Le profezie, si sa, sono fatte per essere smentite. E chi vaticinava che uno scrittore italiano non sarebbe mai stato in grado di scrivere un buon libro di fantascienza, un thriller che non facesse ridere, si è fatto clamorosamente smentire. Non serve nemmeno andare a disturbare autentici mostri sacri come Carlo Emilio Gadda e il suo “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”, riconosciuto da tutti come uno dei più alti esempi di romanzo d’investigazione dove si fondono un’elevata ricerca linguistica e una voglia di scardinare la struttura del racconto davvero ardita. O come Leonardo Sciascia, che per primo ha saputo strappare la maschera all’onorata società, mafiosa ma non solo, con autentici capolavori come “Il giorno della civetta”, “Il contesto”, “Todo modo”.
No, basta fermarsi al presente. Tralasciando, per una volta, gli scrittori ormai consacrati (da Loriano Macchiavelli a Massimo Carlotto) e concentrarsi su un autore che ha già fatto un pezzo della sua strada letteraria. Conquistando premi letterari importanti fin dal suo romanzo di debutto, “Il canto degli innocenti”, ha messo in mostra da subito la sua la capacità di inventare storie forti e coinvolgenti. Facendo i conti a muso duro con la piaga della ‘Ndrangheta in “Prima di dirti addio”. Stiamo parlando di Piergiorgio Pulixi, sardo di nascita, milanese d’adozione che ha vissuto per un periodo a Londra. Di recente ha pubblicato con le edizioni e/o il suo nuovo libro “La scelta del buio” (pagg. 189, euro 16). Capitolo secondo dei Canti del Male, che portano in scena un commissario davvero particolare: Vito Strega.
Partito dal collettivo di scrittura Sabot, creato da Carlotto, Pulixi ha mostrato fin dal primo libro di non voler scimmiottare il thriller all’americana. E tantomeno quella specie di surrogato nostrano che prova a trasformare le città italiane in brutte copie di quelle degli States. E i poliziotti del Belpaese in qualcosa che ricordi certi Robocop a stelle e strisce. No, lui preferisce guardare negli occhi la realtà. Raccontando quella che è la spesso drammatica situazione all’interno dei commissariati di polizia. Dove regnano invidie e malumori, trame oscure scarso spirito di squadra. Dove si lavora spesso senza poter contare nemmeno su un pieno di benzina per pattugliare le strade con le volanti.
Vito Strega è un poliziotto caduto in disgrazia. Rientrato in servizio con un’accusa pesantissima sulle spalle, quella di vedere ammazzato un collega, si ritrova tra le mani un caso davvero spinoso. Deve fare luce, infatti, sul suicidio di un ispettore della Omicidi. Un uomo che gran parte dei superiori, e dei colleghi, piangono già come una vittima della depressione nervosa e della sua ingarbugliata vita. Come dire che quasi nessuno vuole ficcare per davvero il naso in quella vicenda.
Ma perché? Semplice: indagando tra mille difficoltà, con il rischio di essere esautorato proprio quando sta per risolvere il mistero, Vito Strega scopre uno strano giro di bambini venduti e comprati. Di donne ridotte in schiavitù. Di inconfessabili intrallazzi tra poliziotti e malviventi. Fino a scoperchiare un termitaio di schifezze davvero difficile da immaginare.
Forte di uno stile asciutto e adrenalinico, costruendo dialoghi scarni e di grande immediatezza, Pulixi racconta un’Italia che gli inviati dei giornali, e soprattutto dei telegiornali, non sanno o non vogliono più vedere. Dove il malaffare si è insinuato fin dentro il cuore dell’apparato di giustizia. Dove, ormai, il Male sembra aver messo radici troppo profonde. Tanto da far temere che le tenebre, prima o poi, avranno ragione sulla luce. Ovviamente, solo se riusciranno a spazzare via quei pochi onesti che ancora fanno muro. E non si rassegnano al trionfo del crimine. Come lo scalcinato, coraggioso commissario Vito Strega.
E se la realtà sembra, sempre più spesso fuori rotta, almeno alla letteratura rimane l’illusione che il mondo possa ancora migliorare. E che non tutti siano pronti a sventolare bandiera bianca.
<Alessandro Mezzena Lona