• 11/10/2017

L’Oscar del fumetto dove le parole si inchinano ai disegni

L’Oscar del fumetto dove le parole si inchinano ai disegni

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Bisogna innamorarsi del libro, così, senza pensare troppo. Prendere o lasciare. Perché sul retro della copertina di “Paesaggio dopo la battaglia” non troverete alcun riassunto. Nemmeno una striminzita nota biografica degli autori. Mancano perfino i commenti dei lettori professionisti. O di quelli occasionali, che di questi tempi piacciono tanto a certi editori italiani. All’interno del libro regna soltanto la storia. Un lungo viaggio disegnato dove a ricostruire le vite dei personaggi, per carpire i loro segreti, servono soprattutto gli occhi. Gli sguardi profondi. Non le parole.

E allora, per saperne di più, è necessario accettare la sfida. Ben consci, fin dalla prima pagina, che questo “Paesaggio dopo la battaglia” dello sceneggiatore Philippe de Pierpont  (belga di Bruxelles, conosciuto in Italia per aver firmato con Stefano Ricci “Tufo”) e del disegnatore Éric Lambé  (belga di Arlon, che arriva dalle riviste d’avanguardia “Moka” e “Pelure Armère”)  ha vinto il Fauve d’Or 2017. Praticamente l’Oscar mondiale del fumetto assegnato dal Festival di Angoulême. In Italia è uscito da pochi giorni pubblicato in una splendida edizione da Coconino Press-Fandango (euro 25).
A occupare l’intero campo visivo, in questa graphic novel, è il disegno. Lambé ha scelto fin dalle prime tavole, realizzate più di quattro anni orsono, la strada della linea chiara. Portando all’interno della storia un segno pulito, scarnificato, essenziale al massimo, che rimanda alla forza dell’arte figurativa slittata lentamente verso l’astrazione. In un processo di semplificazione del tratto e, al tempo stesso, di prepotente caratterizzazione delle sequenze.
All’inizio, è un mistero inconfessabile che porta la giovane Fany ad abbandonare la propria vita. A mettersi sulle tracce di una fuga che nemmeno il suo compagno, spalleggiato dalla polizia, riuscirà a intercettare. Accompagnata da un taxista sintonizzato sulle note di “Blackbird” dei Beatles (“You were only waiting for this moment to arise”), arriva in uno sperduto villaggio fatto di roulette destinate a non muoversi mai nella zona dello Yosemite National Park. A farle compagnia è il silenzio, i rumori di una natura che trattiene il respiro ogni volta che compare un essere umano. E a cercare di mettere a fuoco il segreto che si porta appresso, ci prova la piccola comunità di abitanti. Una compagnia di persone al margine, ognuna impegnata a tenere a bada i propri fantasmi.
In quel villaggio senza identità, dove la neve sembra l’elemento perfetto per creare un paesaggio dove ogni segno forte del passato finisce per sfumare, c’è Pierrot che impazzisce a ricreare i puzzle della nonna sognando di fare il giro del mondo. E poi Gina e Jen, coinvolti un una convivenza densa di sogni che forse non realizzeranno mai. E ancora l’ex pugile Jean Louis, un talento della boxe tormentato dal rancore. Incapace di rispettare la vita propria e quella degli altri. Fino al giorno in cui Fany, sotto l’occhio minaccioso del suo fucile, lo costringerò a riappropriarsi della propria umanità aprendo il suo cuore. Lasciando che fluisca un dolore grandissimo, Quello che ha messo radici profonde, costringendola al silenzio e alla fuga.
Il “Paesaggio” di Lambé e de Pierpont è una riflessione emozionante sulla fragilità della vita. Uno sguardo tagliente e umanissimo sulla precarietà dell’essere uomini. Un romanzo disegnato intriso di emozioni che sa raccontare quant’è facile cadere, smarrirsi, dissolversi. Sparire. Lasciando, però, aperto un pertugio alla speranza.

Alessandro Mezzena Lona

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