• 24/09/2018

Siri Jacobsen: “La letteratura, un antidoto contro le risse politiche”

Siri Jacobsen: “La letteratura, un antidoto contro le risse politiche”

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Cercare un orizzonte. Ritrovare le origini della famiglia. Fare un viaggio a ritroso nel tempo per capire tutti i dettagli della propria storia. È quello che sogna la giovane protagonista di “Isola”, romanzo di debutto della scrittrice danese Siri Jacobsen. Ma questo suo desiderio, questa nostalgia di un’isola delle Faroe, dove non ha mai abitato, ma che ha sempre sentito chiamare casa, non è una fuga dalla realtà. Non assume il significato di un allontanarsi dagli altri. Anzi, nel ritrovare se stessi, il proprio centro di gravità, sta proprio la grande opportunità di riuscire, poi, a comprendere meglio gli altri.

Scritto come un liberissimo viaggio della mente, portato ad alta quota con una lingua ricca di immagini e di ispirazione poetica, dotato della forza dei sogni più fragili e indistruttibili, “Isola”, tradotto dalla bravissima Maria Valeria D’Avino per Iperborea (pagg. 223, euro 17), ha fatto scoprire ai lettori italiani lo straordinario talento narrativo di Siri Jacobsen. Cresciuta in Danimarca, la giovane scrittrice ha conquistato anche il pubblico di Pordenonelegge dicendo con parole limpide, pacate, ma al tempo stesso inequivocabili, che la letteratura deve saper parlare a tutti in un momento in cui l’Europa sembra capace di lasciarsi ingolfare soltanto in sterili risse verbali.

Le Isole Faroe, da cui la sua famiglia è emigrata negli anni Trenta, assumono nel romanzo di Siri Jacobsen il ruolo della perduta, sognata, amata Zacinto di Ugo Foscolo, Nei cui versi, non a caso, ritornava la figura dell’esule per antonomasia: Ulisse (“L’inclito verso di colui che l’acque / Cantò fatali, ed il diverso esiglio / Per cui bello di fama e di sventura / Baciò la sua petrosa Itaca Ulisse”). E lì, la protagonista di “Isola” ritrova lentamente la memoria della famiglia, i racconti leggendari di chi c’è stato prima di lei, le care ombre di nonno Fritz< e nonna Marita. Sullo sfondo di un piccolo arcipelago disperso nell’Oceano Atlantico, che non ha mai smesso di rivendicare la propria identità indipendenza. Nemmeno quando tuonavano i cannoni.

“Questo libro ha preso forma dalla mia storia familiare – dice Siri Jacobsen -. Io sono un emigrante di terza generazione, visto che la mia famiglia è andata a vivere in Danimarca dalle Isole Faroe parecchio tempo fa. Sia da parte di mia madre che di mio padre. Così, ho ricostruito queste storie, che non conoscevo bene, e mi sono messa a scrivere. Mi interessava molto esplorare il perché e il come ti puoi sentire, o non sentire, a casa in un luogo”.

Ma quando si è detta che, prima o poi, avrebbe scritto un libro?

“Quando avevo 11 anni. Prima pensavo che sarei diventata una poetessa, poi ho capito che quella non sarebbe stata la strada giusta. Praticamente scrivo da sempre. Però, attorno ai trent’anni mi sono detta: adesso devo far leggere a qualcuno le mie cose. Altrimenti continuo a riempire i cassetti di tentativi che nessuno leggerà mai”.

E com’è andata?

“Il problema è che ho portato in lettura a un editore un saggiio. E lui mi ha detto subito: a me interessano i romanzi. Ritorna quando ne avrai uno pronto. Così mi sono messa a scrivere quello che poi è diventato ‘Isola’. Forse, senza i suoi consigli non ci avrei mai provato”.

Quanto c’è di Siri Jacobsen nella voce che racconta in prima persona “Isola”?

“Non c’è molto di me. Io volevo scrivere una storia gentile, garbata. Così ho dovuto inventarmi una voce che non è la mia, perché io non assomiglio alla protagonista, non racconterei le cose con il tono che usa lei. Però c’è tanto di me nelle descrizioni di certi luoghi che conosco fin dall’infanzia, tutta una serie di situazioni a me familiari, racconti popolari ascoltati mille volte”.

C’è un personaggio che, a un certo punto, dice: “Questa non è Europa, queste sono le Faroe”…

“Non è facile da spiegare questo passaggio. In sostanza, sintetizza il rapporto che c’è tra la Danimarca e le Isole Faroe. Il problema è che il padre della ragazza, chiamato Tarantola, crede di sapere tutto su quei luoghi. E invece viene smentito proprio da chi gli ribatte con questa espressione di ribellione. Perché le Faroe non sono Europa, non sono Danimarca e nemmeno il mondo. Sono un luogo che si può provare a conoscere soltanto vivendoci”.

Come scrive quando decide di raccontare una storia?

“Le cose sono cambiate in questi anni. Quando ho scritto ‘Isola’ lavoravo ancora a tempo pieno. Quindi mi fermavo alla scrivania dalle sei del pomeriggio fino a mezzanotte. Adesso, invece, sto imparando a concentrarmi sulle mie storie anche durante il giorno. E non sempre mi risulta facile”.

Le piace moltissimo leggere?

“Collaboro con diversi quotidiani e riviste. Faccio il critico letterario quindi leggo un sacco di libri, spesso anche opere a cui non sono interessata. Che, forse, non comprerei mai. Devo dire che, della letteratura, quello che lascia un segno profondo in me sono i libri che mettono alla prova le forme troppo rigide. Per esempio, adoro i romanzi che si lasciano contaminare dalla poesia, oppure un testo poetico che piano piano si trasforma in qualcosa di narrativo. Opere, insomma, in cui è evidente una sorta di conflitto interiore”.

Per questi “Isola” ha un impatto forte anche sui lettori che non abitano in Danimarca e dintorni?

“Non volevo che il mio romanzo parlasse solo della Danimarca, delle Faroe, ma che alzasse lo sguardo sul Nord. Quindi mi sono ispirata a molti scrittori come l’islandese Einar Mar Gudmundsson o altri autori che raccontano le loro storie con un po’ di realismo magico. Senza mai dimenticare la grande lezione di Dante Alighieri”.

La protagonista del suo libro sogna di vivere sulle Faroe. E lei?

“Anch’io avevo un sogno: quello di vivere negli Stati Uniti. Da lì arriva la famiglia di mio padre, anche se la vera, lontana origine è la Sicilia. Quand’ero ragazza provavo un desiderio forte di ricreare questi collegamenti familiari interrotti. Per capire meglio perché sono così come sono”.

La letteratura può aiutare l’Europa ad abbassare i toni della rissa continua?

“Se analizziamo il dibattito politico che c’è in Europa, credo sia impossibile negare che i toni sono troppo duri. Per questo sono convinta che la letteratura possa dare il suo contributo cercando di creare un clima di maggiore comprensione. Quindi, adesso, il mio sogno è di riuscire ,con i libri che scrivo, a spingere le persone a sentirsi meno in conflitto con gli altri. Di provare più empatia per chi ci vive accanto”.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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