Non manca certo il coraggio a Ben Pastor. E non solo perché lei, italiana di Roma, se n’è andata in America a cercare fortuna, fino a trovarla quando ha conquistato la cattedra come docente di Scienze sociali in varie, prestigiose università degli States. Ma soprattutto perché, quando ha deciso di tentare la sorte come scrittrice, non ha scelto la scorciatoia verso il successo. Anzi, si è messa a caccia di un personaggio che potesse riflettere in sé tutti i colori dell’ambiguità. Fino a trovare un giovane soldato della Wehrmacht. Un nazista, collaboratore dei servizi segreti dell’Abwehr, con un nome e un destino particolari: Martin Bora. Che, a detta dell’autrice stessa, si ispira alla figura reale del colonnello Claus Schenk von Stauffenberg. Fucilato il 21 luglio del 1944, a 36 anni, per aver tentato di uccidere Adolf Hitler in un attentato.
Martin Bora non è un nazista perfettamente a suo agio nel Terzo Reich. Pur fedele alla Patria e all’esercito, come ogni soldato tedesco che si rispetti, nei numerosi romanzi che Ben Pastor gli ha dedicato, tradotti in moltissime lingue e amati dai lettori di tutto il mondo, ha dimostrato più volte una malcelata insofferenza versi il lato politico del nazismo. In particolare, non sopporta i metodi delle Ss, viene sospettato di essere “ideologicamente inaffidabile”, guarda le violenze contro i civili e la montante campagna di odio nei confronti degli ebrei con grande preoccupazione e disapprovazione.
E non a caso, nel romanzo più recente di Ben Pastor, tradotto per Sellerio da Luigi Sanvito, “I piccoli fuochi” (pagg. 545, euro 15), Bora viene spedito sulle tracce di uno scrittore decisamente poco affidabile agli occhi dei papaveri del Reich. Quell’Ernst Jünger, autore di “Nelle tempeste d’acciaio”, considerato un eroe della Patria, un grande amante della guerra, ma al tempo stesso un uomo sospetto, ormai fuori rotta, incapace di allinearsi alla follia che si è impadronita della Germania. Come dire, che un soldato con molti dubbi in testa e poche certezze deve cercare di capire perché un intellettuale, che ormai di certezze ne ha davvero un numero ridottissimo, si è trasferito in Bretagna, anzi per l’esattezza nel Finistère, sulle tracce di non meglio precisati studi entomologici.
Strada facendo, a Bora capita tra le mani anche un delitto. La ricchissima moglie bretone di un commodoro della Marina del Terzo Reich, amico del capo supremo dei servizi segreti Canaris, viene trovata ammazzata. E non si riesce a capire se dietro quell’omicidio ci sia qualche collegamento con la vita dissoluta del marito, a cui vengono accreditate numerose amanti, oppure se sia meglio indagare in un’altra direzione. Per esempio, quella del separatismo bretone. Dal momento che il Terzo Reich decide di passare soldi ai movimenti che rivendicano la loro indipendenza dalla Francia. Chiudendo un occhio davanti ai grotteschi rituali celtici, alla passione per certe spettacolari croci cristiane che si trasformano in autentici agglomerati di sculture dedicate al calvario. Il tutto, sotto gli occhi di fascinose donne, regine indiscusse del doppio gioco, che mettono a dura prova la fedeltà di Martin Bora alla sua amatissima, sfuggente Dikta.
Come sempre accurato nelle ricostruzioni storiche, dopo le ambientazioni italiane de “Il morto in piazza”, Ban Pastor costruisce un thriller storico di grande forza negli scenari della Francia occupata dai nazisti e della Bretagna invischiata in stupide trame indipendentiste. Conducendo il lettore in un labirinto complicato di dicerie, trame oscure, giochi di potere, intrighi pericolosi, che rendono la storia magmatica e avvincente.
Di questa e di altre avventure (come quella che l’hanno portata a raccontare le ombre inquiete di Praga, con Franz Kafka al proprio fianco, in una serie parallela ai romanzi di Martin Bora), Ben Pastor parlerà sabato 14 ottobre, alle 18, all’Antico Caffè e Libreria San Marco di Trieste.
Alessandro Mezzena Lona