• 28/05/2021

Premio Campiello, una cinquina all’ultimo voto

Premio Campiello, una cinquina all’ultimo voto

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Raccontano di dibattiti al calor bianco, dietro le quinte. Tanto che la Giuria dei Letterati del Premio Campiello 2021, presieduta da Walter Ventroni nello splendido Palazzo del Bo a Padova, ha confessato senza troppi giri di parole che, quest’anno, non sarebbe stato difficile mettere assieme almeno quattro cinquine diverse. Ovvero, almeno venti titoli scelti tra gli oltre 370 libri selezionato per il concorso. Alla fine, però, bisogna mettere a tacere il cuore, lo stomaco, le proprie preferenze, ed esprimere un voto. Così, a contendersi la vittoria della 59.a edizione sabato 4 settembre nell’inedita sede dell’Arsenale di Venezia (erede del fantastico Palazzo Ducale e del rinato Teatro La Fenice), saranno Paolo Nori con “Sanguina ancora” (Mondadori); Andrea Bajani con “Il libro delle case” (Feltrinelli); Paolo Malaguti con “Se l’acqua ride” (Einaudi); Giulia Caminito con “L’acqua del lago non è mai dolce” (Bompiani); Carmen Pellegrino con “La felicità degli altri” (La nave di Teseo).

Che le intenzioni di voto, all’interno della giuria del Premio Campiello, fossero del tutto frastagliate lo si è capito in fretta. Non è stato difficile entrare nella cinquina dei finalisti per Paolo Nori e Andrea Bajani. Hanno incassato, infatti, sette preferenze a testa già alla prima votazione e si sono tolti il pensiero di continuare a fare i conti con un’agguerrita concorrenza. Si, perché gli altri tre finalisti hanno dovuto farsi spazio a gomitate, lasciando dietro a sé autentici miti della narrativa contemporanea com Bianca Pitzorno, scrittori affascinanti e colti come Marco Belpoliti, dominatori del mercato delle vendite come Nicola Lagioia, interessanti outsider della letteratura contemporanea come Aurelio Picca, possibili rivelazioni come Gianfranco Mammi e il suo apprezzato”Nostra signora dei Sullivan” pubblicato da Nutrimenti.

Nella seconda tornata, Paolo Malaguti si è assicurato quei sette voti che gli hanno consentito di entrare in finale. Ma a dimostrare quanto la giuria fosse spaccati in due, se non tre blocchi, lo dimostra il fatto che la terza votazione è risultata inutile. Si è dovuto aspettare la quarta tornata, primo ballottaggio, per segnare l’ingresso in cinquina di una delle più apprezzate autrici della generazione dei trentenni: la romana Giulia Caminito. Poi, ancora una lunga serie di scaramucce tra i giurati, intestarditi a votare ognuno il proprio libro preferito, hanno reso inutile la quinta votazione, secondo ballottaggio. Soltanto alla sesta, Carmen Pellegrino è riuscita a incamerare più voti di Aurelio Picca. Grazie al cambiamento di fronte di Lorenzo Tomasin, docente di Filologia romanza all’Università di Losanna, che ha abbandonato il suo candidato Picca per regalare la preferenza decisiva a Pellegrino.

E così, il Premio Campiello è riuscito a stupire ancora una volta tutti. Perché se l’anno scorso la Giuria dei Letterati aveva sparigliato le carte, e ridicolizzato ogni pronostico, mandando in finale cinque scrittori e altrettanti libri che potevano sembrare autentici outsider (tanto che ben pochi erano pronti a scommettere sulla vittoria di Remo Rapino con “Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio” pubblicato da minimum fax), nel 2021 è andato in direzione ostinata e contraria. Dimostrando, ancora una volta, che farsi belli pontificando tra amici e conoscenti su una probabile griglia di finalisti finisce sempre per attirare, poi, solo irrisioni e pernacchie. Nell’edizione numero 59, con una Giuria dei Letterati ancora una volta svecchiata, si è voluto infatti mettere assieme un gruppo di scrittori e libri che possano soddisfare chi cerca la qualità, e al tempo stesso attirare l’attenzione di una vasta platea di lettori.

