• 12/09/2020

Marcela Serrano, un “Mantello” per non arrendersi alla morte

Marcela Serrano, un “Mantello” per non arrendersi alla morte

Marcela Serrano, un “Mantello” per non arrendersi alla morte 1024 420 alemezlo
La Morte non porta con sé le persone che abbiamo amato. Si impossessa del loro corpo. Interrompe il respiro, spegne lo sguardo, paralizza le gambe, le mani in una innaturale immobilità. Tutto il resto rimane con noi. E sono le cose più importanti. L’essenza stesse di chi crediamo di avere perso. I gesti, le passioni, i vezzi, i tic, le fissazioni, i passatempi e i grandi sogni, che Marcela Serrano, la grande scrittrice cilena che ha conquistato milioni di lettori con i suoi romanzi, “L’albergo delle donne tristi” sopra tutti, ha voluto chiudere in un libro straziante e straordinario. Perché sua sorella Margarita, morta di cancro due anni fa, rimanesse sempre accanto a lei.

Ed era proprio quella la pagina più difficile da scrivere, tra le tante che formano “Il mantello”, tradotto da Michela Finassi Parolo per Feltrinelli (pagg. 168, euro 15). Perché Marcela Serrano, mentre dava voce al suo dolore scrivendo il libro più difficile della sua carriera, ha compiuto un atto di grande umanità. Si è calata nel ruolo della medium, per dare al lettore la facoltà di vedere, proiettata sullo schermo della pagina, l’immagine di Margarita per sempre viva. Libera della Morte in quel suo ripercorrere i momenti gioiosi della vita. Gli attimi che, diceva Epicuro nella sua infinita saggezza, sono eterni, se li continuiamo a guardare con la stessa partecipazione. Perché “quando ci siamo noi la Morte non c’è, e quando c’è la Morte non ci siamo noi”.

E allora, Marcela Serrano fa questo grande gesto di umanità, e di raffinata sensibilità letteraria, nell’evocare “cose che piacevano a Margarita”. Accompagnando per mano i suoi lettori a seguire questa sua affascinante sorella nello passione per lo scrivere, per i tacchi alti. E poi “sospirare, la manicure, i colpi di sole, controllare i figli, ignorare i conflitti, sedurre, fare il bastian contrario, i tessuti di voile, viaggiare, perdere tempo, i cavalli, i paesaggi bucolici, fare la marmellata, conversare accanitamente, ridere”.

Marcela Serrano avrebbe dovuto raccontare questo suo libro nuovo a Pordenonelegge 2020. Non ci sarà, perché la zona di campagna dove si trova, lontana da Santiago, in questi mesi segnati dalla paura del dilagare del Covid-19, non è servita in maniera sufficiente per assicurare un collegamento on line che possa reggere abbastanza a lungo. Però, anche se il suo volto, la sua voce non arriveranno al pubblico del Festival, ci sono le pagine de “Il mantello” lì pronte a condurre i lettori ad attraversare i territori del dolore e del ricordo.

Sarebbe stato facile, per Marcela Serrano, vivere in silenzio il rimpianto per la perdita della sorella. Ma uno scrittore sa che è nelle parole, nel raccontare, nel saper dire ad alta voce sulla pagina, che finirà per trovare il vero senso della realtà che sta attraversando con passo incerto. Infatti, non a caso, uno dei passaggi più belli del “Mantello” è dedicata al ricordo di Elias Canetti. Lo scrittore de “Le voci di Marrakech”, “La lingua salvata”, “Massa e potere”, che nel 1981 ha vinto il Premio Nobel per la letteratura. “Aveva un gran desiderio di scrivere un libro contro la morte – racconta Marcela Serrano -. Non riuscì a dargli una struttura, ma passò la vita a prendere appunti su fogli e foglietti, centinaia, migliaia di fogli e foglietti. Sicuro che così facendo avrebbe superato in qualche modo la sua grande avversione”.

