• 20/07/2019

Ninka on the Mūn, dove la Luna è un corpo fatto di simboli

Ninka on the Mūn, dove la Luna è un corpo fatto di simboli

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Macchine ammirevoli, computer ancora in cerca di perfezione, tecnologie capaci di sfidare i più arditi romanzi di fantascienza. Ma a guardare la Luna oggi, dalla balconata del terzo millennio, cos’è rimasto delle imprese dei progetti Apollo? Delle passeggiate sul Mare  della Tranquillità, della prova muscolare della Nasa e degli Stati Uniti tutti? Antiche storie, simboli, miti e riti. Un rapporto ancestrale, arcano, con il pallido pianeta che regola il flusso delle maree e il ciclo della vita femminile sulla Terra. Una storia che comincia molti, molti secoli prima della partenza di un razzo lanciato verso la spazio. E che ancora oggi ci suggerisce di andare al di là delle apparenze. Di provare a immaginare, interiorizzare, interpretare il legame forte e impalpabile che ci lega a quella palla di polvere e rocce illuminata, in maniera gentile, dalla forza dirompente del Sole.

È la Luna che accompagna la performance di Ninka, il duo femminile formato da Nika Furlani e Nina Alexopoulou. Questo è “Mūn”, concept di Massimiliano Schiozzi e Cristina Sain, protagonista di un viaggio onirico e fisico, emozionale e pieno di richiami al mito, intriso di simboli eppure capace di giocare con la bellezza di un corpo di donna. Racconto delicatissimo, ma venato di una sua vulcanica forza visiva, che Nina Alexopoulou e Nika Furlani portano in scena sabato 20 luglio alle 22.17, al Cavò di via San Rocco a Trieste. E poi in replica sabato 27 luglio, alle 20.30 e alle 22. Evento ideato e prodotto da Cizerouno per il Festival Varcare la frontiera, con la consulenza artistica di Massimo Premuda, per celebrare in maniera creativa i 50 anni dell’arrivo del primo uomo sulla Luna.

C’è una donna a riempire lo spazio scenico della performance. Una presenza femminile, nel perimetro bianco rischiarato da un’azzurra luce soffusa, che incarna il mito della Dea Madre. Ma che simboleggia anche l’atto stesso della creazione, della vita, che prende forma in otto palle impastate con il riso e una sfera invisibile fatta d’acqua. Nina Alexopoulou si muove con la sinuosa perfezione di una danzatrice sacra. Compie gesti di una ripetitività esatta e rituale. Poi porta il suo corpo a incontrare le immagini che Nika Furlani crea all’episcopio. Fino a quando le curve femminili finiscono per aderire perfettamente alle linee convesse della Luna. In un reciproco scambio di luce, nutrimento, sangue, ispirazione, misteriose vibrazioni.

Nika Furlani, triestina di famiglia slovena, laureata in Scienza della formazione primaria a Capodistria, ha frequentato la Scuola di fotografia a Sežana (“purtroppo l’esperienza è durata solo due anni, sarei rimasta ancora lì a lungo”), ha iniziato a esporre i suoi lavori in alcune mostre, concentrandosi soprattutto sul rapporto tra uomo e Natura. Poi, insieme a Lodovica Fusco, ha deciso di aprire a Trieste, in piazza Barbacan, lo spazio Combiné. Dove l’arte si sintonizza con la creatività della moda.

Nina Alexopoulou, nata ad Atene, ha studiato teatro, danza e improvvisazione. Dalla Grecia, quando aveva 21 anni si è trasferita a Londra, dove ha continuato a lavorare sulla recitazione, la live art: “Lì ho scoperto soprattutto che mi piaceva l’aspetto giocoso della performance. E io volevo giocare con il mio corpo”. Dopo aver collaborato con diversi artisti, nel 2013 si è trasferita a Trieste, dove ha conosciuto subito Massimo Premuda, presidente della Casa dell’Arte, curatore della Double Room, una delle anime del progetto Varcare la frontiera. “Dopo tre mesi avevo già realizzato la mia prima performance. Poi, tre anni fa, ho conosciuto Nika Furlani e ho trovato in lei una compagna di strada e di progetti artistici fantastica. Abbiamo cominciato con ‘Bi_Onte’, che chiudeva la mostra ‘Biodification Il corpo come oggetto culturale’. Poi è arrivata ‘Sirene fluide’, un lavoro per il Tact Festival e ancora ‘Energia primigenia’. E adesso ci siamo concentrate sulla Luna”.

E per immaginare una performance che raccontasse non solo la conquista del pallido satellite, ma tutto il mondo di simboli, di credenze arcane, di miti, che hanno accompagnato la storia del rapporto tra gli uomini e la graziosa, diletta Luna cantata da Giacomo Leopardi, le Ninka hanno cercato di sintonizzarsi con alcuni temi che fanno parte della loro ricerca.