Paolo Nori, con “Sanguina ancora”, seguendo le tappe della vita di Fedor Dostoevskij costruisce un viaggio tra la vita da noi lontana del grande autore di “Delitto e castigo” e la confessione a cuore aperto di un uomo contemporaneo che non ha mai smesso di sentirsi spaesato di fronte alla realtà. Anche se è imprescindibilmente legato al proprio tempo. Con “Il libro delle case”, Andrea Bajani ha trovato il coraggio di portare sotto le luci della ribalta narrativa un Io, pronome che Carlo Emilio Gadda definiva “il più lurido di tutti”, che ragiona su quanto ognuno di noi sia disposto a rinunciare per continuare a essere se stesso. Attraversando i luoghi che ha abitato. Nel suo “Se l’acqua ride”, Paolo Malaguti è tornato indietro nel tempo. Riandando con la memoria al 1966, l’anno della grande alluvione, quando il suo protagonista Ganbeto impara a governare la propria vita misurandola sui colpi di remo che imprime al burchio del nonno Caronte. E misurando l’acqua conquista lentamente la rete di canali che si snoda tra Cremona e Trieste.

Due le scrittrici che, quest’anno, la Giuria dei Letterati ha scelto tra le tante possibili candidate alla finale. Giulia Caminito, nel romanzo “L’acqua del lago non è mai dolce”, punta gli occhi sulla famiglia di Antonia, in fuga dall’indifferenza di Roma. Per questa donna fiera fino alla testardaggine, che deve occuparsi di un marito disabile e quattro figli, Bracciano può rappresentare l’inizio di una nuova vita. Chi ritorna a sognare una vittoria al Premio Campiello è Carmen Pellegrino, già finalista nel 2015 con il romanzo di debutto “Cade la terra”. Ne “La felicità degli altri”, la scrittrice di Postiglione degli Alburni mette in scena il personaggio di Cloe, che porta sulle spalle il peso di un’adolescenza tormentata dagli scontri tra i genitori e dalla morte del fratello. Nella Casa dei timidi troverà il luogo dove ricostruire uno sguardo più limpido e sereno sulla vita che l’attende.

Alla Giuria dei Letterati del Premio Campiello non sono piaciuti i troppi romanzi che ruotano attorno all’ombelico degli autori. Che fanno, insomma, dell’autofiction il perno di libri molto spesso deboli e ruffiani. Al contrario, apprezzati davvero sono risultate quelle opere che sanno inventare un perfetto equilibrio tra narrazione e tentazione saggistica. Tra biografia di personaggi famosi e capacità di riempire con l’immaginazione i momenti in penombra delle loro esistenze.

Anche il coraggio di cimentarsi con la forma breve del racconto, assai difficile da gestire con originalità ed equilibrio, è stato applaudito e sottolineato. Tanto che il Campiello Opera Prima, dove il parterre di ottime opere di debutto era davvero assai affollato, è stato assegnato a Daniela Gambaro e al suo “Dieci storie quasi vere” (Nutrimenti). Una raccolta di prose brevi che fa entrare il nome della scrittrice di Adria, laureata all’Università di Padova in Scienze della comunicazione, tra le grandi promesse di questo terzo millennio. Non a caso nell’albo d’oro del Premio Opera Prima sono transitati nomi come Silvia Parrella, Marco Missiroli, Silvia Avallone, Alessandro Piperno, Viola Di Grado, Paolo Giordano, Paolo Colagrande. Che poi, nel lungo percorso della loro creatività, hanno confermato un indiscusso talento.

Tentare di indovinare già ora chi verrà incoronato vincitore del Premio Campiello 2021 dalla giuria dei 300 lettori? Roberto Vecchioni, il cantautore professore che da giurato non si risparmia mai qualche esternazione sopra le righe, ha già resa pubblica la sua preferenza assoluta: “Vince Andrea Bajani“. Avrà ragione lui? Chissà: di solito, chi scommette troppo sulle proprie convinzioni, nella finale di Venezia viene regolarmente smentito.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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