A qualcuno piace vederci già sull’orlo dell’apocalisse. Qualcun altro preferisce non pensare al futuro, godersi l’attimo fuggente, fregandosene di chi verrà dopo di noi. E la maggior parte delle persone continua a chiedersi smarrita: ma chi ha ragione? Chi è che bara? I catastrofisti o gli incoscienti, gli apocalittici o gli integrati. E spesso, nemmeno gli scienziati forniscono risposte chiare. Litigano tra di loro, si fronteggiano a colpi di statistiche, sempre nuove ipotesi, oscure dissertazioni. Finendo per regalare soltanto responsi fumosi.
Per capire qualcosa di più, Pordenonelegge ha invitato uno scienziato, che è docente di Fisica teorica all’University of Surrey, e divulgatore, visto che insegna pure Comunicazione scientifica, come il britannico, nato a di Baghdad, Jim Al-Khalili. Proprio lui, per fare chiarezza su alcuni punti controversi del nostro presente, ha chiamato a raccolta un pool di ricercatori e studiosi di altissimo livello. Philip Ball e Adam Kucharski, Lewis Dartnell e Noel Sharkey, Julia Slingo e Winfried K. Hensinger, hanno scritto una serie di saggi sul cambiamento climatico e l’evoluzione della robotica, l’informatica influenzata dalla fisica quantistica e il futuro della medicina e della genomica, i viaggi nel tempo e la possibilità di realizzare il fantascientifico teletrasporto, raccolti sotto il titolo “Il futuro che verrà” e tradotti da Giuliana Olivero per Bollati Boringhieri (pagg. 243, euro 23).
Un libro, coordinato e curato dallo stesso Jim Al-Khalili, che non vuole regalare né verità né certezze. Cerca, piuttosto, di fornire informazioni corrette su quei temi che contrappongono profeti a scettici, apocalittici a realisti. Per permettere al lettore, che non si accontenta del solito bla bla mediatico, viziato da improvvide contrapposizione ideologiche, di farsi un opinione sua. Ragionata, lucida, non viziata da manipolazioni.
“Sono molte le sfide che l’umanità dovrà affrontare – spiega Jim Al-Khalili -. E non sto pensando soltanto all’emergenza legata ai cambiamenti del clima, ma anche, per esempio, alla resistenza di certi microbi agli antibiotici, il rischio di improvvise pandemie, l’aumento demografico che porterà a una carenza di cibo, acqua, energia. Sono un ottimista per carattere e spero che la scienza saprà dare le risposte giuste, che tutti aspettiamo. Però serve una volontà politica per affrontare questioni così complesse.
Donald Trump ha ritirato gli Stati Uniti dall’accordo di Parigi. È un segnale che preoccupa molti?
“Senza dubbio. Io credo che la gente, tutti noi dovremmo essere correttamente informati, educati a capire le sfide che ci attendono nel futuro. La scienza può fare la sua parte, ma se scegliamo rappresentanti politici che non capiscono i rischi, e agiscono di conseguenza, allora la faccenda si complica”.
Rischiamo davvero che la Terra venga sommersa dagli oceani?
“È un’ipotesi che ci spaventa. Ma non è detto che deva andare così. Nel nostro libro, a trattare questo argomento è Julia Slingo, che è stata a capo del Servizio meteorologico del Regno Unito. Lei si interroga su quali potranno essere le conseguenze se non prenderemo decisioni lucide entro il 2050. Dice che per alcuni Paesi la situazione potrebbe addirittura migliorare. Un aumento della temperatura dove fa sempre freddo porterebbe indubbi benefici. Ma altre aree della Terra, come il Sudest Asiatico o il Continente Indiano, dove già la popolazione deve fare i conti con i danni causati dalle inondazioni provocate dai monsoni, un rialzo della temperatura di due gradi potrebbe comportare una preoccupante crescita del livello delle acque, fino a 50 centimetri. Portando ancor più catastrofiche inondazioni, e problemi forse irrisolvibili, per l’agricoltura e l’approvvigionamento alimentare”.
E in Europa?
“L’abbiamo già sperimentato nelle ultime estati. Il tempo sta diventando estremo. Si alternano periodi di caldo soffocante a improvvise tempeste di pioggia e grandine. In Africa, poi, il clima pazzo moltiplicherebbe la siccità e la desertificazione”.
Quello che tutti si chiedono è: sopravviveremo?
“Da ottimista, potrei rispondere: sì. Però sono sicuro che non sarà una sfida facile. La scienza, soprattutto l’intelligenza artificiale, ci potrà aiutare nell’elaborare quell’enorme massa di dati che forniranno una risposta al cambiamento climatico, all’insorgere di malattia resistenti agli attuali farmaci. In questa grande incertezza, voglio sperare che l’uomo non starà lì a perdere tempo. Anche perché se non prenderemo le decisioni giuste, temo che ci tireremo addosso un grosso guaio. Che potrebbe mettere a rischio il futuro della Terra”.
Da chi arriveranno le risposte giuste?
“La robotica, l’intelligenza artificiale e l’automazione, sono i settori che avranno un impatto maggiore sulla gestione del nostro domani. Basterebbe ricordare come l’avvento di internet ha cambiato il mondo negli ultimi 25 anni. E credo che nei prossimi decenni ci saranno innovazioni che porteranno sconvolgimenti positivi ancora maggiori. Da poco sono stato nominato presidente della British Science Association e, nel primo discorso, ho detto chiaramente che quella dell’intelligenza artificiale è la sfida più importante che ci attende”.
Anche dal punto di vista economico?
“Io direi che questa sfida va al di là dell’aspetto economico e delle spese che comporterà. Grandi aziende come Google, Amazon, continueranno a sviluppare i loro algoritmi a prescindere dagli investimenti dei governi. Il problema è riuscire a spiegare alle persone che non devono temere la robotica. Altrimenti, se percepiranno una diffidenza evidente tra le popolazioni, i governi non saranno interessati a destinare somme di denaro importanti allo sviluppo di questo settore. Se così andasse, finirà che saranno le grandi aziende a controllare i nostri dati, le nostre vite. A venderci quello che decideranno loro. Quindi, serve elaborare in fretta normative, codici etici, per regolamentare l’avvento dei robot”.
Sta scrivendo il suo primo romanzo: ce lo racconta?
“Nel mio primo romanzo racconterò il futuro nei prossimi 25 anni. La storia sta in bilico tra la fantascienza e il thriller. Naturalmente ho voluto puntare gli occhi su un mondo minacciato da tutti i rischi di cui abbiamo parlato finora. Spetta alla scienza il compito di salvarla. Una delle mia attività è quella di condurre un trasmissione radiofonica per la Bbc. Mi è capitato di intervistare molti scienziati, anche l’italiano Carlo Rovelli, e da tutte queste conversazioni ho tratto molti spunti per il libro. Devo dire che è stata una bella avventura, perché scrivere fiction non è esattamente come fare divulgazione scientifica. Ci vuole una trama, personaggi credibili, buoni e cattivi, azione, informazione. Insomma, toccherà ai lettori dire se sarò promosso o bocciato”.
<Alessandro Mezzena Lona