• 08/05/2020

Richard McGuire, il tempo va e poi ritorna (in una stanza)

Richard McGuire, il tempo va e poi ritorna (in una stanza)

Richard McGuire, il tempo va e poi ritorna (in una stanza) 512 237 alemezlo
Immaginate un quadro di Edward Hopper. No, non quelli che conoscete già da tempo. Un dipinto mai visto, che l’artista americano, morto a Manhattan nel 1967, non è riuscito a ultimare. Una potente macchina nel tempo chiusa dentro l’anonima stanza di una casa qualunque. Un generatore di storie, di ricordi, di spezzoni di dialogo, di arredamenti ormai desueti, di mode interlocutorie e passeggere, che vi costringono a seguire una miriade di piste narrative. Che vi portano a galleggiare tra un passato lontanissimo e un futuro ancora tutto da immaginare. Bene, questa è “Here”, una graphic novel che ha rivoluzionato il modo di raccontare storie con i disegni.

Era il 1989 quando la rivista americana “Raw”, diretta da quel genio di Art Spiegelman (l’autore di “Maus”) e da Françoise Mouly, decideva di pubblicare sul numero uno della seconda serie una storia in bianco e nero composta da sole 36 vignette. Si intitolava “Here”, era firmata da un autore allora sconosciuto: Richard McGuire. E senza concedere grandi innovazioni visive, anzi evitando gli effetti speciali e affidandosi a un disegno pulito e lineare, si divertiva a scardinare la tradizionale sequenza narrativa di qualunque romanzo, grafico e non. Perché chiudeva dentro uno sfondo fisso, apparentemente banale, cioè la stanza principale di una casa, una serie di finestre temporali, di accavallamenti affabulatori, capaci di creare un autentico cortocircuito nella mente del lettore.

Da allora, Ricard McGuire ha fatto tanto altro. Per esempio, si è messo a suonare il basso per un gruppo musicale affascinante e innovativo: i Liquid Liquid. Una sorta di ardito mix tra le suggestioni dei Talking Heads, le provocazioni del punk, e un funk portato a esplodere nei ritmi più forsennati e coinvolgenti. Poi, ha diretto il film d’animazione “Peur(s) du noir”, coinvolgendo nell’avventura colleghi affermati come Lorenzo Mattotti, Charles Burns e Blutch. Si è messo anche a disegnare copertine per il “New Yorker”, a illustrare libri per ragazzi.

Eppure, la breve storia di “Here” non ha mai smesso di crescere, di espandersi dentro la sua fantasia. Tanto che, dopo 25 anni, Richard McGuire ha deciso di darle una nuova forma. Di aggiungere il colore all’originale bianco e nero. Di portare le 36 vignette di partenza a crescere, crescere e ancora crescere. Fino a diventare un vero e proprio romanzo disegnato, che Rizzoli Lizard ha pubblicato nel 2015 con il titolo “Qui”, nella traduzione di Steve Piccolo (euro 25). E che chiunque ami la letteratura, l’arte, la capacità creativa di dare forma a un’opera narrativa con le parole e i disegni, non può assolutamente ignorare.

Il fascino di “Here” sta proprio qui. Nella sua struttura narrativa aperta. L’opera di Richard McGuire, infatti, non ha un inizio e non prevede una fine. Come i quadri di Edward Hopper, sta nell’occhio di chi guarda, nell’attenzione e nella capacità di elaborare una storia del lettore, del fruitore, che si occulta la dimensione componibile, e scomponibile all’infinito, dell’opera. L’autore del New Jersey, infatti, immagina una stanza che ha soltanto due elementi fissi. Una finestra, sulla sinistra dell’ìnquadratura, e un caminetto esattamente al centro.

Il viaggio inizia da lì. Da un anonimo arredamento in fieri del 2014, che prevede anche una libreria e uno scatolone di volumi da sistemare. Ma la macchina del tempo di Richard McGuire non può fermarsi “Qui” nemmeno per un istante. E, allora, il tempo comincia a vorticare, a intersecarsi. Il disegno che riempie le pagine esplode. Si frammenta in tante finestre. Lascia che un misterioso Signore delle clessidre mescoli dialoghi, episodi avvenuti in momenti lontani, liti e innamoramenti, riappacificazioni e nuovi allontanamenti. Per tessere la trama di un gigantesco arazzo dove ogni gesto, ogni parola, ogni elemento della tavola disegnata, andrà a incastrarsi perfettamente in altri gesti, altre parole, altri elementi dispersi nel magma narrativo di questo pazzesco, innovativo capolavoro.

Nessun dettaglio è lì per caso. Nemmeno uno spezzone di dialogo può essere trascurato da chi legge. Perché “Qui” rappresenta una mastodontica e mutevole storia delle microstorie del mondo. Che Richard McGuire riduce a una miriade di schegge grafiche e narrative. E se il centro di gravità sta indubbiamente dentro la stanza, a forza di focalizzare lo sguardo lì, si è obbligati ad alzare gli occhi oltre il limite dell’orizzonte. Perché, scriveva James Joyce nel suo “Ulisse”: “Pensa di scappare e imbatterti in te stesso. La via più lunga è la via più breve per tornare a casa”.

“Qui” è un invito a viaggiare. Dentro il libro. E dentro di noi.

<Alessandro Mezzena Lona<

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