• 05/11/2019

Lorenzo Mattotti: “Tra gli Orsi di Buzzati c’è anche Camilleri”

Lorenzo Mattotti: “Tra gli Orsi di Buzzati c’è anche Camilleri”

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Non bastava un bravo disegnatore, per portare “La famosa invasione degli orsi in Sicilia” al cinema. E questo, Lorenzo Mattotti lo sapeva bene. Perché dentro quel romanzo, così simile a una fiaba, Dino Buzzati aveva chiuso tutto un mondo. Il suo mondo. Quello di un giornalista e scrittore serissimo che riusciva a raccontare i lati oscuri della realtà lasciando campo libero alla fantasia. Quello di un borghese stregato, alla René Magritte, che non rinunciava alla magia, alla poesia, alla possibilità di ospitare dentro di sé un po’ del bambino che era stato, pur senza mai abbassare gli occhi davanti agli errori della società degli uomini. Davanti alle continue umiliazioni inflitte alla Natura, ai suoi meccanismi perfetti, alle sue leggi immutabili.

Ma Lorenzo Mattotti, il disegnatore nato a Brescia, transitato per Udine e diventato una star mondiale a Parigi, non ha mai temuto di confrontarsi con quel romanzo così bello e strano pubblicato a puntate da Dino Buzzati sul “Corriere dei Piccoli” nel 1945, e poi uscito in volume nello stesso anno da Rizzoli (ripreso, nel 1958, da Aldo Martello Editore). Perché lui, l’artista di “Fuochi”, “Labirinti”, “Stigmate”,  di uno straordinario “Pinocchio”, ha sempre amato l’autore del “Deserto dei Tartari” e di “Un amore”. Tanto da considerarlo uno dei suoi immaginari padri nel campo della creatività, della libertà di inventare e di sognare.

Ci son voluti anni perché “La famosa invasione degli orsi in Sicilia” diventasse un film disegnato e animato. Ma valeva la pena aspettare tutto questo tempo. Perché Lorenzo Mattotti non solo ha trasformato il romanzo di Dino Buzzati in un’opera visiva, e visionaria, che conquista per la bellezza, per la forza narrativa e artistica. Ha saputo, al tempo stesso, tradire il testo originale con grande sensibilità e intelligenza. Inventando attorno al racconto degli orsi di Re Leonzio, che scendono dalle montagne per ritrovare il piccolo Tonio, rapito da due cacciatori e portato alla corte del malvagio Granduca come un grazioso giocattolino pronto a divertire il tiranno, due personaggi inesistenti nel libro: il vecchio cantastorie Gedeone e la sua piccola aiutante Almerina, che si chiama come la moglie di Dino Buzzati, morta nel novembre del 2015.

Insieme agli sceneggiatori Thomas Bidegain e Jean Luc Fromental, Lorenzo Mattotti ha saputo fare di queste figure, e del Vecchio Orso, che diventa il deus ex machina della seconda parte della pellicola e della narrazione, due perfetti spiriti guida pronti a introdurre chi guarda nel mondo incantato e inquieto, a tratti crudele e buio, ma sempre pervaso di magia e di poesia, del racconto.

Film bello, da vedere assolutamente,  “La famosa invasione degli orsi in Sicilia”. Curatissimo in tutti i dettagli. Basterà dire, per non rovinare la sorpresa della visione, che la colonna sonora è firmata da un grande musicista francese come René Aubry. E che tra le voci dei personaggi, nella versione italiana, la parte di Vecchio Orso tocca a uno degli scrittori più amati della narrativa di fine ‘900 e di inizio terzo millennio: Andrea Camilleri. Il papà  del commissario Montalbano, che ci ha lasciati poco meno di quattro mesi fa, il 17 luglio. Accanto a lui, Toni Servillo regala la sua voce a Re Leonzio; Antonio Albanese a Gedeone; Linda Caridi ad Almerina; Corrado Guzzanti a Salnitro.

“La famosa invasione degli orsi in Sicilia” non è solo un film. Il Piccolo Festival dell’Animazione, diretto da Paola Bristot, in collaborazione con Cinemazero e con il Cec di Udine, ha dedicato a Lorenzo Mattotti, e a tutto lo staff che lo ha affiancato nel suo lavoro, una mostra intitolata “Da Buzzati a Mattotti, di libri al grande schermo”, ospitata dallo studiovivacomix di Pordenone, in viale Montereale 4/b al primo piano. Si può visitarla nei venerdì, sabato e domenica dalle 15 alle 19. Nei giorni 8-9-10 e 15-16-17 novembre dalle 15 alle 19.

Non poteva mancare, in occasione dell’uscita del film, un’edizione davvero splendida della “Famosa invasione degli orsi in Sicilia”. La pubblica Mondadori, è curata da Lorenzo Viganò con grande passione e competenza. Contiene, oltre al romanzo nella versione pubblicata in volume nel dicembre del 1945, la raccolta delle pagine del “Corriere dei Piccoli” con la fiaba buzzatiana, poi i disegni originali dell’autore e una conversazione con Lorenzo Mattotti sulla genesi del film, accompagnata da bozzetti e fotogrammi della pellicola. Non manca una versione in volume per ragazzi della “Famosa invasione”, sempre pubblicata da Mondadori ,con una selezione delle immagini del lavoro mattottiano.

