Sarebbe facile, adesso, dire: perfezionismi da ingegnere. E sì, perché Vittorio Giardino, che prima di iniziare a disegnare fumetti lavorava per un’azienda che vendeva robot, ha girato attorno alla storia di Jonas Fink per 26 anni. E anche più. Considerando che s’è messo a pensare a un racconto dedicato al sogno di libertà della Cecoslovacchia, alla Primavera di Praga soffocata nel sangue e nel terrore, poco dopo che i carrarmati dell’Unione Sovietica avevano varcato la frontiera. Imponendo, ancora una volta, al Paese “fratello”, la spietata legge di un modello comunista che non tollerava vie di fuga verso l’indipendenza. Verso un tipo dio società che non fosse strozzata da mille divieti, che non fosse avvelenata dai sospetti e dalle delazioni. Che lasciasse volare libero il pensiero, la parola.
Ma no, non è stato il classico perfezionismo da ingegnere a impegnare Vittorio Giardino per un periodo così lungo sulla trilogia di Jonas Fink. Piuttosto, il disegnatore di Bologna s’è sentito pronto a dare una forma definitiva a questa storia fluviale solo dopo aver letto tutto ciò che serviva per capire bene quegli anni. E, soprattutto, dopo aver confrontato quel mondo chiuso dietro la “cortina di ferro” con l’altra faccia della Cecoslovacchia, ormai divisa in due tronconi. Repubblica Ceca da una parte, Slovacca dall’altra.
Così, dopo 26 anni di letture (da “Tutto scorre” di Vasilij Grossman a “Iscrizione per una casa in cui non voglio più abitare” di Bohumil Hrabal, da “La confessione” di Artur London a “Il libro del riso e dell’oblio” di Milan Kundera), riflessioni, scrittura, disegno, finalmente la trilogia di Jonas Fink è arrivata all’atto finale. Iniziata ufficialmente nel 1994 con la pubblicazione del primo capitolo “L’infanzia”, seguita nel 1997 dal secondo “L’adolescenza”, si chiude adesso con “Il libraio di Praga”, che la casa editrice Rizzoli Lizard ha voluto proporre in un bel volume (edito anche in un’edizione da collezione) completo di tutte e tre le parti del racconto sotto il titolo “Una vita sospesa” (pagg. 335, euro 29).
Chi conosce il lavoro di Giardino sa bene quanto il brillante ingegnere elettronico, che ha lasciato una carriera di successo al momento di trasformarsi in un manager per dedicarsi interamente a disegnare storie, sia uno dei maestri della linea chiara. Della tavola ordinata, pulita, tratteggiata con grande precisione e fantasia. Lo testimoniano le avventure dell’investigatore privato Sam Pezzo, le spy story del malinconico Max Fridman, ma anche i giochi di specchi di “Vacanze fatali”, gli irridenti sogni da psicoanalisi di Little Ego. Ma con Jonas Fink l’autore ha voluto osare qualcosa di più. Perché, specchiandosi in un passato dimenticato troppo in fretta, sembra volersi soffermare a guardare il nostro presente così confuso, e incosciente, con occhi pieni di inquietudine.
La trilogia di Jonas Fink prende forma nell’agosto del 1950. Quando sul finire dell’era staliniana, il dottor Arthur Fink, uno psichiatra ebreo che si rifiuta di firmare l’atto obbligato di ricovero in manicomio per i dissidenti politici, viene arrestato come nemico del popolo e spedito nella prigione di Ruzyne, dopo un lunghissimo calvario in quella terra di nessuno in cui nessuna notizia veniva fornita alle famiglie sulla sorte dei prigionieri. Per il piccolo Jonas e per sua madre comincia così un periodo durissimo, tanto che il ragazzo dovrà presto guadagnare qualche soldo per vivere.
Escluso dal Liceo Smetana, nonostante l’ottimo profitto, perché figlio di un pericoloso nemico del popolo non può stare nella stessa classe della futura classe dirigente comunista, dopo aver imparato i mestieri del manovale e dell’idraulico, Jonas Fink viene assunto come ragazzo di bottega dal signor Pinkel. E lì, nella libreria di quell’uomo che traduce e diffonde in gran segreto i testi del samizdat, dove si possono trovare autentici capolavori, dalle poesie di Anna Achmatova al “Dottor Zivago” di Boris Pasternak, entra in contatto con un gruppo di studenti, gli Odradek, che si definiscono fautori della “sopravvivenza mentale”. Dal momento che si riuniscono ogni domenica alle tre nel parco di Petrin per leggere ad alta voce brani di testi proibiti. Stando ben attenti a non farsi sorprendere dall’occhiuta polizia politica.
Insieme a un nuovo gruppo di amici , Jonas trova anche l’amore. Peccato che Tatiana Gostrov sia figlia di un pezzo grosso dell’ambasciata russa. E che suo padre non possa tollerare che la figlia si innamori di un umile commesso, tanto più che quel ragazzo è figlio di un controrivoluzionario. La porterà lontano, nell’Urss, per provare a rieducarla. A farle dimenticare quell’amicizia sbagliata.
Con un salto temporale di dodici anni, Vittorio Giardino porta il suo Jonas Fink, nel capitolo finale della trilogia, direttamente all’agosto del 1968. i ragazzi del gruppo Odradek sono ormai grandi, ognuno ha trovato il suo posto nella società, nel mondo del lavoro. Il protagonista, adesso, è proprietario della Libreria Pinkel e sogna che il “disgelo” post-staliniano promesso da Nikita Krusciov possa dare ossigeno alla Primavera di Praga. A quel sogno di libertà e di democratizzazione, nel segno di un moderno socialismo, proposto da Alexander Dubček alla Cecoslovacchia. Ma i vecchi stalinisti non mollano, tramano nell’ombra, mettono di nuovo sotto sorveglianza i vecchi “nemici del popolo”. Fino a quando da Mosca arrivano i carrarmati per riportare la normalità. Senza rendersi conto che la Storia ha iniziato il suo conto alla rovescia. Vent’anni dopo il Muro di Berlino verrà ridotto a un cumulo di macerie, l’Urss si inchinerà alla perestrojka voluta da Michail Gorbačev. Il terrore svanirà come la neve a primavera.
Ma il finale della trilogia semina più dubbi che certezze. Ci consegna un Jonas Fink, ormai emigrato in Francia, spaesato al ritorno nella Praga di oggi. Alle prose con il suo vecchio mondo rimodellato dalla frenesia consumista, da un modello di democrazia basato su un’economia invasiva e sfrenata, dove la sua libreria è diventata un negozio come tanti pieno di stracci alla moda, la vecchia birreria un localino trendy senza anima. E il terribile ispettore Muda della polizia segreta, un povero ubriacone che vive di ambigui ricordi. Tutto attorno, si rialzano i muri, riprende forma la tentazione di imporre un ordine soffocante, di sorvegliare con occhiuto fanatismo chi vola con il pensiero oltre gli steccati del sistema. Ma è questo il futuro che sognavano i ragazzi della Primavera di Praga?
Adesso la trilogia è finita. Vittorio Giardino può sognare altre storie, altri orizzonti. Ma Jonas Fink resterà lì, come una pietra miliare della letteratura disegnata. Un capolavoro non soltanto di stile, di bravura grafica, ma anche un modello di narrazione e di impegno civile. Un urlo di libertà contro vecchie e nuove tentazioni di imporre il dogma, il Verbo, che sono sempre in agguato.
<Alessandro Mezzena Lona