• 19/08/2022

Monica Sabolo, un “Eden” dal cuore di tenebra

Monica Sabolo, un “Eden” dal cuore di tenebra

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Monica Sabolo è nata a Milano, ma quando la intervistano dice subito che non sarebbe in grado di scrivere un romanzo in italiano. Per il fatto che è cresciuta in Svizzera, ha abitato il mondo e Parigi più della sua terra d’origine. Così, arrivata al suo settimo romanzo, si è vista definire dal quotidiano “Le Monde” una scrittrice che “occupa un posto molto speciale nella letteratura francese”. Se non ci fosse la stima dei critici, e l’affetto dei lettori, a dimostrarlo, basterebbe ricordare che ha già vinto con “Tutta questa storia non ha niente a che vedere con me” il Prix de Flor nel 2015, il Grand Prix Societé des gens des lettres nel 2017 con “Le stelle si guardano da lontano”. E che, con il suo terzultimo libro “Summer”, è stata finalista al Goncourt des lycéens e al Prix du roman des étudiants France Culture-Télérama.

Monica Sabolo ha cominciato a scrivere prestissimo. Racconta di avere ultimato il suo primo canovaccio letterario quando aveva sei anni. Poi, però, ha aspettato di compierne 29 per pubblicare il suo romanzo di debutto: “Le roman de Lili”. Nel frattempo, si è fatta conoscere come giornalista. Prima assecondando la sua anima ecologista, che l’ha portata ad affiancare il Wwf nella Guyana e in Canada e a collaborare con il magazine francese “Mer et Océans”. Poi lavorando nelle redazioni parigine di “Elle” e “Grazia”. Mestiere che ha abbandonato nel 2014 per dedicarsi prima alla scrittura di sceneggiature, e poi definitivamente alla letteratura.

“Eden” (La nave di Teseo, pagg. 252, euro 20, nella versione di Fabrizio Ascari) è un romanzo che dialoga in maniera stretta con “Summer”, tradotto da Sergio Claudio Perroni nel 2017. In quest’ultimo era il Lago Lemano a essere il fondale perfetto scelto da Monica Sabolo per ambientare la sua storia. Uno scenario idilliaco, solo in apparenza, pronto ad accogliere l’adrenalinica gioia legata ai mesi dell’estate, che si trasforma in un luogo intriso di ombre minacciose e di sospetti legati alla sparizione della bionda diciannovenne Summer Wassner. Anche “Eden” ruota attorno alla sparizione improvvisa di un’adolescente ancora più giovane: la quindicenne Lucy. Ma, questa volta, a circondare la trama del libro è l’intrico imperscrutabile di alberi della foresta pluviale della Columbia Britannica. Uno dei luoghi più spettacolari e misteriosi del mondo.

Ma se in “Summer” era la voce di Benjamin, il fratello della ragazza scomparsa, a ritornare con il ricordo ossessivo a quei momenti gioiosi e poi terribili, “Eden” segue il racconto in prima persona di Nita, una quindicenne cha vive con la madre in una riserva stretta tra un’autostrada e l’intrico della foresta, minacciata dal progresso e da una società che pensa soltanto a portare avanti il suo massiccio sfruttamento del patrimonio arboreo. Anche il padre, della ragazzina un giorno, si è incamminato su un sentiero che attraversa l’immenso territorio verde e non è più ritornato. Qualcuno sussurra di averlo visto giù in città con un’altra donna. Ma, forse, è più bello immaginare che siano stati gli spiriti degli alberi a portarlo via con loro. A spingerlo sempre di più verso il cuore inaccessibile di quel mondo arcano.

Nita attraversa la fase più delicata della sua adolescenza. Non sopporta la madre ,che prova a farsi bella per attirare un altro uomo e rifarsi una vita. Si lascia affascinare da un gruppo di ragazze più grandi che lavorano in un locale dallo scintillante nome di Hollywood. Dove, in realtà, la clientela è composta da uomini in cerca di facili avventure. Lavoratori dalle maniere rudi e un’immensa solitudine che li segue come un’ombra. Tipacci da cui stare alla larga, ma che il gruppo di cameriere formato dalla scontrosa Ehawee, dalla fragile e seducente Baby, dall’enigmatica Grace, dalla coraggiosa Diane, sembra in grado di tenere a bada. Fino a quando scompare Lucy. La ragazzina arrivata a scuola per ultima, al seguito del padre scrittore che si è da poco trasferito lì.

Della silenziosa Lucy, che i compagni di scuola sospettano essere in caccia di facili emozioni forti, si perdono le tracce all’improvviso. Fino a quando viene ritrovata nuda, sotto un albero nella foresta, coperta di lividi e ferite. Regredita a un mutismo che la astrae dalla realtà, ma che le permette di non arrendersi al baratro di violenza che ha subito. Sarà Nita, con le ragazze dell’Hollywood, a cercare di scoprire chi ha scaricato sulla compagna di scuola tanta brutalità. In un crescendo di tensione, dove la presa di coscienza di un gruppo di giovani donne si mescolerà con il richiamo di antiche credenze, di tenebrose leggende. Della voce roca e inafferrabile di una Natura così enigmatica e seducente come quella della grande foresta.

Generato da una catena di storie vere, che parlavano della sparizione di migliaia di donne in quella zona del Canada, senza che nessuno venisse a capo del mistero, “Eden” è un romanzo che esplora i turbamenti dell’adolescenza senza mai concedersi ammiccamenti o facili scorciatoie. Monica Sabolo regala alla protagonista Nita una voce ruvida e delicata al tempo stesso, forte e incerta, ribelle e in cerca di tenerezza. Andando a ritroso nei suoi ricordi di ragazzina, come ha spiegato in diverse interviste: “Quando mi metto nella pelle di un adolescente sento di avere la voce giusta. È un’età per me ancora molto vicina, naturale, anche se devo immaginare un ragazzo come in ‘Summer’. Sarebbe molto più difficile dire ‘io’ con la voce di un uomo di cinquant’anni”.

“Eden” è il luogo della colpa, che crocifigge quasi sempre le donne. Anche quando sono loro a essere vittime della violenza. Ma questo romanzo di Monica Sabolo fa riandare la memoria anche a un capolavoro come “Il signore delle mosche”, del Premio Nobel 1983 William Golding. Per la capacità di esplorare il rapporto elettrizzante, pericoloso e difficile tra gli adolescenti e il Male. Ma nella sua modernissima esplorazione di una ricerca tutta femminile della libertà, disancorata finalmente dai pregiudizi di un patriarcato soffocante e secolare, sa creare con grande equilibrio una suspense metafisica che ricorda “Picnic a Hanging Rock”, lo splendido libro della dimenticata Joan Lindsay. Trasformato in film, nel 1975, dal regista Peter Weir. Dove il trascendente e l’immanente trovano un punto d’incontro sfuggente, impalpabile, eppure realissimo.

Perché “c’è stato un tempo – scrive Monica Sabolo – in cui, qui, tutto era al proprio posto. Le forze vivevano tra noi. Si respingevano e si attiravano, l’universo era soltanto movimento”. Poi l’uomo ha voluto imporre la sua legge, illudendosi che quello fosse progresso. Da quel momento, l’Eden  è diventato un luogo senza più equilibrio.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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