• 19/01/2022

Fabrizia Ramondino, le parole hanno un cuore meraviglioso

Fabrizia Ramondino, le parole hanno un cuore meraviglioso

Fabrizia Ramondino, le parole hanno un cuore meraviglioso 1024 682 alemezlo
Aveva imparato nei vicoli di Napoli a maneggiare le parole con cura. Dagli scugnizzi, dalle loro storie. Autentici concentrati di vita vissuta e di liberissimo fantasticare dei bambini poveri. Sempre lì, Fabrizia Ramondino si era impossessata, lentamente, con grande delicatezza e altrettanta forza, della meraviglia del raccontare. Non a caso, tutti i suoi romanzi, le poesie, i reportage, si sono sempre nutriti di un doppio registro narrativo: l’urgenza di guardare negli occhi la realtà, ma anche la necessità di lasciare che la mente si apra allo stupore, allo strano, all’inspiegabile.

Tutto il percorso letterario e umano di Fabrizia Ramondino fa ritornare alla memoria la convinzione profonda di un’altra grande irregolare della letteratura del ‘900: Clarice Lispector. Soprattutto nel passaggio di “Un soffio di vita” in cui la scrittrice brasiliana, di origine ucraina, sosteneva che “in ogni parola batte un cuore”.

Ecco, Fabrizia Ramondino è stata questo: cuore e cervello, passione e ragionamento, educazione e fantasia, cultura alta e sintonia con il mondo degli umili. Autrice di un folgorante romanzo di debutto, “Althénopis”, che conquistò nel 1981 il Premio Napoli e il Lombardi-Satriani nel 1984, la scrittrice nata a Napoli nel 1936, morta per un malore sulla spiaggia di Sant’Agostino a Gaeta dopo un bagno in mare il 23 Giugno del 2008, ha attraversato la cultura e la letteratura italiana a cavallo tra la fine del ‘900 e l’inizio del terzo millennio continuando a pubblicare libri importanti: dal romanzo “Un giorno e mezzo” (1988), ai racconti di “Storie di patio” (1983) e “In viaggio”(1995), fino a “La via” (2008) uscito il giorno dopo la sua scomparsa. Senza dimenticare quelle straordinarie testimonianze della sintonia dell’autrice con il mondo degli adolescenti, rappresentata da un piccolo capolavoro come “L’isola dei bambini” del 1998; con l’esperienza della chiusura dei manicomi voluta da Franco Basaglia e dai suoi collaboratori, trasformata nell’intenso diario narrativo “Passaggio a Trieste” del 2000.

Meritava più attenzione, Fabrizia Ramondino. Perché il mondo italiano delle lettere, troppo impegnato a inseguire transitorie, si è scordato in fretta di una scrittrice che ha saputo rendere omaggio e rinnovare la grande lezione di Elsa Morante, di Anna Maria Ortese, di Natalia Ginzburg. Per questo, a tutti i lettori che non si lasciano ipnotizzare dalle fatue iperboli editoriali, non. può che dare una gioia immensa la notizia della nuova edizione del romanzo “Guerra di infanzia e di Spagna” (pagg. 502, euro 18.50). Primo volume dedicato da Fazi Editore a un serie di riproposte delle opere dell’autrice napoletana.

Pubblicato per la prima volta nel 2002, “Guerra di infanzia e di Spagna” è un autobiografia immaginario. Un lussureggiante romanzo di formazione. Un libro che riprende la via tracciata da “Althénopis”, dove l’io narrante raccontava il mondo inquieto e magico di una famiglia nella Napoli ribattezzata “occhio di vecchia” dagli occupatori nazisti, e la costringe a fare un testacoda spazio-temporale. Focalizzando lo sguardo su un indimenticabile personaggio di adolescente. Titina, infatti, diventa il centro di gravità del mondo largo che le ruota attorno. Un microcosmo che diventa macrocosmo nel momento in cui, insieme alla famiglia, si trasferisce sull’isola di Maiorca. Dove il padre, diplomatico, deve prendere servizio.

Sono anni complicati. Nel 1937, Maiorca è al centro di un furioso scontro militare, ma anche incubatrice di un epocale contrapporsi di visione del mondo, della politica, della società. Da una parte i fascisti di Francisco Franco, le forze della reazione, i bigotti fiancheggiatori di un conservatorismo che strizza l’occhio alla Chiesa cattolica e alla minoranza più ricca della popolazione. Dall’altra parte chi crede nella democrazia, nella condivisione dei beni e delle responsabilità. Di lì a poco, il conflitto infiammerà l’Europa intera. Seminando milioni di morti per un’altra, inutile follia bellica.

Ma per Titina, quelli sono tempi soprattutto di scoperta del mondo che le sta attorno. Giornate trascorse in un’isola meravigliosa e piena di sole, come Maiorca, a dare un nome alle cose. A scoprire il cuore arcano dei rapporti tra i propri familiari e quello che sta al di là del confine di casa. A esplorare la natura lussureggiante del giardino, a conoscere le storie della servitù che affianca in laborioso silenzio la famiglia del diplomatico. In quel suo tempo di epifanie e stupori non manca il richiamo irresistibile dei giochi, il fascino sottile dei travestimenti, i momenti di tenerezza con il padre e il fascinoso, controverso richiamo della madre, la presenza gioiosa e indispensabile del fratello Carlito, gli insegnamenti dell’amata balia Dida.

Legato con forza alla storia privata di Fabrizia Ramondino, figlia lei stessa di un diplomatico, cresciuta tra Maiorca e Napoli, “Guerra d’infanzia e di Spagna” ha il fascino di un romanzo vero, lussureggiante nello stile, prezioso nel suo tessere una lingua alta, ricca, precisa, e, al tempo stesso un narrare vivo, passionale, terragno. Un libro che conquista fin dalle prime righe, con il fluire di una prosa visionaria e sognante, soprattutto padrona degli scenari e delle figure che immagina, e fa crescere tra le pagine.

E se Nadia Terranova, nella sua bella prefazione “Una scrittrice e le sue isole”, chiama in campo un libro straordinario come “Le botteghe color cannella” dello scrittore polacco Bruno Schulz, amatissimo da Italo Calvino, non bisogna dimenticare che la stessa Fabrizia Ramondino tracciava una sorta di albero genealogico dei suoi personaggi. In una nota finale a “Guerra d’infanzia e di Spagna” citava nientemeno che i Fratelli Karamazov, Gigì ed Eugenia Grandet, Claudine e Anna Karenina, il Conte di Montecristo e il principe Myškikn, l’albatro goffo e imbelle di Charles Baudelaire, il corvo di Edgar Allan Poe che recita il funebre ritornello “nevermore, nevermore”. E molti altri.

L’approccio alla letteratura di Fabrizia Ramondino è sempre stato questo: in perfetto equilibrio tra la tradizione e l’innovazione. Con un occhio puntato sulla realtà,  l’altro libero di vagare incontro alle sorprese del possibile, del meraviglioso. E questo “Guerra d’infanzia e di Spagna” rappresenta il punto di partenza ideale per cominciare, o ricominciare, un viaggio nel mondo della scrittrice.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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