Sarà che, a scuola, di certi scrittori non si riesce a parlare quasi mai. E sarà anche che in tante case italiane di libri non ne girano poi a pacchi. In ogni caso, bisogna ammettere che la letteratura del secondo ‘900, per tanti, rimane un oggetto misterioso. Un continente lontanissimo, che qualcuno si azzarda a esplorare soltanto se, e quando, un Roberto Benigni di turno si innamora di qualche autore in particolare e corre in tv, in giro per i teatri d’Italia, a dire quanto gli sono piaciuti i suoi libri. E quanto sarebbe felice che li leggessero il maggior numero di persone possibile.
Ma se restiamo fermi al passaparola, agli innamoramenti temporanei, c’è il rischio che la letteratura del ‘900 diventi in fretta una nebulosa. Un oggetto misterioso che si fa presto a rimuovere dall’orizzonte. Per fortuna, c’è chi si è inventato un modo creativo, intelligente e accattivante per attirare lo sguardo di tanti lettori pigri sui grandi scrittori del passato. Per esempio, il team della casa editrice Becco Giallo, che da un po’ di tempo va pubblicando ottime biografie disegnate di narratori famosissimi, eppure entrati nella zona grigia che sta tra la fama e l’oblio.
Facile sarebbe stato rivolgersi ad autori di graphic novel già famosi. E invece no, la vera sfida è quella di andare a caccia di nuovi talenti. Come Eliana Albertini, veneta di Adria, 25 anni, che ha fondato il collettivo Blanca dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti a Bologna. Proprio lei, con uno stile pittorico e a tratti piacevolmente onirico, trova il coraggio di addentrarsi nel mondo di libri e di idee di uno degli autori più stimati, studiati, premiati, ma poco letti, del secondo ‘900 italiano. Quel Luigi Meneghello che è vissuto tra Malo, in provincia di Vicenza, e Reading, in Inghilterra. È stato narratore, saggista, partigiano, docente universitario, candidato al Premio Nobel, autore di libri bellissimo come “Libera nos a malo”, “Pomo pero”, “I piccoli maestri” sulla lotta partigiana (da cui Daniele Luchetti ha tratto un film omonimo nel 1997 con Stefano Accorsi, Giorgio Pasotti, Marco Paolini e il contributo alla scrittura del soggetto dello stesso Meneghello).
“Luigi Meneghello apprendista italiano”, questo il titolo del romanzo disegnato da Eliana Albertini (pagg.192, euro 21) si muove con grande sensibilità e competenza nel mondo dello scrittore veneto. Esplorando le sue riflessioni sulla centralità della “lingua madre”, del dialetto parlato in casa, che rappresentano un centro di gravità, un’àncora e, al tempo stesso, un’irrinunciabile zavorra per chi, poi, dovrà aprire il proprio orizzonte al mondo. Confrontandosi con altri modi di dire, di pensare, di vivere. Ugualmente affascinanti e ricchi, eppure a volta difficili da comprendere, da possedere. Come quello che sta subito al di là della soglia di casa, nel grande orizzonte della terra patria, dell’Italia.
C’è il Meneghello partigiano, che cerca anche dentro la lotta contro la dittatura fascista, un’affermazione di libertà, di totale indipendenza di pensiero. E c’è il Meneghello proiettato lontano da casa, nella cultura anglosassone, che non può resistere al fascino sottile e potente di un mondo “altro”, pur ben consapevole di non voler diventare uno sradicato. Un uomo, un intellettuale privato del proprio mondo interiore, che affonda le radici in quell’angolino di Veneto. Così povero, ripetitivo, magari bigotto e ottuso, ma pur sempre capace di farlo sentire a casa. Quel mondo che, da bambino, gli faceva pensare che mai e poi mai avrebbe voluto cambiare il presente, l’attimo vissuto. L’attimo fuggente.
Ma c’è un’altra graphic novel che, chi ama la letteratura, non si deve lasciar scappare assolutamente. La firmano Valentina Grande, docente bolognese e conduttrice radiofonica, e Eva Rossetti, laureata in Saperi e tecniche dello spettacolo cinematografico alla Sapienza di Roma. Si intitola “Il mio Salinger” (pagg. 143, euro 19), racconta un frammento biografico dello scrittore del “Giovane Holden” rimasto sempre in ombra. Ovvero, il periodo in cui l’autore americano di New York venne arruolato dall’esercito degli States, spedito in Europa, coinvolto nello sbarco in Normandia sulla spiaggia di Utah Beach. E si ritrovò con la non facile eredità di un disturbo post-traumatico da stress che lo portò ad avvicinarsi a una giovane medico tedesca: Sylvia Welter. Conosciuta in circostanze mai chiarite, forse schierata dalla parte opposta, da quella dei nazisti, sposata in fretta e furia e lasciata dopo otto mesi di un amore, di un matrimonio intenso e difficile.
Non è, quello, un momento ininfluente nella vita di Salinger. Lo scrittore, infatti, si portava appresso da mesi l’idea centrale, e anche un primo abbozzo, del suo fortunatissimo “Giovane Holden”, diventato in seguito un clamoroso successo editoriale. E un classico della letteratura mondiale del ‘900. E sempre agli stessi anni appartengono i sentimenti di insofferenza nei confronti del successo, il desiderio di ritirarsi dal mondo luccicante e falso della celebrità per ritrovare una dimensione più umana, privata. Con questa graphic novel, Grande e Rossetti illuminano un passaggio enigmatico e ricco di aspettative, che lo stesso Salinger dimostrerà, poi, di avere rimosso troppo in fretta. Quando strapperà davanti alla figlia Margaret, senza averla nemmeno letta, una lettera che Sylvia gli spedirà nel 1972. Dopo aver ammirato sul “New Yorker” il suo racconto “Un giorno ideale per i pescibanana”, di cui tanto aveva sentito parlare durante quel loro intenso, fugacissimo amore.
Ma Jerome D. Salinger non era più da tempo il suo Jerry. E come disse alla figlia Margaret, lui non usava riaprire una finestra sul passato che aveva già chiusa da tempo. Così, il mistero di Sylvia rimane intatto. E diventa romanzo nel romanzo, in questo piccolo gioiello fatto di disegni e parole, che conserva tutto il fascino di un frammento di vita osservato da molto vicino da chi ama raccontare storie. Senza sciupare la forza arcana del non detto.
<Alessandro Mezzena Lona