• 14/06/2021

Valentina Della Seta, il corpo detta il ritmo delle “Ore piene”

Valentina Della Seta, il corpo detta il ritmo delle “Ore piene”

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Abbiamo speso migliaia di anni a rinnegare il corpo. A considerarlo la prigione dell’anima. Un fardello per la mente. Eterna fonte di distrazioni, di tentazioni. Rimorchio troppo pesante da trascinare per chi, come gli umani, potrebbe elevarsi al rango di semidei. E allora? Beh, basta guardarsi in giro. Frustrazioni, depressioni, male di vivere e di trascinare un’esistenza incapace di trovare equilibrio. E poi, incapacità di vivere le proprie pulsioni erotiche con gioia e serenità, tentazione di sconciarsi in maniera terribile ingurgitando il peggiore cibo che si trova in giro. Per non parlare della feroce solitudine che attanaglia molte persone, anche quando stanno in mezzo agli altri. Perché tutto potrebbe cambiare, dentro di noi e attorno a noi, se la smettessimo di vivere come gli schizofrenici gestori di due entità incatenate tra loro. Carne e pensiero. Luce e ombra.

Di questi tempi, poi, è ancora più difficile affermare che, senza il corpo, il nostro cervello non andrebbe da nessuna parte. Perché tira un’aria brutta di restaurazione di antichi pregiudizi, che ci illudevamo di avere ormai lasciato alle spalle. Come una certa fissazione bacchettona, che tende a esorcizzare “ciò che ‘n camera si puote” come diceva Dante nel canto XV del Paradiso. Perché confessare i propri gusti sessuali è considerato non soltanto moralmente sbagliato, ma socialmente fuori luogo, per non dire volgare. Così finisce che è sempre più difficile trovare un equilibrio sano, gioioso, necessario, tra quello che detta la mente e ciò cha il corpo suggerisce, propone, chiede.

A volte, anche gli scrittori preferiscono mettersi il bavaglio. Sfiorando tematiche confinate quasi sempre nella penombra. Ma piegandole, poi, a una trattazione falsa, sdolcinata. Costruita apposta, insomma, per rassicurare i lettori. Anche quando i temi affrontati possono spingersi nelle zone oscure che è sempre difficile esplorare senza aggrapparsi alla retorica. Basterebbe ricordare la trilogia delle “Sfumature” della scrittrice britannica E.L James, accompagnata da un clamoroso successo di vendite. E trasformata, poi, in un patinato tris di film acchiappaspettatori dalla banalità stucchevole. Perché lì, il rapporto tra un uomo di grande successo, che si dedica a raffinate pratiche sadomaso, e una graziosa fanciulla in cerca del principe azzurro, non poteva che disinnescare la propria carica perturbante del sesso estremo tra master e slave. Limitandosi a condire una sbrodolata favola hollywoodiana con qualche brivido moderatamente proibito. E regalando il più classico “vissero felici e contenti” finale.

Chi, invece, ha scelto una strada del tutto diversa da quella di E.L. James è una scrittrice italiana conosciuta, finora, per i suoi articoli dedicati a letteratura, cinema e costume, su “Il venerdì di Repubblica”, “Icon” e “Rivista Studio”. La romana Valentina Della Seta, infatti, ha voluto costruire il suo romanzo di debutto “Le ore piene” (Marsilio, pagg. 125, euro 15) attorno al personaggio di una quarantenne. Una donna indipendente, che guadagna da vivere lavorando con le parole, disillusa al punto da trascinare le sue giornate tra una serata al computer con un bicchiere di vino accanto e qualche timida visita a certi siti di incontri. Dove nessuno si scandalizza se chi scrive i messaggi cerca qualcuno, e qualcosa, che vada al di là delle fantasie più tradizionali.

Un corpo che pensa. Un corpo che desidera e non ha paura a raccontarsi le proprie fantasie. Un corpo che non ha nome, perché bastano le storie che va a vivere per definirla.

La solitudine non ha impedito a questa quarantenne di prendersi cura di sé. “Mi mancavano più di sette mesi ai quarant’anni – confessa  ne “Le ore piene” -. Opponevo resistenza, avevo cambiato la lampadina del bagno per guardarmi con una luce più bassa e non vedere i cedimenti. Mi prendevo cura del corpo, andavo in palestra tre volte alla settimana, avevo comprato un abbonamento annuale scontato. Non cercavo amicizie, ascoltavo la musica in cuffia mentre sollevavo pesi”. Eppure, non si può vivere continuando a inseguire la malinconia, “a versare lacrime senza dedicarle a nessuno in particolare”.

E allora? Dal sito di appuntamenti on line si materializza un uomo. P. fa capire subito alla protagonista che sarà lui a dettare le regole. E che lei dovrà obbedire. All’inizio, tutto sembra funzionare. Anche se lui è più giovane, non ha affatto l’aria del master sadomaso, ma assomiglia a uno studente qualunque in jeans e maglietta. Anche se ha una casa in cui non compare nemmeno un libro, e non si fa scrupoli ad acquistare merci nei supermercati aperti 24 ore su 24. Mentre lei cerca “di non andarci per solidarietà con gli impiegati costretti a fare i turni di notte”.

Ma è il corpo, ne “Le ore piene”, a fare la voce grossa. A dire che, quando io due amanti stanno insieme, tutto sembra funzionare. Il problema è che, come spesso accade, la protagonista vorrebbe qualcosa di più. Incontro dopo incontro, sogna di stabilizzare il rapporto. Immagina che lui le chieda di andare a vivere insieme, di condividere le loro vite. Invece di godersi quelle ore di sintonia assoluta, che possono essere scambiate per frammenti di felicità, fantastica la possibilità di un rapporto esclusivo. E se lui sparisce, non telefona, non risponde ai messaggi (“Sono io che ho paura di non riuscire a fermarmi”, le confesserà), la protagonista decide di percorrere fino in fondo il sentiero delle sue fantasie erotiche. Continua a frequentare il sito di incontri, accettando appuntamenti con uomini  abbastanza squallidi, che quasi sempre finiranno per rivelarsi deludenti,  se non addirittura grotteschi e insopportabili.

Delicato e, al tempo stesso, capace di spingersi fin sul baratro delle fantasie più estreme, capace di costruire un personaggio femminile contraddittorio e coraggioso, libero di trasgredire e di coltivare sogni borghesi di banale normalità, “Le ore piene” è un romanzo di debutto di grande forza. Perché rivela una scrittura originale ed esatta come quella di Valentina Della Seta. Una voce che sa esplorare, senza risibili esagerazioni né imbarazzate limitazioni, la sfera del desiderio erotico di una persona del tutto uguale agli altri, eppure del tutto diversa da molti altri. Portando al centro della storia una donna del nostro tempo che potrebbe essere la vicina di casa meno ingombrante e appariscente.

Allungando lo sguardo nella vita, così lineare e priva di contraddizioni, di questa quarantenne, Valentina Della Seta sa pennellare con misteriosa forza il ritratto di una donna che interroga, quasi sfida la nostra paura di guardare negli occhi la forza dirompente del desiderio erotico. Anche quando le sue scelte potrebbero sembrare scandalose, il lettore non potrà fare a meno di seguirla con empatia. Perché lei non si aggrappa mai a comodi sotterfugi. Vive il richiamo del corpo, infischiandosene del mondo che le cammina al fianco.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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