• 03/09/2018

Lisa Halliday, il segreto del vivere sta nella “Asimmetria”

Lisa Halliday, il segreto del vivere sta nella “Asimmetria”

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Qualcuno leggerà “Asimettria” armato di un evidenziatore che si chiama curiosità. C’è da scommetterlo. Perché, prima ancora che uscisse negli Stati Uniti il romanzo di debutto di Lisa Halliday, più di un giornalista s’era affrettato a raccontare la sbilenca storia d’amore, vera, tra l’autrice ventenne e uno dei totem della letteratura americana: Philip Roth. Che, allora, aveva sessant’anni, non se la passava troppo bene con la salute. E, soprattutto cercava di non farsi travolgere dall’ansia e dell’amarezza per un Premio Nobel per la letteratura che lo vedeva favorito anno dopo anno, ma che non arrivava mai. Tanto che la morte se l’è portato via il 22 maggio del 2018 senza che il prestigioso riconoscimento sia venuto a coronare, anche all’ultimo istante, una carriera letteraria riconosciuta e apprezzata da tutti.

Adesso, “Asimmetria” è uscito nella traduzione italiana di Federica Aceto, pubblicata da Feltrinelli (pagg. 287, euro 17). E la scrittrice cresciuta a Medfield, Massachusetts, che dal 2011 vive a Milano ed è sposata con un italiano che lavora nel mondo dell’editoria (ambiente che conosce molto bene anche lei, oggi quarantunenne, dal momento che è stata agente, editor, traduttrice e ghostwriter fin da giovanissima) dialogherà con i lettori di Pordenonelegge domenica 23 settembre, all’Auditorium dell’Istituto Vendramini alle 19, affiancata dalla giornalista e scrittrice Caterina Bonvicini.

Non solo di Philp Roth e del lontano amore di Lisa Halliday per questo immenso scrittore molto più vecchio di lei parla, però, il romanzo. Perché “Asimmetria” è un libro che merita una lettura molto più attenta, profonda, indagatrice, di quanto un certo giornalismo, malato di dietrologia e gusto del pettegolezzo, abbia trascurato di mettere in evidenza. A partire dal titolo, che lascia intuire un andamento narrativo del tutto libero da una forzata linearità. Lontanissimo da quel desiderio, oggi fin troppo invadente, di accontentare lettori sempre più refrattari a confrontarsi con opere letterarie almeno un po’ trasgressive nella struttura e nel modo di narrare.

E allora, bisogna dire subito che “Asimmetria”, da questo punto di vista, sembra costruito proprio per andare controcorrente. Visto che le prime due parti del romanzo, “Follia” e “Pazzia”, possono apparire come corpi del tutto estranei tra loro. Lisa Halliday parte da una citazione di Martin Gardner, matematico, illusionista, divulgatore scientifico morto nel 2010, tratta da “The annotated Alice”, che varrà la pena tenere presente mentre ci si addentra nella trama del libro: “Noi tutti viviamo vite di farsa, sotto un’inesplicabile condanna a morte”. Perché appena inizia, la storia prende subito i toni della leggerezza. C’è una ragazza che si annoia, seduta tutta sola a Central Park. Nemmeno il libro che tiene aperto sulle ginocchia riesce a distrarla. Perché “era fatto quasi esclusivamente di paragrafi lunghissimi, non c’era traccia di virgolette doppie, e a che serve un libro, pensò Alice, senza virgolette doppie?”.

All’improvviso, in quella New York dove ti puoi sentire tremendamente solo in mezzo a migliaia di persone, compare un uomo. Ha i riccioli grigi come il peltro, si siede accanto ad Alice con in mano un cono gelato e le chiede: “Cosa leggi?”. Mettendo in movimento il meccanismo della seduzione. Perché lui la corteggia, la fa sentire al centro dei suoi pensieri, poi aspetta un sabato di pioggia per invitarla a casa sua. E lì, prima di farla entrare, le offre un bicchiere d’acqua e le controlla il contenuto della borsetta. Per “motivi di sicurezza”.

Da quel momento, costruisce attorno a lei un gioco di attenzioni e piccoli ricatti. Le regala soldi, estingue il suo debito studentesco, compera per Alice leccornie, le suggerisce i libri da leggere. Intanto, non si fa troppi scrupoli a mostrare il suo inarrestabile decadimento fisico. Il cuore che non regge più il ritmo giusto, la schiena ridotta a una carcassa, la bocca che ciondola senza che lui se ne accorga. La ammette nel suo buen retiro, lontano da New York, quando è stufo di starsene da solo. E la notte che deve andare al pronto soccorso, la presenta come la sua figlioccia. Ben conscio che quella storia non ha futuro.

