• 08/04/2021

Lisa Ginzburg, “Cara pace” e le sfumature dell’amore

Lisa Ginzburg, “Cara pace” e le sfumature dell’amore

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La storia non è tutto. La trama di un romanzo, a volte, può rivelarsi soltanto un pretesto. Per mettere a fuoco con maggiore attenzione i personaggi. Per rivoltare, al dritto e al rovescio, le diverse personalità, gli sguardi che riservano alla vita, le piccole maniacali ripetizioni dei gesti, le variazioni linguistiche che spettano soltanto a loro. Certi scrittori, insomma, sanno dare respiro ai loro libri senza farsi dominare dall’ansia di riempirli con sempre nuove sottotrame, sempre più coinvolgenti snodi che cambieranno l’esistenza di chi vive tra le pagine. Lavorano di cesello. Fino a raggiungere esattamente l’affresco narrativo che volevano, senza trascurare nemmeno un dettaglio

Il nuovo romanzo di Lisa Ginzburg è così. Per raccontare la storia di “Cara pace”, pubblicato da Ponte alle Grazie (pagg. 250, euro 16), che è stato selezionato tra i dodici opere da cui poi verranno scelti i cinque finalisti al Premio Strega 2021, si potrebbe fare molto in fretta. Ma non è soltanto nella trama che sta il fascino del libro della scrittrice nata a Firenze, che vive e lavora a Parigi, si è laureata in Filosofia alla Sapienza di Roma, proseguendo gli studi alla Normale di Pisa, e ha debuttato nel 2002 con il romanzo “Desiderava la bufera”. Perché lei va molto più in là: stando con i piedi ben piantati nel presente non dimentica la grande lezione del romanzo ottocentesco e novecentesco, non soltanto italiano.

Sembra quasi scontato partire da una citazione fin troppo ricordata, quando si parla dei temi che affronta Lisa Ginzburg. Ed è quella tratta da “Anna Karenina” di Lev Tolstoj che dice: “Tutte le famiglie felici si assomigliano tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”. PEppure, “Cara pace” racconta proprio l’inevitabile dilatarsi del baratro di incomprensioni, insofferenze, diversità, tra due giovani amanti prima, marito e moglie poi: Seba e Gloria. Lui irrequieto figlio di una famiglia ricca, lanciato alla ricerca di un modo tutto suo per trovare la propria strada nel lavoro, nel mondo; lei sradicata dalla sua Argentina quand’era bambina, bellissima e insicura tanto da non riuscire a trovare nel rapporto di coppia un centro di gravità.

Ma non è soltanto nel prevedibile correre verso il precipizio della separazione di Seba e Gloria, nell’allontanarsi così tanto da non voler più condividere nemmeno la memoria dei momenti felici, che “Cara pace” costruisce il proprio percorso. No, perché al centro della storia, in realtà, ci sono le due vere vittime di quel matrimonio finito in frantumi. Due sorelle divise da pochissimi mesi di differenza e da caratteri che le portano ad affrontare la realtà in maniera diametralmente opposta,. Eppure unite da un’inscindibile sintonia. Tanto da apparire come due metà di un intero.

Maddi, la più grande, è riflessiva, solitaria, sobria e poco appariscente. Nina, di poco più piccola, sa di poter stregare chi la guarda con la propria bellezza, con il color verde dei suoi occhi magnetici. Per questo, si rivela capricciosa, instabile, egocentrica. Eppure incapace di vivere senza la sorella maggiore. Soprattutto quando il giudice decide che sarà Seba a occuparsi delle bambine. E lui, con il pretesto del lavoro a Milano, le lascerà per gran parte del tempo in una grande casa a Roma, con un terrazzo affacciato sui Villa Pamphili. Orfane senza esserlo, accudite e spronate da una straordinaria, giovane baby sitter di origine francese: Mylène. Una sorta di Mary Poppins assai poco hollywoodiana, ma del tutto sicura che la salvezza delle ragazzine a lei affidate passi infallibilmente per la ricerca di un proprio equilibrio tutto da costruire. Anche grazie alla pratica dello sport di resistenza. Della corsa su lunghe distanze. Di una disciplina mentale prima che fisica. Variabile, eppure stabile.

È lì, in quel gioco di specchi sororale, in quel guardarsi da una lontananza solo apparente, per ritrovarsi sempre, che Lisa Ginzburg costruisce il suo romanzo. È nella solitudine di un’adolescenza che ha il gusto amaro dell’abbandono, ma anche la dolce consolazione di avere accanto l’amica più grande, quella che non ti tradirà mai, che la vita di Maddi e Nina diventa una sorta di percorso iniziatico. Una via irta di difficoltà e di prove impegnative che le condurrà a trovare se stesse. E anche quando la sorella più grande andrà a vivere a Parigi, si sposerà, avrà un lavoro e dei figli, e la più piccola volerà fino a New York per incontrare, forse, l’uomo capace di abitare la sua inquietudine, non si fermerà il flusso di parole tra loro. Via WhatsApp, scavalcando i fusi orari, adattandosi ai ritmi delle giornate così diverse che si trovano a gestire.

Ma l’allontanarsi da Roma per Maddi significherà anche uscire da quel carapace che si era costruita attorno. Come la sua amata tartaruga, che le era stata regalata quand’era bambina. Per trovare quella “cara pace”, che dà il titolo al libro, così vicina, eppure così lontana. Perché, in realtà, prevede un lungo lavoro di ricerca interiore. Assai più impegnativo e sfiancante della maratona che Nina andrà a correre, con Mylène al seguito, classificandosi terza. Guardare la vita negli occhi, smettere di essere la spalla di qualcun’altro, le richiederà un coraggio straordinario. Dovrà affrontare la solitudine, le proprie fragilità quasi mai messe in mostra, pur senza sottrarsi al brusio delle voci, alle presenze che le vivono accanto. E che richiedono, da lei, una solidità, un’affidabilità sempre più pesante da sostenere. Da interpretare.

Lisa Ginzburg non scava soltanto “nelle fragilità della coppia, tra i calcinacci della famiglia”, come ha scritto Domenico Starnone. E non si limita nemmeno a scandagliare il rapporto luminoso e controverso tra due sorelle costrette a fare i conti con la vita prima di essere dotate della necessaria esperienza. Con “Cara pace”, la scrittrice italiana di Parigi costruisce un libro dove ogni sfumatura di comportamento racconta quanto complesso sia il trovare se stessi senza sottrarsi al confronto con gli altri. E si lascia trasportare dalla gioia, dal tormento di mettere a fuoco il delicato meccanismo psicologico che permette di riempire un terribile vuoto d’amore, l’assenza di una famiglia, la troppo rapida sparizione dei genitori, con la volontà di costruire un sentimento ancora più forte. Faticoso e tenero, ossessivo e necessario. Uno scudo che protegga, senza escludere.

<Alessandro Mezzena Lona

 

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