• 24/01/2018

Ildikó Enyedi, l’amore non è mai un sogno

Ildikó Enyedi, l’amore non è mai un sogno

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Raccontare l’amore è davvero un gran problema. Perché c’è sempre in agguato il rischio di trasformare la storia, anche la più bella, in una favoletta. In un concentrato di romanticismo, sfrenato ottimismo, uso smodato di luoghi comuni. Ma come ha fatto, allora, la regista ungherese Ildikó Enyedi a conquistare l’Orso d’oro al Festival di Berlino del 2017 costruendo il suo film “Corpo e anima” proprio su una trama di questo tipo?

Semplice: dopo trent’anni, o poco meno, di cinema, la regista di Budapest, che scrive anche le sceneggiature dei suoi lavori, ha deciso di togliere dal suo “Corpo e anima” gli elementi basilari di una classica storia d’amore. Prima di tutto scegliendo di ambientare la storia in un mattatoio. In un luogo di morte, dove ogni giorno vengono scannate decine di mucche, che finiranno poi nei piatti di tante famiglie sottro forma di bistecche. Tolti di mezzo gli scenari dorati, Ildikó Enyedi ha scelto come co-protagonisti due persone normali, eppure al tempo stesso complicatissime: lui condizionato, soprattutto nei rapporti con gli altri, dal fatto di avere un braccio paralizzato; lei bloccata, ibernata, fossilizzata, irrimediabilmente trattenuta dalla propria bellezza. Al punto da rifugiarsi in una maniacale precisione nello svolgimento del proprio lavoro. In una robotica, impenetrabile gestione della propria vita privata.

Se non bastasse ancora, a liberare in maniera definitiva dai suoi luoghi comuni la commedia d’amore, la regista ha voluto introdurre il concetto che troppo spesso i sogni creano soltanto turbativa se portati di peso dentro il mondo reale.

C’è un abisso di timidezza a dividere Mària, la nuova responsabile del controllo qualità, e Endre, direttore finanziario di un mattatoio. Lui parte subito con il piede sbagliato, chiamandola con il confidenziale diminutivo Marika, pur sapendo che lei lo odia, e insistendo per sedersi al suo stesso tavolo nella mensa. Mària prova a superare la propria inguaribile timidezza e diffidenza nei confronti del mondo raccontando tutto al proprio pediatra, che si sforza di starle accanto anche come improvvisato psicoanalista (l’attore Tamás Jordán). In realtà, qualcosa di misterioso e bello in comune i due introversi inguaribili ce l’hanno. Un sogno difficile da interpretare. Ricorrente, mutevole. Dove un cervo e una cerva si incontrano nello scenario fatato di un bosco immerso nella neve.

A scoprire l’inaspettata sintonia notturna tra la responsabile del controllo qualità e il direttore finanziario sarà la psicologa Klara (l’attrice Réka Tenki, perfetta nella fascinosa parte di una tutt’altra che stupida “oca”). Chiamata dall’azienda e della polizia ad ascoltare i dipendenti del mattatoio, nell’ambito di una complicata inchiesta interna, finisce per convincersi che Mària e Endre le stiano giocando uno stupido scherzo. Perché entrambi raccontano di sognare la notte lo strano viaggio in forma di cervi all’interno dio un bosco mai visto. Convocandoli entrambi per sbugiardarli, in realtà crea tra loro una corrente di simpatia. Un legame fragilissimo, che potrebbe trasformarsi in rapporto d’amore.

Il problema è che Endre non capisce Mària. Troppo concentrato su se stesso, sui propri problemi di lavoro, sulla difficile gestione della sua vita ormai arida sentimentale, il direttore finanziario decide di accelerare la marcia di avvicinamento alla giovane e affascinante collega. La invita a pranzo fuori dal mattatoio, le propone di passare la notte insieme “solo per addormentarsi” nello stesso momento. E magari condividere lo stesso sogno stando vicini. Ma finisce soltanto per rinchiudere Mària ancor di più nel suo angolo già così stretto. La spinge verso un desiderio fortissimo di isolarsi definitivamente. Spezza il fragile equilibrio costruito da lei in tanti anni di solitudine, fatto di ripetitivi, ossessivi, ma tranquillizzanti rituali.

Il sogno in comune diventa, così, un incubo. Regala insonnia, allontana i due protagonisti della medesima, onirica storia. Perché per riuscire a stabilire un dialogo tra il corpo e l’anima che Ildikó Enyedi ha messo, come una limpida dichiarazione di poetica, nel titolo del suo coraggioso, intelligente, scarnificato film, bisogna saper fare i conti con la realtà. Mettere da parte certa inutile retorica, tenere a bada la tentazione di ricorrere a una comoda deriva poetica, per affrontare insieme i silenzi, le paure, le incomprensioni. Perché la parte fisica di ogni essere umano non può rinunciare a una sintonia fortissima, totale, con quella mentale.

Se “Corpo e anima” affascina per la sua gelida, geometrica precisione e per la sua umana, straziante forza, è anche grazie alla prova d’attore di Alexandra Borbély e Géza Morcsány. Capaci di trasformare con la loro recitazione algida, mai fuori controllo, eppure intensissima, la commedia d’amore di Ildikó Enyedi in un viaggio accidentato e non certo consolatorio nel territorio dei rapporti di coppia. Dove i primissimi piani dei corpi e dei volti, lo sguardo insistito sugli oggetti, aiutano a portare a galla, a mettere a fuoco sentimenti profondi. Dove la sofferenza, il terrore provato dagli animali, per quel viaggio verso la morte che li aspetta dentro il mattatoio, fanno da controcanto alla sognante purezza dei sogni notturni. Ingigantiscono lo smarrimento di Mària davanti all’oscura, tragica carnalità della vita. Proprio perché la costringono a confrontarsi con il desiderio d’amore, che si trasforma presto in angoscia per il non mai esplorato richiamo della passione..

In uno sforzo immane che Mària dovrà fare per valicare la barriera che la separa dagli altri umani. Da una possibile felicità.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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