“Siamo partite dal mito della Grande Madre – raccontano Nika Furlani e Nina Alexopoulou -, dal ciclo della vita, dal rapporto tra la donna e la Natura. Da sempre ci piace esplorare l’identità femminile, e i simboli che la rappresentano, che la raccontano. Quindi, quando è arrivata la proposta dal Cavò e da Varcare la frontiera di costruire una performance sulla Luna, abbiamo pensato di lavorare ancora sul corpo, sulle immagini create dall’episcopio, sull’utilizzo di materie naturali. Siamo partite dal finale, da questa immagine forte della donna, della sua corporalità, del suo ciclo vitale che coincide con i cicli lunari. E, poi, siamo ritornate all’inizio”.

La Dea Madre, i gesti simbolici della performance, svelano un vostro interesse per l’esoterismo?

Nina Alexopoulou: “Soprattutto, una voglia di confrontarci e di giocare con i simboli. Per esempio, il gesto che faccio di indicare quello che sta sopra e quello che sta sotto, simboleggia l’unione tra Luna e Terra, tra corpo e spirito, ma anche tra immanente e trascendente”.
Nika Furlani: “È sicuramente anche un rimando al mondo ellenico. Al mito e ai simboli di una cultura che non ci abbandona, anche se ci siamo allontanati molto da lei. Sto pensando, per esempio, alla parte finale, quando Nina diventa quasi una statua di carne. Un busto vivente. Questa idea visiva c’era anche in ‘Bi_Onte’, dove lei appariva come il relitto di una statua, con le braccia spezzate, che avevamo dipinto di nero per simboleggiare l’assenza di una parte di esse”.

“Mūn”, per voi, è anche l’evoluzione dell’essere donna?

Nina Alexopoulou: “Ci affascina molto raccontare com’è cambiato non solo l’essere donna, ma anche la percezione del femminile, nel corso dei secoli. Per questo, siamo andate a ritroso nel passato. Per capire quanto forti fossero certi simboli legati al mondo femminile, e quanto ci siamo allontanati da loro. Quanta fatica, oggi, facciamo a interpretarli, a capirli. Insomma, abbiamo costruito una sorta di viaggio tra il mito e la modernità”.

L’inizio della performance: un viaggio all’origine della vita, del nostro sistema solare?

Nika Furlani: “Siamo partite da una suggestione zen”.
Nina Alexopoulou: “Mi affascinava molto un’antica storia giapponese. Racconta che la Luna sia abitata da un grande coniglio. Nella festa che dedicano a questa figura mitica si preparano delle palline di riso. Così, ho scelto di creare queste sfere di riso, che è come un’offerta, all’inizio della performance, perché rappresentano sì il concetto del nutrirsi. Quindi simboleggiano il seme della terra, la vita stessa. Ma ci ricordano anche che il riso nasce nell’acqua, viene preparato con l’acqua. Quindi è fortemente legato a uno degli elementi che nutrono il corpo, ma simboleggiano anche il dissetarsi della mente, dello spirito. Un nutrimento pallido, quasi trasparente. Che ci fa pensare al colore e alla consistenza della Luna”.

Quindi la Luna vista anche come fonte di nutrimento?

Nika Furlani: “Spesso dimentichiamo quanto la Luna influisca sulla vita sulla Terra. Con il flusso delle maree, con il ciclo stesso delle donne. Quindi, il nostro nutrimento arriva anche da lì. Nina in scena creo otto palline di riso. Ma una è invisibile, perché fatta d’acqua”.
Nina Alexopoulou: “Anche il finale è pieno di simboli. Nell’unione tra la donna e la Luna, a un certo punto scende una mano dall’alto a unirsi al suo corpo proprio nel momento del ciclo. Come se fosse la stessa fonte, diciamo, divina, che ha creato per la donna il flusso di sangue simbolo del peccato originale, a riconoscere poi con un gesto concreto il legame forte tra il mondo femminile e quello lunare”.

La performance è creato totalmente dal vivo?

Nina Alexopoulou: “Certo, e ci teniamo a sottolinearlo. Perché qualcuno pensa che nella parte finale utilizziamo dei video. Ma non avrebbe senso farla con immagini registrate”.
Nika Furlani: “Sono io che creo all’episcopio le immagini della Luna, della mani che modellano la materia e che si sovrappongono alla figura di Nina”.

Nei movimenti ci sono richiami alle danze sacre?

Nina Alexopoulou: “Certo. La danza contemporanea ha ripreso molti movimenti delle danze sacre. Ispirandosi, ad esempio, alle Feste Dionisie dell’antica Grecia. Io ho cercato di ispirarmi a delle movenze che potessero richiamare proprio la forma della Luna. Riproducendola su di me anche con il mettere in evidenza le curvature del corpo femminile”.

<Alessandro Mezzena Lona

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