Come sempre, le definizioni non servono a niente. Aiutano soltanto a confondere le idee, a portare fuori strada, ad alzare steccati di diffidenza. E, allora, se qualcuno sentirà definire la musica di Todd Gautreau come ambient music penserà subito a qualche noiosa, interminabile, sequenza di suoni che si ripetono sempre uguali. E che finiscono per inoculare in chi ascolta una sensazione di noia profonda. E girerà al largo dal suo lavoro di compositore. Dai suoi album.
Peccato, perché ascoltare la musica di Todd Gautreau, americano di Dallas, Texas, significa varcare le porte dell’Altrove. Incamminarsi verso spazi infiniti. Scostare il velo che separa la realtà dal mistero, il qui-e-ora da altre dimensioni che affiancano la nostra. Quelle, per intendersi, che accendevano la fantasia di un grandissimo scrittore, e messaggero dell’inconoscibile, come il romanziere Philip K. Dick.
Dire Todd Gautreau significa ritornare agli anni Novanta. Quando il musicista americano, che ha contribuito a dare vita all’etichetta Simulacre Records per cui incide i suoi lavori, ha iniziato a farsi conoscere come Tear Ceremony. Incantando chi aveva apprezzato il viaggio sonoro di Brian Eno, e in particolare della sua “Music for airports”, con tre album come “Film decay”, “Resin” e “Emulsion”. Perché il compositore texano sapeva rielaborare le basi stesse della musica elettronica d’atmosfera rifacendosi a movimenti d’avanguardia, come il Surrealismo, all’imprescindibile lavoro di scardinamento dei suoni, della struttura stessa di una partitura musicale, fatto da John Cage, da Karlheinz Stockhausen.
Ma Todd Gautreau, come Brian Eno del resto, è un musicista che non si ferma mai. Che ama esplorare sempre nuove vie musicali. Per dare voce a una creatività seminale, innovativa, esoterica. Così, dopo aver collaborato con la indie rock band Crushed Stars, nel 2014 il compositore ha deciso di dare vita a un nuovo esperimento musicale. Un progetto chiamato Tapes and Topographies, che a partire dal debutto con l’album omonimo, ha poi sfornato un lavoro più bello dell’altro: “Soft decibels” nel 2016, “Signal to noise” l’anno scorso, e nel 2018 addirittura un doppio disco: “Fathoms” a gennaio e “Opiates” a giugno”, sempre per Simulacre Records.
Chi sostiene che la musica sinfonica, che i grandi compositori non ci sono più, deve correre ad ascoltare i lavori di Todd Gautreau. Soprattutto quelli targati Tapes and Topographies. Perché il compositore, nei brani del nuovo progetto, sa raccontare un mondo di emozioni che diventa suono. Parte da un tema apparentemente facile, lineare, per poi sfondare il muro della quotidianità trascinando la mente di chi ascolta a un viaggio pieno di sensazioni, visioni, scenari inesplorati.
Prima di iniziare l’ascolto della musica di Tapes and Topograhies bisogna essere pronti a salire a bordo di un’immaginario cargo volante. È necessario lasciare che l’immaginazione prenda il largo senza doversi aggrappare alle certezze che ingabbiano la nostra quotidianità. Solo così si potranno vedere immagini fluorescenti, pianeti lontani, mondi dimenticati e mai esplorati. Come in un viaggio lisergico che non prevede però l’uso di sostanze psicotrope, ascoltando le spirali di suono sarà facile galleggiare dentro i corridoi più lontani e segreti della mente. Per iniziare un dialogo profondo con se stessi. Per sfidare la paura di guardare negli occhi le ombre che ci abitano. I pensieri archiviati in fretta dietro una porta chiusa. Le emozioni che non sussurriamo mai nemmeno a noi stessi.
Undici brani per 56 minuti di musica compongono “Opiates”, mentre nove sono i pezzi di “Fathoms”, che si estende per 44 minuti. Circonferenze sconosciute, droni ammalianti, estuari lontani, brividi mai provati, sogni che viaggiano sul punto più alto delle onde sonore, sono lì, tra le tracce degli album, come invisibili spiriti guida. Presenze impalpabili pronte a farci compagnia in un viaggio di andata e ritorno oltre il confine delle emozioni. Verso un’Altrove che inizia e finisce dentro di noi. Al di là di noi.
<Alessandro Mezzena Lona