• 25/09/2018

Bernie McGill: “Conosco la magia, sta dentro i libri”

Bernie McGill: “Conosco la magia, sta dentro i libri”

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Leggere, per Bernie McGill, ha il sapore di un rito magico. Quand’era bambina, la scrittrice vedeva spesso sparire suo padre, in qualche angolo appartato e tranquillo della casa, con un libro in mano. E quel desiderio di fare silenzio attorno a sé, di dedicare il tempo al misterioso oggetto di carta, la spingevano a ipotizzare che lì dentro, tra le pagine, dovessero nascondersi mondi fantastici. Viaggi che, un giorno, avrebbe voluto intraprendere pure lei.

Non era certo un intellettuale il padre di Bernie McGill. Faceva il muratore, ma quando trovava un po’ di tempo libero non esitava a sottrarsi alla sua rumorosa, e numerosa, famiglia per dedicarsi alla lettura. È per questo che lei, l’autrice nata a Lavey, County Derry, nell’Irlanda del Nord, ha deciso poi di studiare letteratura alla Queen’s University di Belfast. Debuttando come scrittrice nel 2011 con il romanzo “La donna che collezionava farfalle”. Quest’anno è stata ospite di Pordenonelegge con il suo nuovo libro “Le parole nell’aria”, tradotto da Simona Garavelli per Bollati Boringhieri (pagg. 252, euro 17,50).

E come già nella “Donna che collezionava farfalle”, anche in questo romanzo Bernie McGill fa muovere i suoi personaggi al confine tra vecchie superstizioni e rivoluzionarie innovazioni. Nel 1898 sbarca nella piccola isola irlandese di Rathlin uno scienziato italiano. Gabriele Donati è uno dei collaboratori di Guglielmo Marconi. A lui sono stati affidati i primi esperimenti del telegrafo senza fili e della trasmissione di onde radio. Ma non sarà facile far capire a chi abita in quei territori, in cui il rispetto della tradizione gioca ancora un ruolo forte, che quell’uomo è uno degli esponenti di punta della nuova scienza. E non un ciarlatano o, ancora peggio, un figlio delle potenze oscure. Sarà l’incontro con Nuala Byrne, abbandonata dalla famiglia che è andata in cerca di fortuna nel Nuovo Mondo, a dare una svolta alla sua permanenza in Irlanda E se lei lo guiderà con arcana sapienza a superare le diffidenze della gente del posto, lui aiuterà la giovane donna ad ascoltare il suoi cuore. E a capire che non può sprecare la propria vita a fianco del vecchio sarto del paese.

“Non parto mai da una storia che sia troppo definita – spiga Bernie McGill -. Anche in questo caso, non volevo scrivere un romanzo dove un uomo entra nella vita di una donna creando degli effetti positivi. Anche se confesso che il personaggio di Gabriele mi piaceva molto. Ma io preferisco andare dove mi porta la storia”.

Difficile raccontare i pensieri di chi viveva alla fine dell’800?

“Non credo che la gente sia cambiata dal punto di vista emozionale, psicologico. Certo, il nostro mondo ci ha portati a fare un balzo in avanti soprattutto grazie alle nuove tecnologie, alle straordinarie scoperte che si sono fatte negli ultimi decenni. Ovviamente, mentre scrivo cerco di leggere tanto, di documentarmi sul tempo storico che racconto. Ma, alla fine, credo che i miei personaggi si comportino esattamente come farei io”.

La tecnologia spaventa oggi come ieri?

“Proviamo paura davanti alle magie della tecnologia, oggi come alla fine dell’800, quando sull’isola di Rathlin arriva il collaboratore di Guglielmo Marconi. Io stressa sono spaventata quando penso dove ci porteranno le sempre nuove scoperte. Però, scrivendo, non volevo che gli abitanti del paese reagissero come fossero dei primitivi. E non potevo nemmeno evitare di mettere in evidenza il loro sconcerto, che in fondo assomiglia molto al nostro. Perché ogni novità è magica. Pensiamo solo che se, prima della fine del XIX secolo, per mandare un lettera a un parente che abitava a sette miglia di distanza ci voleva una settimana, con il telegrafo la si poteva spedita in pochi secondi. Ecco, oggi forse ci sembra normale che una mail raggiunga un nostro amico al di là dell’oceano in un lampo. In realtà, non dovremmo mai perdere la capacità di meravigliarci davanti a novità che assomigliano a stregonerie”.

Da dove arriva il suo amore per i libri, per le storie?

“Ho sempre amato le parole, i libri. Sono figlia di una famiglia irlandese numerosa e non molto benestante. Eravamo in nove figli. Mio padre era un muratore, ma amava moltissimo leggere. A quel tempo giravano ancora i furgoni con le biblioteche itineranti. E lui prendeva a prestito sempre qualche libro. Poi spariva, letteralmente. Si chiudeva da qualche parte, in casa, per non essere disturbato”.

E questo le dava fastidio?

“No, mi affascinava molto l’idea che ci fosse qualcuno, come gli scrittori, capace di inventare mondi così affascinanti, storie così belle, da portare un uomo a estraniarsi completamente dalla sua rumorosa famiglia. Guardando come si comportava mio padre mi sono innamorata della lettura. E poi, al momento di andare all’università, ho scelto di studiare letteratura. il passaggio alla scrittura è stato un ulteriore, grande salto”.

La scrittura è gioia o tormento?

“Preferisco scrivere racconti. Perché i romanzi, per me, richiedono lo stesso sforzo che comporta ,per un corridore, affrontare una maratona. Poi io mi dedico sempre a intrecci storici, che richiedono una grande ricerca, un’attenzione speciale. Ogni volta mi dico: non ce la faccio, adesso lascio perdere. Ma poi arrivo fino in fondo”.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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