“Se devo andare indietro con la memoria, i miei primi pensieri su un film che raccontasse ‘La famosa invasione’ direi che risalgono a più di 15 anni fa – racconta Lorenzo Mattotti -. Ma, forse, ho iniziato a pensarci seriamente subito dopo ‘Peur(s) du noir’, che è del 2007. Poi, però, l’agenzia che curava i diritti dell’opera di Dino Buzzati aveva respinto la nostra richiesta, per cui il progetto era stato congelato. Siamo ritornati alla carica sei anni fa”.

E allora cos’è successo?

“Ho incontrato Almerina Buzzati. Lei ha capito e apprezzato il nostro progetto e ci ha concesso i diritti per fare il film. Da allora è iniziato il vero lavoro. Devo dire che quello che ha richiesto più tempo è stata la scrittura del trattamento e poi della sceneggiatura vera e propria, che abbiamo realizzato insieme a Thomas Bidegain e Jean Luc Fromental. Dovevamo trovare il giusto ritmo, era molto complessa la riduzione dal romanzo alla versione cinematografica. In più, per un anno abbiamo fatto prove su prove con la tecnica 3D. Ecco, la preparazione è stata lunga. Poi, in due anni abbiamo completato la produzione senza grossi problemi”.

L’idea di far raccontare tutta “La famosa invasione” da un cantastorie e dalla sua giovane assistente è venuta dopo?

“No, quell’idea l’avevamo fin dall’inizio. Prima di tutto perché c’era bisogno di un personaggio femminile. E la ragazza, che abbiamo chiamato Almerina, ci sembrava perfetta. Poi, volevamo mantenere il rapporto diretto tra il narratore e il pubblico, come nel libro. Per questo abbiamo inventato il cantastorie Gedeone, che gira per i villaggi con la ragazzina, e che a un certo punto si rifugia in una grotta dove troverà Vecchio Orso e inizierà il racconto”.

Vecchio Orso che, poi, diventerà lui stesso cantastorie?

“Certo, perché sarà lui a raccontare la seconda parte della famosa invasione degli orsi in Sicilia. Quando Re Leonzio e i suoi sudditi cominciano a comportarsi come gli uomini: rubano, bevono, giocano d’azzardo. Così, i narratori diventano pubblico, e il pubblico diventa narratore. Questa idea ci ha permesso di risolvere anche molti problemi legati al racconto, per renderlo più scorrevole, più leggero”.

Difficile disegnare un romanzo che l’autore stesso aveva illustrato?

“No, per me è stato facilissimo. Proprio perché la storia, oltre che raccontata, era già graficamente illustrata. Io i disegni di Dino Buzzati li ho sempre amati, li conoscevo bene. Non mi sono intimidito davanti a un autore che sentivo molto vicino, come fosse uno di famiglia”.

Una fiaba che ha messaggi molto forti, politici e sociali?

“Proprio questa è la bellezza della ‘Famosa invasione’. Ed è sempre per questo motivo che mi sono innamorato subito del romanzo. Buzzati è riuscito, con la fantasia, la poesia e i toni della fiaba, a dare voce a contenuti molto profondi: il rapporto con il Potere e la corruzione, il dialogo spesso complicato tra un padre e il proprio figlio. Ma questa storia racconta anche quanto doloroso sia perdere le proprie radici. E la convivenza tra due mondi diversi, che parlano ma non riescono a comunicare”.

C’è anche un ragionamento sul rapporto tra l’uomo e la Natura…

“Certo, questa storia ci fa capire come gli altri esseri viventi stanno sulla Terra come se fossero degli ospiti di passaggio. L’uomo, al contrario, si sente signore incontrastato e finisce per brutalizzare la Natura”.

“Poema a fumetti”, “La famosa invasione”: due libri modernissimi rispetto al loro tempo?

“Mi sembra che molti scrittori, nel passato, si sentissero davvero liberi di creare storie innovative. Che, magari, la critica e il pubblico non erano pronti a capire. Si divertivano a scrivere, usavano la fantasia, costruivano mondi. E sto pensando, oltre a Dino Buzzati, a Tommaso Landolfi, a Italo Calvino. Una generazione straordinaria da riscoprire e apprezzare. Sono un patrimonio della nostra letteratura, della memoria. Adesso, mi sembra che gli editori mettano troppi confini, regole troppo rigide, per accontentare il mercato”.

Bello avere la voce di Andrea Camilleri per Vecchio Orso. È stato facile convincerlo?

“Stava già male, si stancava facilmente, aveva paura che fosse troppo complicato. Così gli ho proposto di andare a casa sua, con una piccola troupe di tre persone, e di registrare lì con il fonico. Per non disturbarlo troppo. Infatti, si è divertito. A un certo punto ha chiesto: ‘Abbiamo già finito?’. È stata una mattinata davvero speciale per tutti noi”.

Perché proprio il papà di Montalbano?

“Serviva una figura simbolica, carismatica. E lui mi sembrava perfetto: siciliano, narratore, con una voce meravigliosa. Nella versione francese abbiamo Jean Claude Carrière, il grande sceneggiatore francese di tanti capolavori come ‘Bella di giorno’, ‘Il fantasma della libertà’

La musica è firmata da un grande compositore…

“René Aubry è un vecchio amico. Volevo una musica danzante, leggera, che accompagnasse le immagini, che uscisse dai personaggi. E lui, con la sua esperienza anche nella danza e nel teatro, ha creato una colonna sonora bellissima. Piena di leggerezza, di immaginazione”.

<Alessandro Mezzena Lona<

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