• 24/10/2023

Claire Louise Bennett, viaggio nella vertigine di “Cassa 19”

Claire Louise Bennett, viaggio nella vertigine di “Cassa 19”

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“Dev’essere per questo che scrivo. La mia vita è un unico giorno. Ed è così cxhe il passato è per me presente e futuro. Tutto in una sala vertigine”. Così scriveva Clarice Lispector in quel capolavoro che è “Un soffio di vita” (tradotto da Roberto Francavilla per Adelphi). E aggiungeva anche che “in ogni parola batte un cuore” e che “ogni libro è un viaggio a occhi bendati”. Perché lei, la scrittrice nata in Ucraina che è stata portata in Brasile quando aveva poco più di un anno, credeva con tutta se stessa nella forza, nella fascinazione profonda, nel negromantico pooere della scrittura. Tanto da riuscire a fare della sua produzione letteraria un viaggio liberissimo nel cuore selvaggio e oscuro della realtà.

E Clarice Lispector, non a caso, è uno degli spiriti guida letterari di Claire Louise Bennett. Tanto che la scrittrice nata e cresciuta nel Wiltshire, nel sudovest della Gran Bretagna, che oggi vive a Galway in Irlanda, non esita a citare più volte Clarice Lispector nel suo straordinario, magmatico, perturbante nuovo romanzo: “Cassa 19”, tradotto da uno scrittore raffinato come Tommaso Pincio per Bompiani (pagg. 225, euro 20).

A tratti, nella scrittura di Claire Louise Bennett, si riconosce quanta sintonia ci sia tra le due autrici: Claire e Clarice, accomunate anche dalla somiglianza dei nomi,. Ad esempio, quando scrive: “Le parole sono, come dire, vive e chiare, sono come organismi, sì, proprio come organismi – e sono estremamente potenti. Quando infine entrano in contatto con un paio di occhi vibrano all’istante e in maniera impercettibile, si animano ed emettono onde sofisticate e di grande potenza che gli occhi accolgono e in questo modo, attraverso gli occhi, queste straordinarie vibrazioni stimolano e aprono sentieri profondi nlla coscienza dell’osservatore. Non ci sono più blocchi, né limitazioni, né meccanismi di difesa, nulla che intralci il cammino”.

Se il sottotitolo di “Un soffio di vita” era “Pulsazioni”, la scrittura di Claire Louise Bennett potrebbe ricordare un continuo alternarsi di sistole e diastole del cuore narrativo della scrittrice. La sua prosa, infatti, non conosce divieti, non si pone mai limiti. ed è per questo che “Cassa 19” è un romanzo indefinibile. Autobiografia del tutto immaginaria, ma anche libro di formazione fuori rotta, dichiarazione d’amore inestinguibile per la letteratura e per l’immaginare storie, questo testo parla al cuore pulsante del lettore. Senza porre dei filtri in mezzo.

“Cassa 19” è un’ opera narrativa, ma anche poetica, che non si pone mai dentro il confine angusto della storia. Eppure, in queste pocio più di 200 pagine, pullulano le storie. Soprattutto quella di una ragazza che lavora alla Cassa 19 di un supermercato. E si trova, all’improvviso, a fare i conti con il mondo dei libro, quando un imponente signore le regala una copia di “Al di là del bene e del male”, che Friedrich Nietzsche pubblicò a proprie spese nel 1886. Per mettere a punto quello che sarebbe stato, poi, il ribollire del suo pensiero filosofico, che già aveva abbozzato in maniera del tutto immaginifica in “Così parlò Zarathustra”.

Quel volume regalato sarà il guardiano della soglia capace di spalancarle le porte sul mondo della letteratura alla voce narrante di “Cassa 19”. Tanto da farle iniziare questo lunghissimo, liberissimo viaggio nella sua giovane vita, e in tutto quello che le sta attorno, con una frase emblematica: “Dopo avevamo spesso un libro con noi”. Anche se le parole, l’immaginazione, il saper creare storie sulla carta, non le risparmieranno il confronto ambiguo, spesso impietoso, sempre contraddittorio con l’amore. Cristallizzato nel complicato rapporto sentimentale con Dale.

Se Claire Louise Bennett era già riuscita a catturare i suoi lettori con “Stagno”, tradotto sempre da Topmmaso Pincio e pubblicato da Bompiani nel 2019, questa volta con “Cassa 19” li invita a cancellare i confini di spazio e di tempo che, di solito, delimitano una storia. Li porta e entrare e a viaggiare lungo le traiettorie di quella “sola vertigine” di cui parlava Clarice Lispector. Scrivendo un testo fluviale, dove l’incalzare della prosa non concede mai respiro, dove non esistono in pratica gli “a capo”, dove la forza fiammeggiante della scrittura promette salvezza e dannazione. Perché questo non è un libro da comodino. Non copnsente una lettura spezzettata, tirchia, quelle delle due-tre pagine alla volta prima di addormentarsi.

No, la lettura di “Cassa 19” deve avere il passo e i tempi di un’iniziazione esoterica al fascino della scrittura e del raccontare. Deve sradicare chi si immerge tra le pagine ad abbandonare la propria pallida quotidianità. Per farsi possedere dalla voce di chi crede, fortissimamente crede, nel potere alchemico della letteratura: “Non riuscivo a liberarmi dell’idea – scrive Claire Louise Bennett, medium raffinata della voce narrante – che da qualche parte ci potesse essere una frase. Una frase soltanto. Di uno splendore trascendentale da sconvolgere il mondo. E quell’idea mi bruciava dentro. Un fuoco continuo”.

“Scrivere è una pietra gettata in un pozzo profondo”, diceva Clarice Lispector. Immergendosi con la fantasia in quel pozzo profondo, Claire Louise Bennett ha trovato il giusto tono di voce narrativa per mettere a punto quel gioiello che è “Cassa 19”. Dove in ogni parola c’è un cuore che batte.

<Alessandro Mezzena Lona

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