Quel testo è uscito postumo soltanto nel 2017, 23 anni esatti dopo la scomparsa di Elias Canetti. Si intitola “Il libro contro la morte”, è pubblicato da Adelphi. “Oggi è il mio libro da comodino”, confessa Marcela Serrano. Che ha deciso di affrontare la perdita, di guardare in faccia l’assenza di Margarita, dedicando al lutto cento giorni della propria vita. E in questa lunga traversata delle acque dell’Acheronte, dello Stige, e degli altri fiumi dell’Inferno dantesco, che si rifanno alla mitologia pagana dell’antica Grecia, la scrittrice ha trovato il coraggio di trasformare la sua casa di campagna in un crocevia di memorie dolcissime e di pensieri strazianti. Andando a recuperare le storie delle cinque sorelle Serrano, del loro grande amore per la musica di Bach, di Brahms, di Schubert. Ma anche l’adorazione tutta infantile per l’attore Charlton Heston. A cui, un giorno, inviarono una lettera con tanto di fotografie realizzate apposta per lui da uno studio fotografico. E ricevettero in cambio una sua immagine con dedica, ognuna chiusa in una busta sulla quale era stato scritto il loro nome.

In questa traversata dell’oscura pianura del dolore, Marcela Serrano ha ritrovato a farle compagnia grandi scrittori e intellettuali che non si sono sottratti a un confronta a viso aperto con la Morte. E se William Faulkner le ricorda che “il passato non muore mai. E che non è nemmeno passato”, da Tennessee Williams arriva l’eco di parole che l’autrice di Santiago sente di poter fare sue: “Viviamo in un edificio perennemente in fiamme, e l’unica cosa che dobbiamo salvare dal fuoco, sempre, è l’amore”. E poi, si alterna l’eco dei pensieri, delle esperienze di Virginia Woolf, Philip Roth, Sigmund Freud, Iosif Brodskij, Philippe Claudel.

Amore che le fa ritornare un pensiero doloroso, ma umanissimo. Margarita, verso la fine degli anni ’90, quando il cancro si era già manifestato una prima volta in lei, dopo aver letto “L’albergo delle donne tristi”, aveva apostrofata  Marcela senza nessun preavviso, “un giorno che stavamo chiacchierando a casa di mia madre”. E la domanda era di quelle a cui non si può rispondere: “Perché mi hai ammazzata?”. In quel libro, infatti, una delle sorelle di Floreana, la protagonista, muore per un tumore inguaribile. Ma come si fa a dire che la letteratura, molto spesso, legge la realtà anche dove il nostro sguardo finisce fuori fuoco? Che i romanzi servono spesso a prepararsi a ciò che potrebbe accadere. Anche se, il fatto stesso di raccontare storie che non vorremmo mai vivere, si spera possa servire come potente esorcismo.

Ed è ancora un’arcana coincidenza a decidere le sorti di questo libro. Perché quando Marcela Serrano lo stava ormai portando a termine, un giorno la sua cavalla La Rucia, chiamata così, La Bionda, proprio in onore di Margarita, spaventata da un improvviso rumore s’imbizzarrì. “Caddi da cavallo – racconta la scrittrice – con le mani in avanti (forse per proteggermi il volto?) Mi si spezzarono entrambi”. Forse “Margarita non voleva che la lasciassi andare. Avevamo condiviso un anno di morte e di scrittura. Aveva bisogno che mi spingessi fino in fondo alla parola; finché avessi scritto, lei sarebbe stata viva”.

Nello scegliere il titolo, Marcela Serrano ha voluto rendere omaggio a una donna straordinaria. A Clara Sandoval, madre della grande cantautrice cilena Violeta Parra, diventata un simbolo con le sue canzoni di protesta durante la dittatura di Augusto Pinochet. Alla sarta e tessitrice di origine contadina che cucì un mantello da affidare a suo figlio Nicanor, prestigioso poeta, matematico e fisico. Moltissimi anni dopo, quando lui morì a La Reina il 23 gennaio del 2018, la bara venne avvolta proprio con quella coperta. Che sua mamma aveva cucito perché non provasse freddo laggiù, dove regna la Morte.

<Alessandro Mezzena Lona

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