• 05/05/2019

Francesco Longo, l’estate in cui l’amore non trovò le parole

Francesco Longo, l’estate in cui l’amore non trovò le parole

Francesco Longo, l’estate in cui l’amore non trovò le parole 1024 682 alemezlo
C’è un tempo, della propria adolescenza, che è difficile raccontare. Quasi impossibile. Perché è fatto di momenti di gioia irraggiungibile e malinconie abissali. Rimpianti per qualcosa che svanisce prima ancora di essere vissuto, nostalgie per storie d’amore e d’amicizia che si fa appena in tempo a immaginare. E poi, se ti volti a guardarle, non ci sono già più. E chi si avventura su quel terreno, chi prova a dare forza ai ricordi, ai racconti tenuti chiusi in un angolo della memoria, finisce per ritrovarsi tra le mani solo un pugno di note dissonanti. Una melodia che cede facilmente alla retorica, allo spleen legato a ciò che è passato. E non ritornerà più.

Ci hanno provato in tanti, a trasformare quel tempo dell’adolescenza in pagine letterarie. Da Pier Antonio Quarantotti Gambini de “La calda vita”, a Stephen King di “Stand by me”, passando per Giorgio Bassani de “Il giardino dei Finzi Contini”. Adesso tocca a una scrittore che debutta come narratore, anche se ha alle spalle il romanzo a più mani scritto con Christian Raimo, Francesco Pacifico e Nicola Lagioia “2005 dopo Cristo”. Lui è Francesco Longo, quarantunenne romano, che si è cimentato anche con il reportage “Il mare di pietra” prima di arrivare, appunto, al suo primo romanzo: “Molto mossi gli altro mari”, pubblicato da Bollati Boringhieri, pagg. 177, euro 16).

Non ha cercato scorciatoie, Francesco Longo, nel costruire il suo romanzo. E non si è nemmeno aggrappato ad avvenimenti storici, politici, sociali, che potessero irrobustire questo suo racconto di formazione. No, ha preferito tirare dritto per la sua strada, credendo fino in fondo a una storia fatta di ragazzi a metà strada tra la riva lontana della fanciullezza, e quella non troppo vicina dell’età adulta. A un intreccio di sogni e primi contatti con la realtà, grandi aspettative e piccole disillusioni (apparentemente) senza importanza. Il tutto proiettato sul fondale della Baia di Santa Virginia,. una spiaggia dominata dal profilo cupo e selvaggio di un promontorio non molto distante da Roma.

È lì che ogni anno si raduna una compagnia di ragazzi e ragazze dalle storie familiari e personali molto diverse. A fare da centro di gravità in questo intrecciarsi di giovani destini in evoluzione è Michele, l’unico di loro che è nato a vive, anche d’inverno, a Santa Virginia. L’unico che della Baia conosce non soltanto le giornate magiche dell’estate, del tempo di vacanza. Ma anche i lunghi mesi invernali passati a scrutare il buio fuori casa, a percorrere in bicicletta strade rese spettrali dall’assenza di persone, ad aspettare che gli altri amici ritornino. Anche se, anno dopo anni, qualcuno finirà per mancare all’appello. Portato lontano dalle sirene di nuove conoscenze, emozioni più forti, amori transitori.

La storia di “Molto mossi gli altri mari” si mette in movimento in un momento particolare. Quando la radio, e tutti i mezzi d’informazione, sono in allerta nell’annunciare l’arrivo di una tempesta anomala che si scatenerà nella Baia. Qualcosa che assomiglia più agli uragani di altre zone del pianeta che a una normale tempesta du pioggia e vento vista dalle parti della spiaggia, ogni anno a fine estate. E tutti i ragazzi che hanno trascorso a Santa Virginia gran parte delle loro vacanze decidono di ritrovarsi lì per sfidare le onde gigantesche stando in equilibrio sui loro surf.

Ma la tempesta, che di tanto in tanto monopolizza l’attenzione del lettore con i puntuali aggiornamenti sul suo avvicinarsi, è soltanto un pretesto per andare a ritroso nel tempo. Per raccontare gli equilibri delicati che tenevano assieme la compagnia di amici. Dove l’eccentrico Guido esercitava, senza sottrarsi, il ruolo di leader. Dove Silvia era di gran lunga la ragazza più bella e corteggiata da chiunque venisse in contatto con lei. E tra Margherita, il Cicogna e gli altri, un giorno era arrivata anche Micol. L’inafferrabile, elegante presenza dai capelli ricci di cui Michele si era innamorato subito. Senza mai riuscire a dirglielo. Sicuro che, prima o poi, anche lei lo avrebbe capito. Perché negli anni dell’adolescenza, spesso, i silenzi consumati a guardarsi, i baci non dati, le carezze soltanto accennate, creano una sintonia, un’intimità inimmaginabile nell’età adulta.

A niente servirà, per Michele, la decisione di interrompere i lunghi inverni lontano da Micol. Quei mesi trascorsi a pensarla giorno e notte, anche durante i frequenti periodi di malessere, da trascorrere a letto con la febbre. Oppure passati ad aggiustare biciclette con suo padre, a raccontare sempre nuove piccolo imprese fatte spingendo sui pedali, a domare ostiche salite. Perché quando lui andrà a trovarla a Roma, quando si troverà da solo con lei nella sua camera, finirà per sbagliare qualcosa. Un gesto appena. E la sintonia, la magia tra loro, svanirà.

Quando la tempesta sta per abbattersi su Santa Virginia, Michele verrà a sapere che forse Micol non verrà. Perché sta per sposarsi. Eppure, non smetterà di aspettarla, rivivendo con il furore della nostalgia e la dolcezza del ricordo ogni passaggio della loro storia. Fino a fare del passato e del presente un unico, emozionante momento in cui le illusioni proveranno a modificare il rigido e inflessibile copione della realtà.

Scritto come se “Un mercoledì da leoni”, il film girato da John Milius nel 1978, fosse stato pensato, in origine, per trovare il suo set perfetto nella Baia di Santa Virginia, “Molto mossi gli altri mari” è un romanzo in cui allegria e nostalgia sanno viaggiare sempre in perfetto equilibrio. Perché Francesco Longo costruisce il suo romanzo allineando i dettagli della storia con una precisione ammirevole. Evitando la sovrabbondanza di aggettivi, fermandosi al punto giusto quando descrive i passaggi più malinconici. Fissando lo sguardo sui dettagli, sugli oggetti che riempiono la scena, sulle parole essenziali dei dialoghi, sui frammenti di luoghi che fanno da palcoscenico alla storia.

Costruendo il suo romanzo con una lingua esatta e raffinata , Francesco Longo spalanca davanti agli occhi di chi legge lo spazio infinito di un tempo che sembra eterno: quello delle estati dell’adolescenza. E che invece, a guardarlo da vicino, è destinato a durare solo lo spazio di un amore. Di un sentimento che rimarrà prigioniero tra il cuore e il cervello.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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