completamente anonimo. Un abitatore dell’acqua, una presenza trascurata: quella del Chirocefalo del Marchesoni, scoperto molto anni fa per caso sui Monti Sibillini da un professore, che poi gli ha dato con grande orgoglio il proprio cognome. Un essere che si racconta soltanto attraverso gli occhi degli altri, dal momento che la sua storia inizia con un “dicono che siamo un ottimo esempio di animale opportunista, perché il nostro ciclo vitale è sincronizzato con le vicissitudini del Lago di Pilato”.

Ecco, è proprio qui, in questo lieve saper rinunciare alla propria identità, in questa capacità di non dire sempre “io sono”, nella forza di lasciare, come il capriolo, come il terremoto, come l’unicorno, che siano gli altri a definirti (“dicono che sono un capriolo”), a dare un senso forte a questo “Atto di Dio”. A spiegare, argomentare, raccontare, con un disegno che a tratti ricorda i pittori puntinisti, semplice, essenziale, eppure pieno di fascino ed emozione, quanto l’uomo nella Natura sia una presenza aliena. Con il suo devastante egocentrismo. Con la sua ansia eccessiva di apparire, di imporsi. Con il voler dominare tutto le cose, senza rendersi conto che è soltanto una macchiolina dentro un punto un po’ più grande nell’immensità dell’universo.

“Ritmo impeccabile”, scrive Gipi. Soprattutto, Giacomo Nanni sa costruire storie partendo da dettagli, da piccoli gesti, da parole che in apparenza dicono poco. Ma che costruiscono, disegno dopo disegno, un mondo di allusioni, significati, implicazioni. Un arazzo gigante che racconta moltissimo di noi, del nostro essere qui sulla Terra. Dispersi in un oceano di stelle.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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