• 19/05/2019

Phaim Bhuiyan, il nuovo Massimo Troisi viene dal “Bangla”?

Phaim Bhuiyan, il nuovo Massimo Troisi viene dal “Bangla”?

Phaim Bhuiyan, il nuovo Massimo Troisi viene dal “Bangla”? 1024 528 alemezlo
Venticinque anni sono tanti. Anche perché, ogni volta che si avvicina il 4 giugno, e che qualcuno ricorda quanto tempo sia trascorso dalla morte di Massimo Troisi, è difficile non farsi venire il magone. Pensando che, dal 1994, non è più apparso nel panorama cinematografico italiano un personaggio, un attore simile a lui: capace, cioè, di farci ridere come il comico napoletano di San Giorgio a Cremano. Uno, insomma, che, guardando dritto in camera, sappia affastellare a parole una serie di frasi, di allusioni, di emozioni, apparentemente del tutto normali, banali. Eppure dirompenti. Grazie all’eloquio impacciato, al modo di parlare surreale, alla mimica stralunata, irresistibile.

E, adesso, forse sarebbe meglio non farsi troppe illusioni. Aspettare, insomma, almeno un altro po’ prima di lanciarsi in dichiarazioni solenni. Di sottoscrivere impegnative aperture di credito nei confronti di un attore e regista che, tutto sommato, è soltanto al suo film di debutto. Eppure, senza nascondere un sorriso di soddisfazione, non è poi male sussurrare che forse il cinema italiano ha trovato l’erede di Massimo Troisi.

Un altro napoletano? Macché. Uno dei tanti comici saltati fuori dalla batteria di infiniti programmi televisivi? Niente affatto. Il giovanissimo talento si chiama Phaim Bhuiyan. Ma che è, uno scherzo, comincerà a pensare chi è profondamente convinto che un nome e un cognome del genere non abbiano assolutamente niente di italiano. E invece no, perché questo giovanissimo talento di 23 anni è nato e cresciuto a Torpigna. Ovvero Tor Pignattara, uno dei quartieri più popolari e meticci della Roma del terzo millennio. Figlio di genitori arrivati in Italia dal Bangladesh. Ed è approdato al cinema per puro caso. Firmando subito un film d’esordio come “Bangla” che è assolutamente da vedere.

Tra l’altro,  Phaim Bhuiyan non ha mosso un dito per conquistare Domenico Procacci di Fandango, che produce il film. Non si è fatto raccomandare, non ha bussato alla sua porta elemosinando aiuto. No, diciamo che è stato aiutato soprattutto dalla Fortuna. Visto che a spingerlo alla regia è stata un’intuizione di Emanuele Scaringi, che dopo aver visto un servizio realizzato da Francesco Medosi per il programma televisivo di RaiDue “Nemo – Nessuno escluso”, dedicato a Phaim, al suo quartiere, agli amici e ai problemi con le ragazze italiane, ha pensato di segnalarlo a Procacci stesso. Il quale, poi, ha scoperto che Bhuiyan aveva già mosso i primi passi su YouTube, girando videoclip, e che aveva studiato alla Scuola di design e moda Ied di Roma. Quindi, poteva giocarsi le sue carte anche al cinema.

E poi, a ben pensare, mancava una storia che raccontasse le seconde generazioni dell’immigrazione. I ragazzi nati in un Paese diverso da quello dei loro genitori, che devono vivere in equilibrio tra due mondi, due mentalità, due culture, due tradizioni religiose spesso in conflitto tra loro. Un’opera che sapesse parlare di questa realtà come il “Buddha delle periferie” di Hanif Kureishi, o “My beautiful laundrette” di Stephen Frears. E, allora, è sembrato perfetto a Procacci e a tutti lo staff della Fandango puntare su Phaim Bhuiyan e sul suo film “Bangla”, che ha già incassato il Premio Lazio Frames Cinema della Regione Lazio nella selezione “What’s Next Italy” del Mia.

Lo scenario perfetto per “Bangla” non poteva che essere Tor Pignattara. Ed è proprio lì che il giovane Phaim trascina la sua giovane vita in un quartiere che sembra la sintesi perfetta delle contraddizioni del nostro tempo. Abitato da hipster e immigrati costretti a inventarsi il lavoro, dove anche uno spacciatore di droga si può rivelare un acuto interprete della realtà. Un posto avvolto dai profumi del kebab e delle tante pizzerie, aggrappato al rito degli aperitivi e del rigido rispetto delle regole religiose per chi proviene dal mondo musulmano.

Tutto sembra immutabile fino a quando, una sera in un locale dove si svolge un malinconico concorso per giovani gruppi musicali, Phaim viene folgorato da una ragazza italiana. Lei, sui social, è Asia Blu. E non è affatto diffidente nei confronti di quel ragazzo dalla pelle scura (“tra di noi ci chiamiamo negri, ma non è un’offesa”), che vorrebbe corteggiarla anche se non ha il coraggio. E che finisce per innamorarsi dell’innarivabile italiana, pur senza voler valicare i rigidi dettami del credo di Maometto in materia di peccato, fornicazione e castità.

Ma il problema snon è l’Islam, o la pelle scura. Perché a dividere i due ragazzi sarà, piuttosto, il terrore di Phaim di portarla a casa, di presentarla ai genitori. Anche perché Asia Blu (interpretata da una splendida Carlotta Antonelli) non si crea nessun problema a fargli scoprire la sua squinternata coppia di genitori: un papà (l’efficace Pietro Sermonti) che pranza tranquillamente con l’ex moglie (Alessia Giuliani), ormai innamorata di un’altra donna (Milena Mancini), continuando a litigare con lei come se il loro matrimonio non si fosse mai interrotto. Quello che Asia Blu farà fatica a perdonare a lui è l’incapacità di staccarsi da una famiglia troppo radicata nelle proprie tradizioni. Lo scarso coraggio di vivere la propria realtà senza farsi condizionare da regole senza senso, richiami a una cultura e una tradizione che fanno ormai parte di un passato lontano. Come il tacito accordo di Phaim con mamma e papà di sposare una brava ragazza della propria terra, del “Bangla”, magari senza mai averla mai vista prima.

Girato con uno stile lineare e asciutto, raccontato senza mai alzare i toni, e senza rifugiarsi in un falso buonismo o in un inopportuno vittimismo, “Bangla” ha il fascino dei primi film di Nanni Moretti (“Ecce bombo” soprattutto). E può contare sulla surreale, mai forzata, irresistibile comicità di Phaim Bhuiyan. Un giovane artista che, nel doppio ruolo di protagonista e regista, non va mai oltre il limite di una recitazione stralunata sì, ma efficace e credibile. Evitando accuratamente di trasformare il suo personaggio nella tipica macchietta della commedia italiana.

Però, adesso, per Phaim Bhuiyan arriva la parte più difficile. Perché se con “Bangla” ha saputo inventare un debutto del tutto apprezzabile, pensando al suo prossimo film dovrà non deludere tutti quelli che hanno creduto da subito in lui.  Perché i numeri per diventare il nuovo Massimo Troisi del cinema italiano sembra averli. Saprà meritarsi questa luminosa, ingombrante eredità?

<Alessandro Mezzena Lona

 

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