Ha due anni e mezzo, praticamente una bambina. E invece no: lei è una macchina. Un’intelligenza artificiale a cui è stato dato il nome Spawn, che in italiano sarebbe Prole. Una macchina bambina, che sta imparando a muoversi sul pentagramma, a cantare e a pronunciare parole attraverso le tecniche di machine learning. Cioè, seguendo il metodo di apprendimento automatico sviluppato per migliorare in continuazione, e progressivamente, le prestazioni di un algoritmo. L’ha creata la compositrice di musica elettronica Holly Herndon, insieme al suo compagno Mathew Dryhurst. A collaborare con loro è stato il programmatore Jules LaPlace. Il progetto ha potuto contare sul finanziamento di BeBeethoven, che la Germania ha creato per celebrare i 250 anni delle nascita del grande musicista nato a Bonn nel 1770, e morto a Vienna nel 1827.
Non stupisce che proprio Holly Herndon abbia pensato di entrare nel terreno minato dell’intelligenza artificiale con un progetto di musica elettronica. La compositrice americana del Tennessee, che vive tra Berlino e San Francisco, ha sempre subito il fascino delle macchine. E se il primo album, “Movement” era dedicato all’uso del computer, definito “lo strumento più intimo che esista”, il successivo “Platform” era stato registrato nel 2015 filtrando i suoni prodotti dal web attraverso il software di sorveglianza Net Concrete, creato sempre dal suo compagno Mathew Dryhurst. Album tutto incentrato sul tema della sorveglianza digitale e della privacy, messa fortemente in dubbio dopo i vari scandali legati alla violazione di siti governativi e di informazioni riservatissime.
“Proto”, questo il titolo del nuovo lavoro musicale di Holly Herndon, è un viaggio di 44 minuti, suddivisi in 13 brani, che esce per la 4AD. L’etichetta che, molti anni fa, portò alla ribalta progetti musicali di culto come Dean Can Dance e Cocteau Twins, oltre a una geniale e trasversale discesa nella musica oscura come This Mortal Coil. Ed è straniante, elettrizzante e anche commovente ascoltare subito nella prima traccia, “Birth”, il sillabare fanciullesco, e ancora perfettibile, di Spawn, che cerca di bruciare le tappe per essere pronta a duettare con la sua creatrice.
Nelle 13 tracce di “Proto”, Spawn non sostituisce mai Holly Herndon. Canta con lei, si sovrappone alla sua voce. Gioca a provare gli ieratici gorgheggi di Lisa Gerrard in “Canaan (live training)”, si diverte a evocare Le Mystère des Vois Bulgares in “Eternal”, lascia correre veloci i pattern di suono in “Crawler”, per poi inseguirli con atmosfere di sinfonico fascino digitale. Ma si concede anche un finale pop, dai ritmi percussivi suadenti e un celestiale gorgheggio da heavenly voices, in “Last Gasp”, dove il controcanto artificiale al canto umano mette in luce il suo fascino sintetico.
In tutte le interviste rilasciate attorno al suo nuovo album “Proto”, Holly Herndon ha sempre detto di considerare questo progetto come il primo passo di un’evoluzione elettronica del tutto imprevedibile. “Non ho il controllo totale su di lei”, queste le parole della compositrice americana. Anche se ha ammesso: “Non è completamente imprevedibile come un essere umano. La maggior parte delle volte sono sorpresa da quello che riesce a fare. Non imita, crea”. Come dire che un giorno potrebbe anche fare a meno della sua mamma musicale. E provare a tirare fuori dai suoi complicati percorsi algoritmici un disco fatto tutto da sola.
Ma questo, per il momento, è soltanto un sogno lontano. Intanto, però, chi ama la musica che sa valicare le frontiere, come quella di Holly Herndon, può godersi tutta la bellezza di brani come “SWIM”, oppure “Evening shades (live training)” che riporta alla memoria le sequenze di note create per dialogare con altri mondi abitati in “Incontri ravvicinati del terzo tipo” di Steven Spielberg. Oppure, ancora, “Godmother”, dove Spawn viene indicata nei credits come ospite d’onore. Lasciando che l’algoritmo esplori tutta la sua aliena, affascinante creatività.
<Alessandro Mezzena Lona<