Ma è amore quello? O solo un aggrapparsi di anime che hanno trovato il punto giusto e il momento giusto per tenersi a galla a vicenda? Ezra sa che Alice un giorno scriverà, ma di cosa? “Scrivere di me non mi sembra abbastanza importante”, confessa lei. E lo scrittore: “In confronto a cosa?”. “Alla guerra. Le dittature. Le relazioni internazionali”. In effetti, sembra strano raccontare una storia così minima, intima, fatta di passaggi lievi, se si alzano gli occhi verso l’orizzonte. Se ci si rende conto di quante lacrime, di quanto sangue stia versando il mondo là fuori. E allora, Lisa Halliday spalanca la finestra su una realtà più oscura, cambia registro, e si ferma ad ascoltare la storia di un cittadino iracheno. Amar Ala Jaafari, nato su un aereo che fa rotta tra Baghdad e New York, si trova bloccato all’aeroporto di Heathrow perché le autorità inglesi dell’ufficio immigrazione non riescono a capire il motivo vero del suo viaggio dagli Stati Uniti verso l’Iraq. Sarà un faccendiere, un terrorista, o cos’altro dio più inquietante?

A nulla servono i suoi documenti, perfettamente in regola. Non basta nemmeno il rivelare il suo appuntamento con un amico inglese, del tutto rispettabile. Sembra che il solo fatto di essere uno straniero nel tempo in cui, da qualche parte là, nel Nord Africa, è arrivato l’ordine di tirare giù le Twin Towers, lo metta di diritto nella categoria vaga e indecifrabile dei sospetti. A nulla servirà nemmeno spiegare che suo fratello Sami si è trasferito nel Kurdistan, è sparito, probabilmente nella mani di misteriosi sequestratori, e lui sta andando a cercarlo.

Come nella storia tra Ezra e Alice, così anche nell’inquietante fase di stallo nella vita di Amar, è sempre un sottile gioco di potere che regge le sorti dei destini umani. Sia fatto di piccoli ricatti sentimentali o di grandi divieti burocratici, il gioco del controllo, della gestione del tempo e dell’agire altrui, segue traiettorie asimmetriche, eppure terribilmente logiche. Tanto che il romanzo si chiude con un’ancora più sconcertante, e in apparenza “estranea” intervista fatta dalla Bbc a un loquacissimo e seduttivo Ezra Blazer. Dimenticata la storia con Alice, lo scrittore parte con meditata e strategica lentezza all’assalto della giornalista che gli fa le domande. Tanto da concludere il colloquio con un fin troppo prevedibile invito ad accompagnarlo a un concerto di Maurizio Pollini al Royal Festival Hall. “Io potrò portare solo una donna, e mi piacerebbe che quella donna fosse lei. Perciò. Che ne dice signorina? Le va?”.

C’è un motivo in più per fare in modo che quella proposta diventi un “sì”. Perché Ezra Blazer, nel frattempo, ha vinto il Nobel per la letteratura. E quale donna, seppure moglie e mamma, se la sentirebbe di rimandare al mittente l’invito di un uomo che tutto il mondo sogna di incontrare? Anche se lui, nell’intervista, ha dichiarato senza vergognarsi che su un’isola deserta avrebbe portato una bambola gonfiabile. Perché, assicura lo scrittore, “questa mania di addomesticare e possedere, questa follia necessaria, è lo stesso bisogno che fa scattare e durare l’amore”. Il sottile minuetto del potere tra maschi e femmine, insomma, si balla sempre con gli stessi passio obbligati.

Ma se il gioco della parti, con soavi crudeltà annesso, è il fil di ferro, la struttura portante che permette ai personaggi di restare sempre in piedi, quello che rende “Asimmetria” un romanzo di grande fascino e bellezza è la la volontà di Lisa Halliday di fare del suo libro un micromondo del tutto autosufficiente. Dove una lingua spigliata ed elettrica, ma anche ponderata e dolente al momento opportuno, si rispecchia nel ricordo di autori, testi, passaggi indimenticabili tratti da capolavori che hanno segnato il divenire della letteratura. Forse l’unico vero viatico davvero valido per non smarrirsi nel guazzabuglio del vivere

<Alessandro Mezzena Lona

 

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