• 20/09/2018

Margaret George: “Difendo Nerone, non era un mostro”

Margaret George: “Difendo Nerone, non era un mostro”

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Se va bene lo raccontano come un tiranno depravato. Se vogliono stimolare la fantasia dei lettori, allora entra in scena il maniaco sessuale violento. E in ogni caso, ben che vada, Nerone finisce per non scrollarsi mai di dosso la fama di imperatore pazzo. Un inquietante simbolo del Potere fuori controllo. O, addirittura, l’incarnazione della Bestia che l’Apocalisse di Giovanni cela dietro l’esoterico numero 666. Che corrisponde alla figura di colui che dalle tenebre si opporrà al Regno della luce. L’Anticristo, insomma.

Ma Nerone era davvero questo cumulo di nefandezze, il mostro che ci hanno descritto? Forse no. Tanto che Margaret George ha deciso di dedicargli una monumentale biografia romanzata che si intitola proprio “Nerone”. Tradotta da Federica Garlaschelli per Longanesi (pagg. 544, euro 22), divisa in due volumi, ha portato la scrittrice americana di Nashville a presentare la prima parte nell’ambito di Pordenonelegge. E chi ha letto questo assaggio di oltre cinquecento pagine già aspetta l’uscita del capitolo finale.

Il Nerone di Margaret George, che ha conquistato schiere di lettori nel mondo raccontando Enrico Viii nella biografia romanzata, diventata in fretta un bestseller, “Il re e il suo giullare”, è decisamente diverso da quello che le fonti storiche, la letteratura e il cinema ci hanno fatto conoscere. Segnato da un’infanzia difficile vissuta all’ombra dello zio, l’imperatore Caligola, costretto a fare i conti con una madre come Agrippina, che non ha mai dimostrato di amarlo veramente, innamorato della musica e delle arti, complici anche i suoi istitutori tra cui spiccava il filosofo stoico Lucio Anneo Seneca, si troverà nel ruolo di imperatore in una Roma che brulicava di intrighi e di feroci contrapposizioni. Circondato dalle macchinazioni dei nemici, impossibilitato ad abbandonare il trono, finirà per lasciare un segno forte sulla Storia. Ma non solo in negativo, come pensavano i suoi detrattori.

Nerone mi sembra una figura affascinante soprattutto perché di lui è sopravvissuto soltanto il volto malvagio – spiega Margaret George -. Tutte le fonti dirette che ci sono rimaste, e che parlano di lui, trascurano del tutto gli aspetti positivi, creativi. Gli aristocratici di quel tempo non approvavano la sua vena artistica, il suo amore per la musica. Si innescava, insomma, lo stessa meccanismo che porta una famiglia borghese di oggi a contrastare le aspirazioni del figlio che sogna di fare il cantante in una rock band, mentre i genitori vogliono che prenda una laurea in Legge.

Il problema principale era il suo ruolo?

“Certo, Nerone  era l’imperatore. Non gli veniva consentito di dare le dimissioni, tantomeno per vivere la sua vita da artista. Per rinunciare al suo ruolo, c’era una sola via: doveva morire. Io trovo che la sua figura sia molto moderna. Che valichi il tempo. Credo che abbia pagato un prezzo molto alto, visto che non è stato capito dai suoi contemporanei”.

Quanto è storicamente inattaccabile il suo Nerone, e quanto viaggia al traino della fantasia?

“Ho cercato di attenermi ai fatti storici con grande precisione. Però, poi, per creare i dialoghi, i pensieri più intimi dei personaggi, ho dovuto per forza far entrare in gioco l’immaginazione del narratore. Più che inventare dei fatti, ho cercato di capire le motivazioni. Per esempio, ho dovuto immaginare i motivi profondi che impedivano a Nerone di convivere con sua madre Agrippina. Lei aveva scritto un diario, che però è andato perduto. Quindi, perché il romanzo avesse una sua struttura forte, e al tempo stesso coinvolgente, mi sono immaginata che cosa potesse esserci lì dentro”.

Ma gli storici cambieranno idea su quello che è stato dipinto come la Bestia dell’Apocalisse?

“Lo spero. Sarebbe bello che questo mio doppio libro potesse suggerire anche ai lettori, oltre che agli storici, un’immagine più compassionevole di Nerone. Per far impallidire la figura del tiranno assetato di sangue, del folle maniaco sessuale. Di quello che è stato dipinto come l’Anticristo, il 666 dell’Apocalisse di Giovanni. Ho lavorato molto sulle sfumature del personaggio, sulla sua sensibilità artistica. Per far capire che il ritratto di lui che ci è stato lasciato d Tacito, Svetonio e Cassio Dione non corrisponde al vero”.

Ma le fonti contengono anche la grandezza visionaria di Nerone…

“Ed è proprio quegli aspetti che ho voluto mettere in primo piano. Per esempio, un capolavoro assoluto come la Domus Aurea dimostra quanto sia stato visionario e pieno di splendide idee questo uomo considerato da tutti un pazzo. Anche se molti lo criticavano proprio per la quantità di soldi che spendeva per realizzare certi sogni”.

Quando ha scoperto il suo amore per la scrittura?

“Ho iniziato a scrivere che ero una bambina. Ma a otto, nove anni non mi sarei mai sognava di progettare libri così complessi e impegnativi. Soltanto attorno ai 28-30 mi sono innamorata della figura di Enrico VIII, che ho trasformato poi nel centro di gravità del mio libro ‘Il re e il suo giullare’. Certo, non sono lavori che si possono concludere in fretta. Bisogna visitare i musei, le città dove si sono svolti i fatti, consultare le fonti storiche rimaste. Però, ogni volta questa sfida mi appassiona molto. E quando finisco di scrivere, penso già quale sarà il prossimo personaggio di cui mi occuperò”.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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